LETTERA DALL’ EUROPA

FRANCIA, IL PAESE DELLE REGOLE ITALIA, LE REGOLE SONO COME IL TEMPO: DIPENDE….

Discorrendo con un altro emigrato a Parigi, facciamo il punto. La crisi in atto in Italia, conveniamo, potrà meglio essere combattuta se facciamo qualche paragone con il resto dell’ Europa. Dopo, sarà più facilmente possibile identificare qualche handicap di cui forse occorrerà liberarsi.

L’ amico mi dice “le nostre regole sono antiquate”. Gli rispondo: “Prima di dire che abbiamo delle regole, dimostrami che esse non stanno solo sulla carta, ma sono applicate”. Come é in genere nei Paesi della U.E.

Il dialogo allora si sposta: “Cerchiamo di capire perché gli Italiani sono l’ eccezione della U.E.. Seguono le regole quando …… il tempo é buono. Ma, se il tempo cambia……”.

L’ esempio francese.

Nella cultura e nel DNA dei Francesi ci sono geni latini e geni germanici (i Franchi erano germanici). Dai latini i Francesi hanno ereditato una certa tendenza alla confusione (le bordel, in francese). Ma la loro logica, molto diffusa in ogni angolo del Paese, forse dovuta anche al posto privilegiato che la matematica ha nell’ insegnamento, ha permesso loro di ridimensionare questa tendenza alla confusione. Anche per il grande uso, sempre di derivazione germanica, della disciplina. E con l’ inquadramento di ogni situazione sociale in una casistica o in un quadro esplicativo. E, infine, con molta regolamentazione.

Nella vita sociale francese, a ogni situazione ci puo’ essere la relativa regola da seguire. Tante regole sembrano inalterate da decenni. Esse infatti danno risultati costanti e possono ostacolare le evoluzioni. Di conseguenza, la vita di un Francese (o almeno di un parigino) non é semplice. Anche perché i Francesi le seguono, le regole. Sarà questo il motivo per cui i Francesi sono stati definiti degli “Italiani di cattivo umore” ? A Parigi, infatti, il cattivo umore é facilmente visibile.

La stampa nazionale parla del problema, coll’ avvento della U.E., della mancanza di creatività e d’ iniziativa. Con ripercussioni sul quadro economico. Ma non spiega come la creatività e l’iniziativa potrebbero svilupparsi nel Paese delle regole. Nel Paese dove, in classe, é spesso mal tollerato che un alunno prenda la parola.

Ci si accorge anche, a Parigi, che le variazioni di comportamento fra diverse persone sono limitate. Mi sono persino chiesto se ci sono variazioni nei processi mentali di persone diverse, le quali seguono, con costanza e convinzione, le stesse regole.

Ma le regole sono troppe. Persino gli alberi dei giardini pubblici sono soggetti ad una regolamentazione. Come le intelligenze sono modellate (si potrebbe dire stampate) dal sistema scolastico, granitico, quasi staliniano (il cui più grosso problema é l’échec scolastico), cosi gli alberi sono standardizzati dai giardinieri. Nei giardini prevalgono i coni e i cubi. Con un po’ di fantasia, un giardiniere puo’ arrischiare una sfera. L’ incanto della natura, dello sviluppo vegetale, con tali eccessi, ha difficoltà ad apparire. Ma, per un Francese, i giardini devono essere cosi, inquadrati. Come la loro vita.

L’ esempio italiano

Uno dei motivi per cui la società italiana funziona sempre meno (in talune regioni c’é oggi un’ evoluzione, negativa purtroppo): ognuno puo’ farsi la sua interpretazione personale delle regole. Severgnini ha scritto “tanti Italiani si fanno il proprio codice à la carte”. In tante situazioni sociali, la reazione del sistema alla richiesta del cittadino é, troppo spesso, imprevedibile. Quando non nulla. Un altro fattore che concorre alla inaffidabilità sociale in aumento, ormai. Purtroppo non é il solo.

La mia valutazione: se le nostre regole fossero scritte come in Francia, chiare, precise, indiscutibili, metalliche, una sola interpretazione, allora gli Italiani forse le seguirebbero. Ma per poter arrivare a tanto, parecchie condizioni sarebbero necessarie. La prima: condannare ed estirpare il doppio linguaggio (in pratica, avvicinarsi all’ Europa). Il quale é una delle tante fonti della inaffidabilità sociale odierna. Occorrerebbe imparare che c’é una sola verità. E anche una sola giustizia. Sarà possibile ? Per ora no, bisognerebbe, io credo, prima eliminare la confusione. Il casino cioé. Ma non é la sola condizione, ce ne sono ben altre.

Se la società italiana si avviasse verso la chiarezza di espressione (cristalclear), ne avremmo alcune conseguenze. Anzitutto nella vita sociale diminuirebbero i contenziosi. Manderemmo qualche avvocato a spasso, ma forse disintaseremmo i corridoi dei palazzi di giustizia. Quei corridoi ove oggi ci vogliono i semafori. La gestione dei contratti, privati o pubblici, sarebbe meno costosa. L’ interesse privato in atti d’ ufficio, ora diffuso mi sembra, sarebbe meno facilitato. Potremmo persino immaginare che i funzionari pubblici diventino responsabili. Oggi non lo sono, con la regolamentazione e il codice che ci ritroviamo. Nel sistema fiscale poi, per fare un altro esempio, si potrebbe eliminare la specialità italiana del condono, annuale o semestrale. Nelle assemblee infine, di qualsiasi tipo, parlamentari o condominiali, sarebbe più facile concordare delle conclusioni e delle linee di azione. Cioé fare come in Europa……..Molto meglio che litigare……

Un sogno

Ancora un esempio delle conseguenze della chiarezza (se la instaurassimo un giorno come obbligatoria). Forse sarebbe scoraggiata l’ approssimazione, oggi troppo diffusa. Inoltre non avremmo più il primato europeo dei giorni di sciopero. Ma, sopratutto si potrebbe dire agli Italiani: le regole ora sono chiare, seguitele. Si potrebbe allora cominciare con la severità, buttando dalla finestra l’ impunità garantita.

La società italiana potrebbe divenire affidabile. L’ economia ne guadagnerebbe.

E solo un sogno, o potrà essere realtà ?

Io credo che dipenda dalla maturità di una società. Nel senso che una società matura e responsabile sa rinnovarsi (anche per divenire europea).

Riletterci su ?

Italiani e Francesi, popoli cugini. Fratelli, non direi, siamo agli opposti. E se collaborassimo in qualche settore ?

Allora i Francesi potrebbero mostrarci come si gestisce efficacemente un macrosistema (un Paese, una regione, una multinazionale). Noi potremmo mostrare loro come nasce sui banchi della scuola la creatività, l’ iniziativa. Permetteremmo loro di commercializzare meglio i prodotti della loro organizzazione e della loro industria. Ma soprattutto, essi potrebbero liberarsi, col nostro aiuto, del problema nazionale: l’ échec scolaire.

Se invece restiamo ognuno col nostro orgoglio, rischiamo di essere stritolati dal Villaggio Globale. Sarebbe come darla vinta agli asiatici.

Antonio Greco
ANGREMA@wanadoo.fr

(disponibile per una presentazione delle cause dei guai italiani)

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