Il Presidente Fini ha assistito all’esibizione, trasmessa in diretta, della migliore Coralità italiana
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Diluviava lunedì scorso a Roma. Ancora preoccupazioni per il Tevere e l’Aniene a rischio d’esondazione. Avevo da trascorrere due ore di tempo, prima che la Camera dei Deputati consentisse agli invitati l’accesso all’Aula, previsto per le quattro del pomeriggio, per assistere al Concerto di Natale. Le ho passate nella Galleria Colonna, intitolata ora ad Alberto Sordi, anche perché il desiderio di visitare la mostra “da Rembrandt a Vermeer “ allestita in un museo di Via del Corso – una magnifica rassegna su diversi pittori fiamminghi – si è infranto sulla chiusura settimanale, proprio di lunedì. Pazienza. Ho risolto con la libreria Feltrinelli. Ero dunque a Roma per assistere all’ormai tradizionale concerto che dal 2005 vede esibirsi, nell’Aula di Montecitorio, i migliori gruppi italiani della Coralità di Montagna. Nove i cori selezionati quest’anno, provenienti da altrettante regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Sicilia, Lazio, Veneto, Valle d’Aosta, Sardegna, Trentino ed Abruzzo. E per l’Abruzzo il CORO DELLA PORTELLA, prestigioso gruppo nel campo del canto di montagna e popolare. Nato nel all’Aquila 1982 per iniziativa del maestro Vincenzo Vivio, che lo dirige dalla fondazione, in un quarto di secolo ha tenuto oltre settecento concerti in Italia ed all’estero (Usa, Canada, Austria, Germania, Svizzera, Polonia), si è esibito al cospetto di Sua Santità Giovanni Paolo II e, nel 2002, di Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, in occasione delle celebrazioni dell’Anno internazionale della Montagna. In più occasioni ha eseguito concerti sulle reti nazionali (Rai Uno, Rai Due, Radio Tre) e, nel 2006, ne ha tenuto uno al Quirinale, nella Cappella Paolina, trasmesso in diretta radio in tutta Europa. Anche il Concerto di Natale è ripreso sul canale satellitare della Camera. Viene trasmesso anche in differita, domenica 21 dicembre, alle 10 e mezza, su Rai 2. All’orario previsto per l’ingresso per fortuna cessa di diluviare. Si fa ordinatamente la fila per entrare a Palazzo Montecitorio, è abbastanza agevole il superamento del metaldetector, simile a quello degli aeroporti, come del guardaroba. C’è molto pubblico, convogliato con gentilezza dai commessi della Camera alle tribune che sovrastano l’Aula. Lo splendido emiciclo, per quanto familiare e visitato più volte, mi desta sempre meraviglia per la sua bellezza architettonica, per l’alta funzione di democrazia parlamentare che accoglie, talvolta meno per qualche spettacolo poco consono – sebbene in rari casi – che da cittadini francamente vorremmo risparmiarci ricordando tanti Padri della Patria che hanno illustrato quell’Aula con il loro esempio.
Ma torniamo per un momento al Palazzo Montecitorio. Furono i Ludovisi, a metà Seicento, a dare incarico a Lorenzo Bernini di progettare la loro residenza. L'architetto, straordinario interprete del barocco romano, realizzò un edificio che, nella struttura come nelle decorazioni, si conforma al contesto fisico del sito. La facciata, lievemente curva, segue l’andamento del terreno della collina, “mons citatorius” secondo un’ipotesi etimologica che gli avrebbe dato poi il nome. Gli elementi lapidei alla sua base, appena sbozzati con foglie e rami spezzati, simulano un edificio come costruito nella viva roccia, quasi l’artista abbia piegato la natura alle sue necessità, senza stravolgerla. I lavori, interrotti per le sopravvenute difficoltà economiche dei Ludovisi, furono portati a termine trent'anni dopo, per volere di Papa Innocenzo XII, che destinò l'edificio alla Curia Pontificia, massimo organo giudiziario, che appunto vi esercitò dal 1696. Dopo la morte del Bernini, il nuovo architetto Carlo Fontana modificò ampiamente il progetto originario, conservando la singolare facciata convessa con triplice portale, aggiungendovi l'arioso campanile a vela con l'orologio, corredato di tre campane, la più grande delle quali ora suona ogni volta che viene eletto il Presidente della Repubblica. Due secoli dopo la costruzione, Palazzo Montecitorio venne acquisito dallo Stato italiano, per destinarlo ad ospitare la Camera dei Deputati. Nel 1919 fu Ernesto Basile, architetto palermitano esponente dello stile liberty, a provvedere all’adeguamento del palazzo berniniano alle necessità della nuova destinazione, con corposi interventi d’ampliamento e ristrutturazione e con l'aggiunta dell’edificio verso Piazza del Parlamento. A lui si deve il grande salone detto Transatlantico, lungo ed imponente, considerato il luogo informale della vita politica italiana, e la splendida Aula delle sedute che il Basile progettò con uno straordinario lucernario a ventaglio in stile liberty. Nel disegno degli interni, specie nei dipinti murali che circondano la sommità dell’Aula, Basile dispiega il suo gusto, ottenendo un risultato complessivo in cui la solennità degli ambienti ben si sposa con l'ariosità delle decorazioni e dei dettagli.
