Le strane coincidenze neo-presidenzialiste tra Gelli e Berlusconi, che ormai punta apertamente al Colle.
di Renzo Balmelli
Ci sono molteplici variazioni sul tema del presidenzialismo che fanno arricciare il naso a chi ha sinceramente a cuore le sorti della democrazia. Il sistema sconfina sovente nell’autoritarismo e presenta lacune che lo rendono discutibile. Tranne l’America e il semipresidenzialismo della Francia, che hanno seri, tradizionali e collaudati ancoraggi, non sempre il modello poggia sulla spina dorsale degli autentici valori laici e repubblicani.
In Italia è da parecchio tempo che di tanto in tanto se ne parla, tuttavia senza mai uscire dagli esercizi di maniera. Ora pero’, a cavallo delle Feste, con una svolta abbastanza sorprendente, il discorso è stato ripreso in termini perentori dal Cavaliere, che ha indicato nel presidenzialismo una delle sue priorità entro la fine della legislatura. E quando c'è di mezzo lui, contravvenendo alla massima andreottiana, a pensare male non si fa peccato.
Nessuno puo' dire dove condurra' il sogno presidenzialista del premier e quali siano le sue reali intenzioni. Fa pero’ venir freddo alle ossa la strana coincidenza con i propositi esposti recentemente da Licio Gelli. All’inizio del mese il “maestro venerabile” della P2, intervistato alla televisione , aveva parlato di un suo “piano di rinascita” che prevede la creazione di una repubblica presidenziale, perché conferisce a chi guida il Paese il potere che nella repubblica parlamentare manca. Anche secondo Berlusconi l'architettura attuale non permette di prendere decisioni tempestive e non dà poteri al premier.
Saranno pure casuali le “affinità elettive” tra i due personaggi , ma la concomitanza risveglia i brutti ricordi di quando l'Italia era scossa dalle fibrillazioni piduiste. In filigrana si intravvede un disegno presidenzialista ambiguo, nient’affatto rassicurante e assai lontano dai modelli di riferimento di maggior pregio. D'altronde non si capisce quale interesse possa suscitare in questo momento un dibattito sul “presidenzialismo”, uno dei temi più triti della polemica politica.
Non convince l’ipotesi che il correttivo “presidenzialista” serva a bilanciare, nel governo centrale, il decentramento provocato dalla riforma federalista, tra l’altro ancora in gestazione. A meno che non vi sia l’intenzione neppure tanto recondita di perdere tempo per vedere che effetto susciteranno i fuochi d’artificio della destra.
Il Cavaliere, forte dell’imbarazzante consenso bulgaro, è ormai convinto di avere il paese in pugno e di poterlo quindi plasmare a sua immagine e somiglianza. L’ultimo ruzzolone elettorale dell’opposizione lo ha confortato nell’idea che da quelle parti , a meno di un’impennata travolgente, potrà arrivare tutt’al piu’ qualche incomprensibile farfuglio.
E che importa se la proposta lascia indifferente la stragrande maggioranza dei cittadini che hanno altre gatte da pelare. Il Bel Paese è fermo al palo, diverse famiglie fanno fatica a comprare il cibo, molte altre sono impotenti di fronte a spese impreviste. E come se tutto cio’ non bastasse la situazione è destinata a peggiorare nel 2009. Non c'è dubbio, le priorità sono altre.
Anziché coltivare mire imperiali sarebbe meglio che il Cavaliere si occupasse della crisi economica. Ma la richiesta è destinata a cadere nel vuoto. Ancora non si è capito di che pasta è fatto il capo del governo. Dovremmo aver imparato in questi quindici anni che, nonostante l'abitudine alla menzogna, Berlusconi non nasconde mai i suoi appetiti. Cio’ che vuole, a compimento della sua biografia, è uno schema ad personam, come tante sue leggi, che gli garantisca, una volta scalato il Quirinale, il controllo illimitato del Parlamento, dei media e della giustizia. Sotto questo livello il Cavaliere non intende scendere, né dà l’impressione di essere disposto a negoziare con le altre forze politiche.
Ottenuto l’imprimatur avrà il suo giocattolo, avrà poteri decisionali sull’attività delle procure, dei giudici, delle giurie, dei tribunali e della magistratura in genere. Se questa visione, per delirio d’ipotesi, si concretizzasse, i pubblici ministeri, nei cui confronti egli nutre un’avversione viscerale, sarebbero “condannati” ad andare in aula “col cappello in mano”. In via subalterna sarebbe, inoltre, gradita la supervisione dell’informazione e della cultura cosa pero’ non strettamente necessaria visto che il settore è già ampiamente controllato.
Di fronte al presidenzialismo alla Silvio persino Casini, che per non esporsi ricorre spesso alle metafore cardinalizie, in questa circostanza non ha avuto esitazioni e ha parlato di un uomo che vuole farsi “re”, eliminando tutto cio’ che è di impaccio nel rapporto tra il popolo e il suo sovrano. Un monarca che vuol mettere da parte i partiti e la Costituzione.
Conveniamone. Tutto questo è abbastanza singolare. E ci si domanda quando l’opinione pubblica, strattonata in un dibattito già confuso, comincerà a intravvedere i contorni del viaggio al termine della democrazia verso il quale sta inesorabilmente portando l’ultima, ma forse decisiva stagione dell’era berlusconiana