Piombo fuso e colate di martiri: chi racconta Gaza?

Il nazionalismo continua ad affascinare gli sprovveduti poichè le altre prospettive, così come le numerose mitologie del proletariato e le varie utopie dei poeti e sognatori, sembrano loro precluse. La cultura degli avi è stata distrutta; dunque, a livello pragmatico, la cultura è fallita. I soli avi scampati sono coloro che si sono adeguati al sistema dell’invasore, e sono sopravvissuti alla periferia delle discariche…”, scriveva così negli anni ‘80 Fredy Perlman, di origini ebraiche, instancabile accusatore dell’imperialismo israeliano e del totalitarismo nei paesi dell’est, del sistema di ghettizzazione degli indios di ogni paese. E da noi, fermi nel calzare lo Stivale? Da sempre si dichiara a sinistra e destra che: «L’Italia ha da sempre svolto un’azione tesa a favorire il processo di pace in Medio Oriente, coniugando l’antica amicizia con il popolo palestinese con una rinnovata collaborazione con Israele».
E per amicizia e solidarietà, vediamo quante ne vogliamo di immagini e video, ascoltiamo parole, indignate, caute, vibranti dagli inviati in Israele, sul confine e su Gaza. La preposizione è d’obbligo: non da Gaza. Dopo il silenzio diplomatico di Obama, presidente in transumanza, arriverà il solito refrain con cui gli Stati Uniti d’America bloccheranno le risoluzioni Onu con le quali si impone a Israele di proseguire nell’aggressione alla striscia di Gaza? Come piombo fuso cadono le parole di Ofer Shmerling, funzionario della difesa civile israeliana ad Al Jazeera: “A suon di musica festeggerei ciò che la forza aerea israeliana sta facendo”.
“Quello che stanno facendo a Gaza, la ciliegia rosso sangue sulla torta dopo due anni di embargo e bombardamenti, lo sapete tutti”, dice Miguel Martinez dal suo blog . Non so da dove prenda l’ardire di questa affermazione popolare ma andando avanti, è uno che racconta l’operazione israeliana : “Sabato scorso era una delle festività più sacre del calendario ebraico – lo Shabbat di Hanukkah. Per poter compiere la strage di Gaza, Ehud Barak ha dovuto chiedere una dispensa speciale dai rabbini. Non so perché sia stata scelta una data così particolare, per un attacco preparato da ben sei mesi, come rivela Haaretz. Lo stesso nome dell’operazione, Piombo fuso, si riferisce ai dreidel o dadi con cui i bambini giocano a Hanukkah, e che il poeta sionista H.N. Bialik invitava a costruire usando il piombo fuso”.
E gli avvertimenti, le lezioni impartite dal ministro degli Esteri e candidata premier, Tzipi Livni, sulla polazione palestinese, alias Hamas, fanno centinaia di morti senza distinzione di sesso ed età, a pezzi, irriconoscibili organi per chi cerca l’identità del suo caro, in un ospedale che nemmeno il più avveniristico nel mondo, potrebbe accogliere e curare la quantità di carne da macello, indigesta a qualunque palato, sembrerebbe, tranne che allo stomaco del potere guerrafondaio: colate di martiri, per chi non sventolerà mai bandiera bianca.
Racconta Vittorio Arrigoni, da Gaza : “Mi riferiscono che i media occidentali hanno digerito e ripetono a memoria i comunicati diramati dai militari israeliani secondo i quali gli attacchi avrebbero colpito chirurgicamente solo le basi terroristiche di Hamas.In realtà visitando l’ospedale di Al Shifa, il principale della città, abbiamo visto nel caos d’inferno di corpi stesi sul cortile, alcuni in attesa di cure, la maggior parte di degna sepoltura, decine di civili. Avete presente Gaza?
Ogni casa è arroccata sull’altra, ogni edificio è posato sull’altro, Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa, per cui se bombardi a diecimila metri di altezza è inevitabile che compi una strage di civili. Ne sei coscente, e colpevole, non si tratta di errore, di danni collaterali. Bombardato la centrale di polizia di Al Abbas, nel centro,è rimasta seriamente coinvolta nelle esplosioni la scuola elementare lì a fianco. Era la fine delle lezioni, i bambini erano già in strada, decine di grembiulini azzurri svolazzanti si sono macchiati di sangue. Bombardando la scuola di polizia Dair Al Balah, si sono registrati morti e feriti nel mercato li vicino, il mercato centrale di Gaza. Abbiamo visto corpi di animali e di uomini mescolare il loro sangue in rivoli che scorrevano lungo l’asfalto. Una Guernica trasfigurata nella realtà.
