«Babilonia», un antidoto alla crisi. Università  degli anziani: un incidente

di don Paolo Farinella

[pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro di mercoledì 17 dicembre, p. XV] col titolo: La Cultura pane quotidiano. Tagliare è recidere la Civiltà

E’ tempo di crisi. Di essa si alimentano avvoltoi politici, di stato e privati, che se ne servono per fare ciò che in tempi normali non potrebbero fare: licenziare; con la benedizione del governo che prima crea le premesse e gli strumenti per facilitare imprenditori disonesti e poi pareggia il conto finale. Licenziamenti e morti sul lavoro sono ormai «guerra preventiva» per fare strage di innocenti e distruggere lo stato sociale, come è nel progetto P2 del governo capeggiato dall’ «Alieno costituzionale». In un tempo di crisi profonda parlare di «cultura» può apparire anacronistico; e lo è, ma solo per i faccendieri ignoranti. «Cultura» deriva dal latino «cultus» (atteggiamento religioso) che a sua volta proviene dal verbo «còlere» che significa «coltivare/cogliere», da cui, in senso etico, nasce il concetto di «civiltà» che è atto religioso e coltivazione paziente: con buona pace di chi della «Cultura-Civiltà» ha fatto l’arma letale di distruzione di massa. Il primo settore su cui in tempi di crisi governi e amministrazioni locali tagliano, è la «cultura», senza rendersi conto (o lo sanno?), da incolti recidivi, che recidono la stessa civiltà su cui sono seduti. Ciò spiega perché è ora il tempo propizio per diffondere «cultura» e parlarne. Nel «Padre nostro», la 4a domanda «dacci oggi il nostro pane quotidiano» comprende l’esigenza del cibo, del lavoro, della casa,della cultura, del sapere, della dignità, del futuro: di tutto ciò che rende la vita «umana».
Genova è fortunata perché il 2008 ha visto due eventi culturali che come un principe azzurro baciano il rattrappito rospo di Genova, che quanto a cultura è decisamente allo sbaraglio, nonostante i «consigliori» della regina madre che regge la Casa cittadina. Oggi parliamo del primo, riservandoci di parlare del secondo, per la sua consistenza, in una prossima occasione. Abbiamo già parlato della neonata rivista «Babilonia Swing, il mensile di Genova. Cronaca, Storie e Gente in Città» ed oggi tessiamo l’elogio di questa bambina di appena nove mesi che strilla e corre per i vicoli e per la periferia, curiosa di conoscere la gente vera, quella che non va in tv, né può accedere ai giornali. Interroga la vita di Genova, scopre gli angoli nascosti magari accanto a casa nostra e di cui eravamo ignari. Una manciata di giovani, guidati da una donna, vanno alla riscossa della dignità di Genova e della sua personalità per farla conoscere, per farla amare. Genova, Superba e Orgogliosa, scopre così di avere un palcoscenico mensile dove i cittadini genovesi sono i Vip dando voce ai loro problemi, ai loro sentimenti, alle loro lamentele e alle loro denunce. «Babilonia Swing» è la “pulce nell’orecchio”, la riflessione e l’informazione di cui ogni cittadino ha diritto. Esce in edicola una volta al mese, l’ultimo venerdì (costo: un euro) mentre a causa delle feste natalizie, il numero di dicembre eccezionalmente esce venerdì prossimo (19 dicembre) e riporta un’intervista a Mauro Garavano, il nostro amico genovese paraplegico per caso e per tutta la vita, a cui nel mese di gennaio arriverà la macchina adatta a restituirli la dignità dell’indipendenza, nonostante il silenzio tombale e colpevole del Comune di Genova e dell’Assessorato all’Assistenza sociale che ormai rantolano solo per mantenere se stessi. Riposino in pace con una prece.
In questi giorni ha fatto discutere la protesta di parte della città per l’invito rivolto al cardinale Angelo Bagnasco a tenere la prolusione all’Università della Terza Età. Il nostro giornale in un articolo di rilievo ha parlato di «piccola Sapienza genovese» (la Repubblica/Il Lavoro, 11-12-08, p. I). Molti lettori e amici mi hanno chiesto un’opinione che non esito ed esporre. Il fatto: il preside Francesco Surdich comunica che all’inaugurazione accademica oltre agli interventi istituzionali avrebbe preso la parola anche il delegato dell’arcivescovo di Genova». Premetto che l’arcivescovo di Genova e/o il suo delegato possono andare dove vogliono e parlare liberamente e fare i discorsi che vogliono senza alcuna limitazione di sorta. Ciò detto, quello che non è lecito è un discorso ufficiale di un rappresentante ufficiale di una religione ufficialmente riconosciuta e sostenuta dallo Stato italiano in un «atto istituzionalmente esclusivo» come l’apertura accademica di una facoltà universitaria. Ciò vale per il cardinale e vale anche per il papa che tra l’altro è, incidentalmente, anche capo di stato. Nulla vieta al rettore di invitare il cardinale in altra occasione per un intervento aperto alla libera scelta di ciascuno e magari anche alla città di parteciparvi o non parteciparvi. Sono certo che anche il cardinale, uomo che conosce bene l’università, la pensa allo stesso modo e che nessuno in buona fede possa accusare questo atteggiamento di anticlericalismo o di cattiva laicità a fronte della «sana laicità» di molti laici clericali, eterni chierichetti, che non possono vivere se non vedono un prete nei paraggi. (ildialogo.org)

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