di Salvatore Orestano (Rinascita Forense)
E’ un refrain di tutte le tornate elettorali la domanda: ”Ma tu, perché ti candidi?”, “Che te ne viene?”, e così via.
Quasi che coloro i quali, ritenendo di potere dare un contributo di idee e di proposte, si impegnino per un tornaconto personale, addirittura – oltre che eticamente riprovevole – quasi sanzionabile sul piano penale o, quanto meno, deontologico!
Ciò si verifica, per quanto riguarda noi avvocati, sia allorquando si deve rinnovare il Consiglio dell’Ordine sia, ed ancor più negli ultimi tempi, allorché si tratta del rinnovo del Comitato dei delegati alla nostra Cassa di previdenza ed assistenza.
A chi rivolge tali domande si deve rispondere, almeno io credo, che evidentemente l’interrogante non ha mai inteso il proprio essere avvocato come un mondo intero di idee e di disponibilità verso i terzi, ma semplicemente come un modo, a volte assai poco commendevole di porsi sul mercato al solo scopo di acquisire danaro; la verità, infatti, è che – senza rispolverare sostantivi ormai desueti, quale quello di “missione” – la figura del vero avvocato è connotata da una serie di pulsioni che inevitabilmente ne comportano la proiezione all’esterno dell’ambito, angusto o vasto che sia, della propria attività strettamente professionale con la volontà di fornire il più alto numero di servizi, i migliori che siano e gratuitamente o quasi, nei più svariati settori.
Si pensi alle figure dei magistrati onorari, ai difensori civici, ai tutori di persone interdette e così via; si pensi, ancora, a tutti coloro che dedicano ore del proprio tempo alle attività istituzionali nell’ambito dei Consigli dell’Ordine ovvero nell’ambito di associazioni forensi che, cooperando con le istituzioni, elaborano proposte e soluzioni per il miglioramento della giustizia e per una più elevata qualità della vita di noi avvocati.
Ebbene, chi ora ha il piacere di colloquiare con Voi, ha avuto l’onore di partecipare per molti bienni alla vita del Consiglio forense romano al quale ha dedicato molto entusiasmo ed anche fantasia creativa come ad esempio allorché, nel 1998 ha proposto ed ottenuto la costituzione del Centro Studi dell’Ordine forense romano, il quale ha contribuito alla crescita ed alla formazione di molti Colleghi, giovani e meno giovani, concretizzando così, ante tempus, il criterio ed il metodo della “formazione permanente”, voluta sia a livello europeo, sia, per parlare del nostro Paese, dal Consiglio nazionale forense al fine di assicurare alla collettività una Avvocatura sempre più preparata ed all’altezza del fondamentale compito affidato alla medesima, a tacer d’altro, dalla nostra Costituzione repubblicana.
La nostra Cassa di previdenza e assistenza è una preziosa istituzione di tutti gli avvocati italiani ed è una struttura che richiede attenzione, dedizione e perizia; essa è regolata da una normativa ormai quasi trentennale, essendo la stessa contenuta nella legge n. 576 del 20 settembre 1980.
Si tratta di una legge pensata, voluta e scritta materialmente da Colleghi che potremmo definire i patres fondatori della Cassa medesima; non possiamo tuttavia nasconderci che, come tutte le normative, anche essa mal tollera il trascorrere del tempo, dovendosi individuare soluzioni nuove per situazioni sempre nuove, che non era possibile immaginare all’epoca della creazione della normativa in parola.
Ecco perché il compito che grava sulle spalle dei delegati è quello di mantenere il passo con i tempi, adeguando le norme alle esigenze che via via si pongono.
E’ chiaro che tale ruolo è molto impegnativo e richiede una passione che si traduce in dedizione e che solo pochi riescono a collocare concettualmente nella prospettazione della propria vita professionale e, se ciò fanno per speranza di ricompensa, essi tradiscono l’essenza dell’avvocato quale ho prima delineato.
Su tali presupposti fondanti ci siamo ritrovati noi che abbiamo deciso di dar vita alla lista “Previdenza e Solidarietà per ogni Generazione”, il cui programma vede, tra i punti cardine: l’abolizione di ogni indennità e prebenda per i delegati e per i consiglieri di amministrazione della Cassa forense, onde evitare che la volontà di migliorare le prestazioni previdenziali ed assistenziali per noi avvocati sia pregiudicata dal desiderio di ottenere risultati positivi sul piano economico personale; nell’ottica del costante adeguamento delle prestazioni alle esigenze via via mutanti, il dare vita a strutture che, in vario modo, garantiscano il miglioramento della qualità della vita degli avvocati quali asili-nido per gli avvocati madri; la destinazione, ad un canone sensibilmente ridotto, di parte degli immobili della Cassa a studi professionali per avvocati che si trovino in fasce di età di reddito particolarmente bisognevoli di sostegno; la istituzione di una forma di “prestito d’onore” in modo da consentire ai Colleghi di fruire di fondi per la dotazione di strutture dei propri studi professionali adeguate alle crescenti esigenze della collettività.
Non si può, peraltro, restare indifferenti rispetto al problema della attribuzione ai Colleghi pensionati di emolumenti tali da garantire loro un livello di vita dignitoso e, quanto meno, non deteriore rispetto a quello che viene garantito dall’ordinamento ad altri co-protagonisti del servizio giustizia; ed in questo senso noi ci impegniamo ad individuare soluzioni idonee, senza che ciò comporti aumento della misura dei contributi.
Vi ho rubato già troppo tempo e di ciò mi scuso, ma ritenevo corretto rappresentare a Voi, ai quali si chiede il sostegno con il proprio voto, quali sono le ragioni e le prospettive della lista di cui faccio parte; e, se qualcosa di ciò che Vi ho esposto è stata di Vostro gradimento ne sono lieto, ritenendo così di averVi coinvolti in una lunga linea di riforme a favore Vostro, e dell’intera categoria forense.
Colgo l’occasione per porgerVi i miei migliori saluti ed i più sinceri auguri per un ottimo 2009.