Ho visto molti cadaveri in divisa nei vari ospedali che ho visitato, molti di quei ragazzi li conoscevo. Li salutavo tutti i giorni quando li incontravo sulla strada recandomi al porto, o la sera per camminando verso i caffè del centro.
Diversi li conoscevo per nome. Un nome, una storia, una famiglia mutilata. La maggior parte erano giovani, sui diciotto vent’anni, per lo più non politicamente schierati ne con Fatah ne Hamas, ma che semplicemente si erano arruolati nella polizia finita l’università per aver assicurato un posto lavoro in una Gaza che sotto il criminale assedio israeliano vede più del 60% popolazione disoccupata. Mi disinteresso della propaganda, lascio parlare i miei occhi, le mie orecchie tese dallo stridulo delle sirene e dai boati del tritolo. Non ho visto terroristi fra le vittime di quest’oggi, ma solo civili, e poliziotti.
Esattamente come i nostri poliziotti di quartiere, i poliziotti palestinesi massacrati dai bombardamenti israeliani se ne stavano tutti i giorni dell’anno a presidiare la stessa piazza, lo stesso incrocio, la stessa strada.
Solo ieri notte li prendevo in giro per come erano imbacuccati per ripararsi dal freddo, dinnanzi a casa mia.
Vorrei che almeno la verità donasse giustizia a queste morti. Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, ne mai lo avrebbero fatto, non è nella loro mansione. Si occupavano di dirigere il traffico, e della sicurezza interna, tanto più che al porto siamo ben distanti dai confini israeliani. Ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman,non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime.
Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io. All’ospedale AL Shifa con gli altri internazionali dell’ISM ci siamo recati a donare il sangue. E lì abbiamo ricevuto la telefonata, che Sara, una nostra cara amica è rimasta uccisa da un frammento di esplosivo mentre si trovava vicino alla sua abitazione nel campo profughi di Jabalia. Una persona dolce, un’anima solare, era uscita per comprare il pane per la sua famiglia. Lascia 13 figli. Poco fa mi invece mi ha chiamato da Cipro Tofiq.
Tofiq è uno dei fortunati studenti palestinesi che grazie alle nostre barche del Free Gaza Movement è riuscito a lasciare l’immensa prigionia di Gaza e ricominciare altrove una vita nuova. Mi ha chiesto se ero andato a trovare suo zio e se l’avevo salutato da parte sua, come gli avevo promesso.Titubante mi sono scusato perchè non avevo ancora trovato il tempo. Troppo tardi, è rimasto sotto alle macerie del porto insieme a tanti altri. Da Israele giunge la terribile minaccia che questo è solo il primo giorno di una campagna di bombardamenti che potrebbe protrarsi per due settimane.
Faranno il deserto, e lo chiameranno pace. Il silenzio del “mondo civile” è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte”.

Dove sono finiti i refusnik, i disertori, quelli che resistono e rifiutano la guerra, gli attivisti internazionali che riescono sempre a far emergere la voce della vita libera, che non ha patria e dio?

“We’re on the side with the angels”

Siamo dalla parte degli angeli, noi, scriveva Fredy Perlman- Contro il Leviatano, con tutta l’amarezza e disgusto che questa affermazione significava.
Quale memoria riprodotta quotidianamente rimarrà e chi l’avrà raccontata a coloro che nascono e rimangono? Non coopero, non sono e sarò serva volontaria del Grande Leviatano, sono contro le sue leggi del profitto e della giustizia delle armi, raffinate dalla diplomazia e dalla disinformazione.
Doriana Goracci

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