Proprio nell’Aula, sugli scranni ordinati a spicchi degradanti al centro, sui quali solitamente prendono posto i deputati, sono seduti i cantori dei nove cori con le loro divise variopinte, ad eccezione dello spicchio centrale riservato ai Parlamentari ed alle Autorità. Dall’alto delle tribune si gode davvero un bel colpo d’occhio su un’Aula insolita e colorata quasi ad arcobaleno, molti i cappelli con la penna nera. Alle cinque in punto, l’ora d’inizio del concerto, viene annunciato l’ingresso del Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini. Una gran bella giornata, per il Presidente. In mattinata, infatti, il Presidente Fini ha consegnato ad Ingrid Betancourt, per quasi sette anni sequestrata dai guerriglieri delle Farc in Colombia e liberata qualche mese fa, il premio 2008 “Pellegrino di Pace”, con una cerimonia nella Sala della Lupa alla presenza del presidente del Centro per la Pace di Assisi, Gianfranco Costa, di mons. Claudio Maria Celli e dell’Ambasciatore Francesco Paolo Fulci. Quindi, questo Concerto di Natale. Il saluto del Presidente della Camera non è di circostanza. E’ sentito, come pure la soddisfazione che esprime – annota nel suo breve intervento – per il rinnovarsi della tradizione che porta un messaggio di serenità e pace autentico, semplice e profondo come lo sono i sentimenti della gente di montagna, adusa a portare solidarietà ed a vivere i valori del rispetto della natura, della tutela dell’ambiente e d’un grande patrimonio etico. Lieto, dunque, di accogliere quasi trecento coristi da nove regioni, di salutarli con i loro direttori, e di augurare a tutti Buon Natale. Fini lascia quindi il banco della presidenza e va a sedersi in uno scranno tra le autorità, dove si notano il sen. Franco Marini, già Presidente del Senato, e dell’on. Pierluigi Castagnetti, vice Presidente della Camera, ed altri parlamentari. Ci si alza per l’inno di Mameli, cantato da tutte le formazioni corali, dirette dal maestro Pier Paolo Cascioli. Una bella emozione, tutto il pubblico trascinato a cantare. Finalmente gli italiani cantano il loro inno!
Inizia il concerto. Viene annunciato, come da programma di sala, il CORO ALPINO OROBICA di Brugherio (Milano), direttore don Bruno Pontalto. La formazione è composta da alpini in congedo della Brigata Orobica, come cappellano militare alpino in congedo è il maestro Pontalto. Divisa di vari colori pastello, a seconda delle voci, e cappello alpino. Esegue, come tutti i cori d’altronde, due brani: “Benia calastoria” di B. De Marzi e “La Valcamonica” armonizzata da M. Bordignon. Eccellente esecuzione, lungo l’applauso. La regia annuncia il CORO BISMANTOVA di Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia), direttore Giovanni Baroni. Il gruppo si è costituito nel 1975, ha tenuto concerti in Italia ed all’estero. Divisa in tinta cuoio. Esegue “Alla regina dei monti”, di L. Valcavi e poi un famoso canto tradizionale “Maremma amara”, con armonizzazione di C. Malcapì. Una buona prova, applausi. Viene quindi chiamato ad esibirsi la CORALE MATER DIVINAE GRATIAE di Nicolosi (Catania), diretto da Antonio Sciuto. Coro misto, costituito nel 1984. Divisa scura, donne con sciarpa color prugna. Esegue due brani della tradizione popolare siciliana: “La pampina de l’alivu”, elaborazione Modaro-Franco-Sciuto, e “Ciuri Ciuri”, elaborato da G. Finocchiaro. Una buona esecuzione, applausi. La regia chiama poi alla prova il CORO CAI di Roma, direttore Pier Paolo Cascioli. Divisa rosso porpora per uomini e donne. Il gruppo è nato nel 1982 tra i soci della sezione romana del Club Alpino Italiano. Presenta un brano popolare “Stornellata romana” e “Montagne addio”, entrambe con l’armonizzazione di L. Pietropoli. Una buona prova, in casa, per il Coro romano. Applausi. E’ la volta del CORO MINIMO BELLUNESE, diretto da don Gemo Bianchi. Il gruppo veneto vanta una lunga storia, iniziata nel 1961. Oltre 40 le tournée in Europa. Divisa marrone. Esegue due brani tradizionali di montagna: “A la matina” e “Tone le ciaore”, con elaborazione di L. Pietropoli. Ottima performance, calorosi applausi.
