Contraddittorio si, contraddittorio no

Giuseppe Giulietti

Da qualche tempo i cosiddetti liberali della destra del conflitto di interessi non perdono occasione per chiedere la testa di questo o quel conduttore sgradito al capo supremo. Una volta chiedono la testa di Fabio Fazio perchè ha osato dare la parola al papà di Eluana Englaro, un’altra volta berciano contro Lucarelli che si è occupato della mafia e dei suoi protettori, un’altra volta urlano contro Santoro per non aver garantito il diritto al contraddittorio… Magari si dimenticano di dire che, pur invitati, hanno preferito non mettere piede nelle trasmissioni dove le domande non si concordano prima e dove le risposte bisogna saperle dare.

Quelli che chiedono la testa dei giornalisti sgraditi e invocano il diritto al contraddittorio non hanno ritenuto, invece, di far sentire la propria voce al termine della elegiaca puntata dedicata da Bruno Vespa a Giulio Andreotti. Alla trasmissione hanno partecipato, tra gli altri, il presidente Cossiga, il presidente Casini, il presidente Pisanu, e tanto per non sbagliare, anche la presidente della commisione giustizia della camera, nonchè avvocato di Giulio Andreotti, Giulia Bongiorno, con loro anche Emanuele Macaluso e il giornalista del Corriere Massimo Franco.

Nel corso della puntata dedicata al “divo Giulio” non sono mancati i prevedibili attacchi ai giudici di Palermo, a Giancarlo Caselli, indicati come i responsabili di ogni male, persone indegne di portare le toghe… ci mancava solo che qualcuno invitasse i cittadini a prenderli a calci nel sedere. Per l'ennesima volta si è parlato della completa assoluzione di Andreotti, di demolizione dell’impianto dell'accusa.

Un turista avrebbe pensato di trovarsi di fronte un santo scampato ad un complotto di un gruppo di forsennati, forse di terroristi. Nè al conduttore, nè agli altri ospiti è venuto in mente di ricordare che sia la Corte d’appello sia la Cassazione hanno scritto pagine inquietanti sul rapporto tra mafia e poltica e sullo stesso Andreotti. Nessuno ha ricordato che il presidente Andreotti medesimo ha ritenuto di avvalersi della prescrizione per alcuni dei reati contestati, a nessuno è venuto in mente che in qualsiasi altro paese la descrizione dei rapporti tra poltica e mafia, prima del 1980, avrebbero assunto il sapore di una pietra tombale sulla futura attività politica.
A nessuno è venuto in mente di ricordare che Giancarlo Caselli e i suoi collaboratori erano stati in prima linea contro il terrorismo e contro la criminalità. Quando molti scappavano, furono quei magistrati ad accettare la sfida e a rappresentare la parte migliore dello stato.

In ogni caso, al di là di simili considerazioni che si possono condividere o meno, resta la domanda: perchè non è stato previsto un contraddittorio? Perchè non si è pensato di dare la parola a quei giudici e al giudice Caselli? Perchè i censori dei Fazio e dei Santoro non hanno aperto bocca? Perchè il massacro dela dignità di Giancarlo Caselli e di tanti altri servitori dello stato deve, invece, essere accettata in silenzio, senza la minima reazione?
A differenza di quelli che vogliono la testa dei giornalisti sgraditi, a noi non interessa in alcun modo la via disciplinare al giornalismo, nei confronti di chiunque, fosse pure il nostro più acerrimo avversario.
Quello che non si può accettare, invece, è lo stravolgimento della realtà, la fucilazione mediatica degli assenti.

Dalla Rai, dal suo presidente, dal suo direttore generale, vorrei solo sapere quando, come e in quale trasmissione sarà consentito al dottor Caselli e altri magistrati di replicare alla sequela di ingiurie scagliate nei loro confronti. Se proprio non volessero dare loro il diritto di replica o di rettifica potrebbero chiedere al Tg1 delle 20 di leggere in diretta le ultime 30 righe della sentenza della corte d’appello, relative proprio al processo Andreotti.

La lettura di 30 righe, secondo i ritmi televisivi, non dovrebbe occupare uno spazio superiore ai due minuti. Dal momento che il presidente Andreotti, stando a quanto abbiamo sentito, ne sarebbe uscito pulito quasi come un giglio, non dovrebbe esserci alcuna difficoltà ad accogliere questa richiesta, consentendo così finalmente a milioni di italiani di sapere cosa abbia davvero scritto la corte d’appello a proposito degli intrecci tra mafia e poltica e sulle relazioni pericolose che hanno pesantemente inquinato e condizionato la storia di questo mezzo secolo.

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