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Per il militare, la vita umana è un dono

(Le Forze Armate, la Costituzione e il caso Englaro)

Stimolato dalla mia attività di delegato Co.Ce.R. (il pseudo-sindacato dei militari) rivolta al personale delle Forze Armate e al suo benessere, ho sempre approfittato e approfitto dei miei studi universitari e post universitari, per approfondire il senso da dare alla professione di militare.
Il militare può essere un uomo di pace? Il militare può essere contro la guerra? Il militare può amare e rispettare la vita umana sempre e comunque come nel caso dei nemici?
Possono sembrare domande retoriche o al contrario domande fuori luogo. Eppure tanti sono gli approfondimenti e i riferimenti che si potrebbero fare.
Un motivo di orgoglio per noi cittadini italiani e in particolare militari è la Costituzione, che non è derivata da un semplice accordo di circostanza, ma è fondata su valori sempre attuali che mettono al primo posto la dignità della persona inserita nella convivenza e per il bene di essa. Valori che discendono dalla nostra cultura occidentale ultra bimillenaria, originata dai greci e dei latini. Cito solo alcuni esempi di come la vita militare è stata vissuta con costante rischio e con l’obiettivo di creare un danno al nemico per difendere la nazione e salvaguardare la vita del prossimo:
“Salvatore Todaro, era un Comandante sommergibilista che, durante la II guerra mondiale, dopo aver affondato le navi nemiche ne salvava l’equipaggio anche contro il volere dei tedeschi (allora alleati) rischiando la propria vita. Infatti diceva che il marinaio italiano combatte contro le navi nemiche e non contro gli uomini.
Salvo d’Acquisto era (come è noto) il brigadiere dei Carabinieri che, dopo l’8 settembre, per salvare 22 persone del paese nel quale era reggente di una stazione dei Carabinieri, donò la sua vita auto accusandosi di un attentato, che non aveva compiuto, contro i tedeschi”.
Questi sono fra gli esempi più noti, ma tanti altri se ne potrebbero fare e che riguardano i militari di tutte le Forze Armate compresi i colleghi scoparsi a Nassiria. Questi sono dei sintetici esempi di come la cultura della vita è intrinseca nel popolo italiano che la esprime nei momenti limite.
La stessa Costituzione ha come motivo di fondo la dignità della persona in quanto tale espresso in vari articoli, il più evidente in questo senso è l’art. 2 che testualmente cita:” La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
La cultura della dignità e la tutela della persona è (soprattutto per noi appartenenti alle Forze Armate) la salvaguardia, affinché la vita militare non diventi militarismo, perché si difenda la libertà degli italiani da un certo liberismo, perché nella società si promuova la giustizia difendendola dal giustizialismo, perché la nostra professione sia al servizio del prossimo e non fatta per raggiungere interessi personali. Grazie a questo alto senso di giustizia e di pace al quale il militare deve tendere, soprattutto uniformandosi ai principi della Costituzione, chi indossa la divisa ancora oggi comunque rappresenta la parte sana della società.
Se questi valori costituzionali, riferimento per i militari, li accostassimo al “caso Englaro” noteremmo come si è fatto scempio di Eluana in quanto persona. Gli alti valori assorbiti dal popolo italiano nel corso dei secoli anche con il sacrificio di tanti sono stati, in un colpo solo, sostituiti da sentenze di tribunali che hanno interpretato la vacanza legislativa in tal senso. Eluana era una persona amata dalle suore che l’accudivano, tossiva, aveva cicliche funzioni vitali, sia di veglia e sonno che quelle prettamente femminili e secondo alcune testimonianze sorrideva ed esprimeva altri gesti che dimostravano la possibilità di coscienza. Anche se non si poteva conoscere cosa in questa circostanza pensava, nell’indecisione di fatto si è preferito condannarla ad una morte con il modo più tragico che ci potesse essere cioè, negarle l’alimentazione e l’idratazione, lasciandola sola senza nessuno vicino che le volesse bene.
Eppure questa sentenza di morte si è perpetrata in un modo legittimo. Mi viene alla mente uno dei processi più assurdi che ci siano stati nella storia dell’umanità cioè quello a Gesù. Indipendentemente se si voglia riconoscere la natura divina o meno, Gesù era sicuramente un uomo di pace e non aveva fatto del male a nessuno. Come è stato possibile condannarlo e crocifiggerlo in piena legalità? Come è stato possibile nel 2009 togliere la vita ad una persona senza sapere se e cosa potesse percepire? Ad esempio, a questo punto i malati di alzaimer o simili, che non hanno più coscienza delle proprie azioni, dovremmo eliminarli facendo pulizia etnica?
Da cittadino italiano educato ad una cultura della vita rispecchiata nella Costituzione e da militare formato con i valori della pace e del rispetto della vita anche del nemico, questa cultura non la condividerò mai. Se non si ha un alto senso della dignità umana sempre e comunque, come potranno i militari donare la propria vita per la comunità? Qual è il senso che potranno dare alla loro vita militare? Quella di mercenari? Queste riflessioni vorrebbero stimolare un ragionamento anche sul senso della vita umana, soprattutto fra di noi che svolgiamo una professione che spesso impatta con i misteri dell’uomo. Viceversa purtroppo la società militare tende ad essere chiusa in se stessa nelle proprie caserme o sulle proprie navi.
Queste riflessioni, inoltre, vogliono essere una prospettiva dalla quale osservare la gravità di ciò che è successo con il noto caso Englaro che ha toccato tutti gli italiani trasformando un fatto privato in pubblico. Se non interverrà una legge giusta, si sarà stabilita una prassi che potenzialmente potrebbe essere più pericolosa della eutanasia.
Se la società e la politica non corrono urgentemente ai ripari, il bene della vita umana non sarà più un riferimento oggettivo, ma la stessa sarà in balia della relatività e della emotività della circostanza e del giudizio del momento, sia esso quello di un giudice o dell’opinione pubblica.

antonellociavarelli@libero.it – Antonello Ciavarelli

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