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L’internazionalizzazione delle imprese lombarde

di Carlotta Chiodi

Si scrive Made in Italy e si traduce in abiti eleganti e design sofisticato. Ma non solo.
Agroalimentare, metalmeccanico, tessile-abbigliamento sono i settori che pesano maggiormente in termini di fatturato, occupazione e numero d'imprese.
Punto di forza dell'agroalimentare italiano è il settore vitivinicolo, con Germania, Francia, Usa e Canada in testa alla classifica dei destinatari dell'export italiano e con un fatturato in costante crescita per un valore di circa 8,5 miliardi di euro.
Per quanto riguarda il design industriale, esso abbraccia diversi settori. Il più vasto sicuramente è quello relativo al mobile e al complemento d'arredo nel quale l'Italia è leader nel mondo. Con 38 mila imprese e circa 230 mila addetti, l'Italia è il secondo produttore mondiale di mobili dopo gli Stati Uniti ed è leader assoluto delle esportazioni mondiali, con il 46% di export (8 miliardi di euro) sulla produzione totale e una quota di export italiano di mobili pari al 17% del mercato mondiale.
Al top della produzione meccanica ci sono le macchine utensili per l'industria tessile, metallurgica, chimica, degli elettrodomestici e alimentare. A proposito di quest'ultima, da citare sono i macchinari per il caffè, per la produzione della pasta, del pane, dei dolci e delle conserve. . Nel settore spiccano inoltre le industrie di macchinari per la realizzazione di motori, del valvolame per gli impianti di riscaldamento e dei rubinetti sanitari, in cui l'Italia è seconda nel mondo dopo la Germania. Importanti le società che producono macchine per la lavorazione del metallo, comparto nel quale l'Italia è il terzo Paese al mondo.
Il “sistema moda” comprende l'insieme di settori che producono beni per “vestire le persone”. Oltre al tessile e all'abbigliamento, quindi, sono coinvolte altre tipologie di imprese legate alla produzione di accessori, come quelle conciarie (pelletteria e calzature), produttrici di occhiali, gioielli, cosmetici. Un sistema che rappresenta oltre il 6% dell'intero PIL e ben il 18% delle esportazioni.
Da una recente analisi condotta dalla Commissione europea emerge come l'Italia sia il sesto Paese al mondo per propensione all'imprenditorialità. Questa caratteristica del nostro sistema produttivo, unitamente alla necessità di trovare una risposta alla rigidità delle norme del lavoro, è stata la premessa alla straordinaria diffusione, accanto alla grande industria, di piccolissime imprese e del lavoro autonomo che hanno favorito la nascita di un modello di sviluppo locale integrato, oggi conosciuto con il nome di “distretti industriali”.
La caratteristica principale delle esportazioni italiane è la concentrazione geografica.
Esiste infatti un fenomeno evidente di concentrazione dell’export tale per cui la maggior parte dei settori posiziona il proprio baricentro nella fascia definita a nord da Brescia , Verona e Padova e a sud da La Spezia , Firenze e Pesaro e che ha i propri assi portanti nelle due direttrici Milano – Padova e Parma – Bologna. Come noto, gran parte dell’industria italiana è costituita da PMI, frequentemente concentrate in determinate aree, i cosiddetti “distretti industriali”1; ciò consente di mantenere un alto grado di flessibilità, ma anche di realizzare economie di scala tipiche della grande impresa attraverso l'integrazione produttiva.
Le intense relazioni tra le imprese, accompagnate dalle interazioni tra mondo della produzione e mondo della formazione e della ricerca, sono state alla base dei meccanismi di interazione nei sistemi produttivi locali delle regioni economicamente più avanzate negli anni di forte crescita ed evoluzione dei sistemi distrettuali avvenuta principalmente fra il ’90 e il ’96. In tale periodo il modello distrettuale determinava una straordinaria sintesi tra cooperazione e competizione a tutto vantaggio dell’efficienza produttiva.
Ma come tutti i sistemi economici regionali, estremamente aperti e perciò potenzialmente vulnerabili, l’impatto dei grandi mutamenti internazionali, non poteva essere facilmente contrastato né sul piano istituzionale né su quello della trasmissione dei cicli economici.
Il completamento del mercato comune europeo e la cresciuta competizione delle economie leader hanno prodotto in questo sistema una sorta di involuzione in cui appaiono di particolare rilevanza due elementi : il deterioramento della competitività dal lato dei costi, che si è riflessa in un notevole peggioramento dell’interscambio con l’estero e la mancanza di una risposta adeguata ai cambiamenti in atto nell’economia mondiale.
Ciò non va visto solo in termini negativi, infatti la Lombardia, la cui politica regionale è fortemente incentrata sulle piccole e medie imprese, ha cercato di confermare e ulteriormente valorizzare il proprio modello produttivo tanto che ad un certo indebolimento delle concentrazioni distrettuali ha fatto da contrappeso l’emergere di alcuni fenomeni
“metadistrettuali”.
Il recente formarsi dei metadistretti2 è interpretabile come un allargamento delle maglie di networking, basate sull’integrazione di conoscenze e di processi produttivi anche a distanza maggiori, ancorché intraregionali.
La densità delle interdipendenze produttive è così divenuta meno visibile sul territorio, senza peraltro perdere in intensità. L’evoluzione dell’economia lombarda in senso terziario e lo sviluppo delle Information and Communication Technologies (ICT) hanno probabilmente contribuito a modificare i comportamenti localizzativi delle imprese e anche alcune funzioni dell’economia di intermediazione produttiva e commerciale.

