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Il minestrone, la moschea e il milione

di don Paolo Farinella

[non pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro del 31-12-2008]
Una mia amica,Erika Malan, per le feste di Natale mi invia un racconto che narra di un fatto accaduto nell’opulenta Berna in Svizzera. Erika lo ha ricevuto da un suo amico, Emanuele Di Natale. Nella mia chiesa lo abbiamo letto come riflessione dopo la comunione nella notte di Natale davanti a circa 200 persone e bambini. Questa si chiama tradizione: un fatto privato tra due persone viene raccontato ad altre persone che a loro volta lo trasmettono ad altri, creando così un circuito di conoscenza e di condivisione che non ha eguali. In questo modo persone che non si conoscono nemmeno sono in comunione tra loro e condividono il cuore e la sostanza dell’anima. Il racconto:
«A Berna, un’ anziana signora ultra-ottantenne, essendo rimasta sola e non avendo voglia di cucinare solo per se stessa, si reca tutti i giorni a pranzare alla Migros, una catena di ristoranti self-service. Quel giorno decide di mangiare un bel minestrone di verdura. Prende un vassoio, riempie il piatto di minestrone, va alla cassa a pagare e prende posto ad un tavolo vuoto. Si siede, ma al momento di mangiare si accorge di non aver preso un cucchiaio per mangiare il minestrone. Si alza, va alla cassa dove ci sono le posate, prende un cucchiaio e ritorna al suo tavolo, ma…lì seduto c'è un ragazzo africano che sta mangiando il suo minestrone!
Sul momento la signora s’indigna e vorrebbe andare dal ragazzo a dirgli di tutto, ma poi pensa che, certamente, quell'emigrato l'ha fatto per fame e, passata la rabbia, decide di sedersi davanti al ragazzo e, senza dirgli nulla, incomincia a mangiare anche lei il minestrone. Il ragazzo africano la guarda stupito, ma lei gli sorride, lui le sorride e continuano a mangiare il minestrone: un cucchiaio lei, un cucchiaio lui … Finito il minestrone il ragazzo si alza, va al banco dei primi piatti, prende un piatto di fettuccine alla bolognese, prende due forchette e torna al tavolo. Dà una forchetta alla vecchia signora, si siede davanti a lei e incominciano a mangiare le fettuccine, sorridendo; una forchettata lei, una forchettata lui … Terminate le fettuccine il ragazzo africano si alza, fa un sorriso alla signora e se ne va. La signora, contenta per aver fatto un’opera buona, si gira sorridendo, per salutarlo e …. ad un tavolo vicino, dietro di lei, vede un vassoio con sopra un piatto di minestrone!!! Il suo piatto!!!». Fine del racconto!
Questo fatto succedeva a Berna. A Genova invece ha fatto scalpore la presenza di una piccola moschea simbolica in un piccolo presepe predisposto dalla comunità della parrocchia di N.S. della Provvidenza di via Vesuvio, dove è parroco don Prospero Bonzani. Per chi avesse la memoria corta, via Vesuvio negli anni ’60-’70 fu la parrocchia di don Acciai e di don Angelo Chiapparo, due figure luminosissime nel panorama della chiesa e della civiltà del secolo scorso. In questo gesto così ovvio e naturale riconosco i segni dell’antica parrocchia che fu per decenni un fulcro missionario, punto di riferimento di tutti coloro che erano di passaggio a Genova per andare nel Terzo Mondo. Fu anche la parrocchia di don Ettore Mazzini, missionario di strada a Tapachula in Messico, grande musicista ed eccelso pittore. La chiesa di ieri è viva nella chiesa di oggi. La reazione scomposta della Lega e degli adepti di Forza Nuova è la prova che essi, pur usando parole del vocabolario cattolico hanno abdicato anche dalla loro religione perché hanno perduto e smarrito l’anima genuina del vangelo e della dottrina della Chiesa. Sono chiusi nelle loro paure che li travolgeranno: fissi nel passato ideologico, dimenticano di vivere oggi e di preparare il mondo di domani, mentre il mondo celebra il 60° compleanno della Dichiarazione dei Diritto dell’Uomo e l’Italia il 60° della Carta costituzionale.
Apprendiamo con cauto ottimismo che il comune di Genova, e particolarmente l’Assessore al bilancio, ha trovato un milione di euro in più da destinare all’assistenza sociale. Vogliamo accogliere questa notizia come un buon auspicio per il prossimo anno, sperando che sia solo un acconto e che altri milioni seguiranno ancora per lenire almeno le sofferenze più gravi dei cittadini più deboli di Genova. Finalmente qualcosa di sinistra che fa onore all’Amministrazione del comune di Genova. Per il nuovo anno 2009 auguro ai Lettori de la Repubblica/Il Lavoro di fare l’esperienza del minestrone che a Genova, in quanto specialità tipica, dovrebbe essere più genuino e gustoso di quello di Berna e le persone di colore, per nostra fortuna, non mancano.

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