Abolire le Province, ingrandire i Comuni

In passato ho avuto delle riserve sulle proposte di abolizione delle Province. Io stesso sono stato dal 1995 al 1998 Presidente di una provincia di grandi dimensioni come quella di Verona ed ho ritenuto importante il ruolo di coordinamento che essa poteva svolgere in sede locale con riferimento ai piccoli Comuni, che sono la stragrande maggioranza dei comuni italiani (5740 su 8101 hanno meno di 5000 abitanti).
La previsione di una legge, ormai prossima, sul federalismo fiscale impone di guardare con occhio diverso ad una revisione completa dei livelli istituzionali esistenti nel nostro Paese. Oggi esistono almeno 9 livelli riconosciuti dalla Costituzione o da leggi ordinarie. Stato, Regioni, Province, Comuni, Unioni tra comuni, Comunità montane, Consorzi di bonifica, Bacini imbriferi montani, Circoscrizioni. Alcuni tra essi alimentano le loro entrate in modo diretto e coattivo (in virtù di leggi ordinarie) e sono lo Stato (imposte sul reddito, Iva, registro, ecc.), le Regioni (quote di imposte statali, addizionali, tasse automobilistiche, ecc.), le Province (quote di imposte statali, imposta trascrizione autoveicoli, addizionale energia, ecc.), i Comuni (quote di imposte statali, addizionali, Ici, ecc.), le Comunità montane (trasferimenti statali), i Consorzi di bonifica (contributi obbligatori), i Bacini imbriferi montani (addizionale energia). Altri le alimentano in modo indiretto come le Unioni tra comuni (dai comuni che ne fanno parte) e le circoscrizioni (dai comuni che li contengono). Tutte questi livelli hanno sistemi di governo eletti (Stato, Regioni, Province, Comuni e Circoscrizioni) o nominati. Consorzi di bonifica e Bacini Imbriferi Montani hanno consigli di amministrazione e Presidenti (di nomina sostanzialmente politica). Tutti hanno strutture di supporto ai sistemi di governo, fatte di dirigenti e impiegati, automobili di servizio. Tutti assegnano incarichi di consulenza, non sempre reali, e contribuiscono così al mantenimento di un numero imprecisato di persone (si parla di 500 mila) che “vivono” di politica. In una situazione come questa è evidente che nel quadro di un federalismo fiscale “vero” tutti questi livelli sono incompatibili. La Corte dei Conti in un rapporto sulla proposta di legge sul federalismo fiscale ha già messo sull’avviso che con tanti centri di spesa autonomi si potrebbe registrare alla fine una esplosione della spesa pubblica, anziché una sua riduzione. Dando per scontata la soppressione di Comunità Montane, Bacini Imbriferi Montani ed il trasferimento delle loro competenze alle Regioni (con risparmi di costi della politica di qualche centinaia di milioni di euro) e dando per necessari il venir meno delle circoscrizioni e dei “costi politici” delle Unioni tra Comuni (per un ulteriore risparmio ancora di qualche decina di milioni di euro) resta la questione “Province e Comuni”. La mia proposta è di abolire le prime e ingrandire i secondi. Una valutazione seria e ponderata permette di calcolare in circa 1-2 miliardi di euro i “costi politici” delle Province. I Comuni sono la più antica istituzione italiana, quella più vicina ai cittadini e non è possibile pensare di sopprimerla. La mia proposta è che dunque resti il consiglio comunale ed il sindaco, ma che tutti i servizi comunali siano affidati ad una Unione tra Comuni (senza alcun costo aggiuntivo a carico dei Comuni) in modo da raggiungere una soglia minima di 20-25 mila cittadini amministrati. Si avrebbero così circa 450 centri di spesa rispetto ai quasi 6000 di oggi. Oggi anche il più piccolo dei comuni ha un servizio demografico, un servizio tecnico, un servizio di contabilità, un servizio di assistenza sociale, un servizio di polizia comunale, un servizio elettorale e così via. Con questa riforma tutti questi servizi dovranno essere affidati obbligatoriamente all’Unione tra Comuni, alla quale sarà trasferito tutto il personale. Ciò permetterà sensibili riduzioni dei costi, a mio giudizio almeno del 20% di quelli attuali. Poiché attualmente i comuni con meno di 5000 abitanti spendono per il personale circa 2,5 miliardi di euro non è impossibile conseguire un risparmio di almeno 500 milioni di euro. In totale stiamo parlando di circa 3 miliardi di euro.

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