1.2. L’economia lombarda

1.2. L’economia lombarda

Situata nel cuore di quella zona compresa tra Torino, Genova e Milano che è comunemente indicata con il nome di “triangolo industriale”, la Lombardia è oggi uno dei “Quattro Motori” per l’Europa insieme al Baden-Württemberg (Germania), al Rhône-Alpes (Francia) e alla Catalunya (Spagna), sue controparti in un articolato accordo di cooperazione e collaborazione. L’economia regionale rappresenta da sola un quinto di quella dell’intero Paese e il Pil pro capite è uno dei più alti tra le regioni europee. La Lombardia è la prima regione in Italia sia nei settori tradizionali (agricoltura e allevamento) sia in quelli dell’industria e del terziario. Al settore tessile, di importanza storica per lo sviluppo della regione, si sono aggiunti quelli meccanico, siderurgico, chimico, e farmaceutico. Di rilievo anche l’industria editoriale. Arredamento e moda fanno della Lombardia, e di Milano in particolare, una delle capitali mondiali del design. Nel terziario, rilevante è il peso del commercio e dei servizi, in particolare quelli finanziari. A Milano ha sede anche Borsa Italiana, tra le principali piazze finanziarie europee. Caratterizzano la Lombardia anche il primo posto in Italia per livello di spesa in ricerca scientifica e il maggior numero di Università, che hanno favorito la nascita di importanti poli tecnologici come l’Istituto di chimica industriale e il Dipartimento di elettronica e informazione (Politecnico di Milano), e il
Laboratorio per le applicazioni industriali dei plasmi (Università di Milano). Infine, il polo fieristico milanese, di rilevanza mondiale, favorisce il turismo d’affari e congressuale.
Curiosità:
Moda, artigianato e cucina sono alcune delle caratteristiche della Lombardia. La moda è sicuramente la più conosciuta a livello internazionale perché a Milano hanno sede le griffe più importanti e la città è tradizionalmente un punto di ritrovo per le sfilate almeno quattro volte l'anno. L'artigianato ha risorse nascoste ma ramificate un po' ovunque nella regione: orafi e cesellatori ma anche artisti del ferro battuto si trovano nel Bergamasco e nel Bresciano, intagliatori di legno in più zone. Molte province lombarde hanno una particolare caratterizzazione sia a livello industriale sia artigianale: nel bresciano, Gardone Val Trompia rappresenta la culla della produzione di armi, esportate in tutto il mondo, ma anche di quelle uniche, decorate a cesello; Mantova è specializzata in manifatture di ceramiche; nel comasco c’è una produzione tessile all'avanguardia, qui vengono create alcune delle più belle cravatte, ma sono da segnalare anche i merletti tipici; Cremona, patria di Stradivari, ha un'eccezionale produzione liutaia e di strumenti musicali in genere; nel Pavese, vi sono i santuari del salame d'oca (in particolare nella zona di Mortara) ma anche una produzione di scarpe di primo livello (Vigevano). E, per il palato, Cremona si segnala anche per la sua caratteristica mostarda. La regione ha anche una cucina tipica. Qualche idea: risotto alla milanese (con zafferano), cotoletta alla milanese (fettina di carne impanata) ma anche piatti
meno nobili ma più caratterizzanti: dai pizzoccheri della Valtellina alla cassoela, fatta di verze e costine di maiale. Milano è poi, per tradizione, città fondatrice del panettone.
È interessante infine notare che nonostante le specializzazioni presenti in Lombardia, esse non sono così caratterizzanti il tessuto produttivo come invece accade nelle altre regioni, dove un numero più limitato di industrie emerge in misura più marcata: per esempio i settori delle macchine per l’ufficio (QL=2,7) e degli autoveicoli (QL=4,1) in Piemonte; i settori dell’abbigliamento (QL=2,0), delle calzature (QL=1,9), degli apparecchi medicali (QL=2,1) e del mobile (QL=2,3) in Veneto; l’industria della fabbricazione di prodotti ceramici (QL=2,1) e delle macchine (QL=2,0) in Emilia Romagna. Dunque, accanto a una ricca gamma di specializzazioni, la Lombardia conserva anche un elevato grado di articolazione della propria base produttiva industriale, tale da caratterizzarla in modo assai distinto dal resto delle regioni industriali del Paese.

www.lombardinelmondo.org

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