E’ il turno del CORO MONTE CERVINO ANA della Valle d’Aosta. Gruppo di tradizione alpina, costituito nel 2004, distintosi anche nel campo della solidarietà e dell’impegno sociale. Divisa bianca e cappello alpino. E’ diretto dal maestro Adolfo D’Aquino. Esegue “Su in montagna”, armonizzata da A. D’Aquino e “Montagnes Valdotaines”, con armonizzazione di G. Cerruti. Buona esecuzione, applausi. Viene quindi annunciato dalla regia il CORO DI NUORO, direttore Gian Paolo Mele. Gruppo di quasi sessanta elementi in costume tradizionale dai colori bianco rosso e nero, canta in lingua sarda a quattro voci pari e voce solista. Ha tenuto tournée in Canada e Stati Uniti. Esegue “Su Castanzeri” (il Castagnaro) e “Duru duru”, due brani tradizionali armonizzati da G.P. Mele. Ottima l’esecuzione, bello il contesto scenico reso della vivacità dei costumi. Applausi. Viene chiamato a cantare il CORO DELLA PORTELLA dell’Aquila, diretto dal maestro Vincenzo Vivio. Divisa verde scuro. Il gruppo, tra i più quotati in Italia nel settore del canto di montagna, ha scelto due brani: uno della tradizione alpina “La canzone del Piave” di E. A. Mario, appropriato nella ricorrenza del 90° della vittoria, l’altro un canto popolare risalente al Seicento, “A Barisciane”, recuperato dalla tradizione orale ed armonizzato dal musicista Teo Usuelli. Eccellente l’esecuzione, calorosi applausi. Viene chiamato infine il CORO GENZIANELLA di Roncogno (Trento), diretto dal maestro Andrea Fuoli. Il Gruppo, molto qualificato, vanta quasi mezzo secolo di attività. Reca una divisa con camicia a quadri rossa, dal tono molto acceso. Il Coro propone “Preghiera trentina”, armonizzata da F. Mingozzi, e “Le carrozze”, con armonizzazione di R. Dionisi. Esecuzione convincente, lunghi applausi. La bella festa del canto di montagna, in questo Concerto di Natale 2008 da Montecitorio, sta per concludersi. Non prima, però, secondo una consueta tradizione che da sempre osservano i Cori di Montagna, di cantare tutti insieme il classico “inno alla montagna” ed ai suoi valori, ossia “La Montanara”, il canto di T. Ortelli con armonizzazione di L. Pigarelli.
Viene chiamato don Bruno Pontalto a dirigere tutti i cori, in piedi negli scranni assegnati in Aula. Si alzano il Presidente Fini e tutte le Autorità, si alza tutto il pubblico. Tutti cantano le note della “Montanara”, a qualcuno brillano gli occhi. Tutti si commuovono per la storia di “Soreghina, la figlia del sol”. Applausi calorosi e prolungati da destra, dal centro e da sinistra nell’Aula. E’ un modo bello, semplice e genuino di mandare a tutti gli italiani, in Italia e nel mondo, l’augurio di Buon Natale, sia con il cuore che attraverso le reti televisive, in diretta o in differita. E di sentirci un’unica, grande famiglia nazionale. Insomma, la Coralità italiana di Montagna ha nuovamente regalato al Paese una bella sensazione. Che effetto vederli cantare ciascuno il suo repertorio e poi tutti i Cori insieme. Che messaggio di serietà composta, e insieme di gioia, la loro esibizione in concerto. Davvero un bel segnale.
Infine, da abruzzese, non posso non segnalare la gagliarda prova del CORO DELLA PORTELLA. Il gruppo si è formato per iniziativa di una trentina di cantori uniti dalla comune passione per il canto di montagna, sotto la guida di Vincenzo Vivio, architetto e docente di storia dell’arte, musicista autodidatta, che già aveva costituito e diretto, ufficiale di complemento, il coro della Scuola Alpina di Aosta, poi il coro del Battaglione Alpini “L’Aquila”, prima di fondare il CORO DELLA PORTELLA. Nel corso della sua attività il CORO DELLA PORTELLA ha raccolto crescenti consensi di pubblico e di critica, affermandosi come uno dei migliori complessi maschili italiani di canto alpino e regionale. La ricerca, lo studio e la diffusione del canto popolare italiano, abruzzese in particolare, costituiscono il campo prevalente d’interesse del complesso vocale, che si avvale della collaborazione di insigni musicisti e compositori. Va inoltre annotato il valore culturale della ricerca che il Coro da anni conduce nel recupero di canti popolari tramandati dalla tradizione orale, i quali andrebbero dispersi se non fossero trascritti ed armonizzati, come esso ha fatto salvando melodie antiche di secoli. Il CORO DELLA PORTELLA si è distinto per l'organizzazione di numerose rassegne musicali nazionali, tendenti a favorire l'incontro tra la migliore coralità italiana. Ha inciso tre CD e pubblicato, nel 2005, il volume “Belle Rose”, raccolta di canti popolari italiani armonizzati dal noto compositore Teo Usuelli. Infine una notazione sulla “Portella”, che è un monte ed un valico del Gran Sasso d’Italia. Vuole indicare una meta da raggiungere, ma anche un tramite fra popoli diversi.
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