di Carlo Mochi Sismondi
E’ una “riforma epocale”, come dice Brunetta, o un provvedimento sbagliato che abbandona la contrattualizzazione, come dice la CGIL? E’ una vittoria della responsabilità bipartisan sulla PA, come l’astensione del PD porterebbe a credere, o invece si prepara una battaglia parlamentare in Aula? Vediamo di fare un po’ di chiarezza su questo provvedimento legislativo di grande rilevanza per tutto il comparto pubblico e di darvi tutti i documenti disponibili in modo che ognuno possa farsi la sua idea…e anche io non mi esimerò dal dirvi la mia.
Non vi propongo un viaggio brevissimo, né cibo premasticato: ma credo che tutti noi che ci occupiamo di PA o perché ci lavoriamo dentro o perché, come me, abbiamo speso una vita a trattarne, dovremmo prenderci l’impegno di non fidarci dei sunti più o meno interessati e, almeno dove le cose sono così importanti, sarebbe bene che ci facessimo le nostre idee da soli.
Su Saperi PA gli articoli che parlano della “riforma Brunetta”Il disegno di legge delega di cui stiamo parlando, quello che i giornali hanno chiamato “antifannulloni”, si chiama in effetti Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico ed è parte integrante della strategia del Governo per la riforma della PA, così come annunciata dal Ministro Brunetta già a giugno presentando il suo “piano industriale”. Si tratta di una legge delega e, quindi, da essa scaturiranno entro nove mesi dei decreti delegati attuativi che saranno trasmessi per un parere non vincolante alle commissioni parlamentari e alla Conferenza Unificata prima di diventare leggi. Il disegno di legge prevede poi, molto opportunamente a mio parere, altri due anni di tempo per modificare i decreti sulla base della prima esperienza e dell’impatto da essi avuto.
Ma ecco i documenti che vi consiglio:
dapprima vi suggerirei di leggere le slides con cui Brunetta lo ha presentato, ancora nel giugno scorso, quando fu approvato dal Consiglio dei Ministri.
Poi leggerei il testo del disegno di legge così come è uscito dalla commissione affari costituzionali del Senato con a fronte il testo originale: non è facilissimo tenere le fila delle modifiche, ma è estremamente illuminante verificare di persona quanto sia cambiato (a mio parere decisamente in meglio) il testo e quali sono stati i principi su cui si sono basate le modifiche.
Successivamente potete andarci a guardare ancor meglio dentro leggendo il testo così come lo propone sul suo sito Pietro Ichino (che ora è senatore di minoranza del PD), che evidenzia in rosso e in verde la provenienza delle modifiche (governo o opposizione) mettendo ancor più in luce il lavoro cooperativo che ha svolto la commissione.
Il decreto, come ampiamente comunicato dai giornali, è stato approvato in commissione con il voto favorevole su tutti gli articoli anche del PD e con l’astensione della minoranza sull’intero disegno di legge. Questo sostanziale accordo ha suscitato, come era logico pensare, commenti molto diversi. Leggete, ad esempio, quello che scrive Linda Lanzillotta del PD a tal proposito, rivendicando le modifiche sostanziali apportate al documento iniziale. Dice l’ex Ministro del Governo Prodi: «del testo originario è rimasto poco o nulla: forse per la prima volta dall’inizio della legislatura si è svolto infatti, in parlamento, un confronto vero sul merito delle questioni». Le risponde lo stesso Brunetta confermando, per così dire la paternità del disegno di legge e la sua sostanziale conformità alle linee guida del Governo.
Questo accordo di massima, seppure vigile come sottolinea l’opposizione in vista di future battaglie sui decreti delegati, ha suscitato commenti molto critici della CGIL che con due dirigenti di prima fila denuncia le gravi pecche del provvedimento soprattutto in termini di diritti sindacali. Michele Gentile, responsabile dei Settori pubblici della CGIL lo stigmatizza così: «Il cosiddetto provvedimento 'antifannulloni' segna il reale abbandono della contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel lavoro pubblico, nelle modalita' e nei contenuti con i quali Massimo D'Antona la aveva costruita». Mentre Carlo Podda, sempre della CGIL, mette in evidenza il costo che avrà l’Autorità indipendente per la valutazione che il ddl prevede, denunciando anche i presunti alti stipendi che i componenti di tale organismo prenderebbero.
Ma la componente del PD che ha appoggiato il processo riformista non ci sta e Pietro Ichino risponde così: «Carlo Podda ha sostenuto che il disegno di legge su valutazione e trasparenza nelle amministrazioni, approvato dalla Commissioni Affari Costituzionali del Senato la settimana scorsa, costituirebbe un netto arretramento rispetto al regime di “contrattualizzazione” del lavoro in questo settore, introdotto dalle riforme Cassese e Bassanini degli anni ’90. Podda, però, non indica un solo punto di quel testo legislativo a sostegno della propria affermazione. Non può indicarlo, perché non c’è. Il vecchio testo dell’articolo 2 del disegno di legge del Governo (che davvero avrebbe giustificato la protesta di Podda) è interamente scomparso, mentre è stato accolto dalla Commissione l’emendamento del Pd che recita testualmente: “resta fermo che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro”. Allo stesso modo, sono interamente frutto delle proposte del Pd accolte dalla Commissione (e non previste nel testo originario del disegno di legge del Governo): l’indipendenza dell’Agenzia per la valutazione e la trasparenza nelle amministrazioni, il cui vertice dovrà essere nominato con il consenso dei due terzi del Parlamento; il principio del benchmarking comparativo tra amministrazioni omologhe; il principio della trasparenza totale delle operazioni di valutazione e misurazione: un principio di portata davvero rilevantissima, che consentirà a chiunque di conoscere immediatamente non soltanto gli indici di andamento gestionale elaborati da ciascun organo di valutazione, ma anche i dati su cui esso opererà. Ciò consentirà a sindacati, associazioni degli utenti, ricercatori universitari e chiunque altro non soltanto di controllare i dati stessi, ma anche di costruire su di essi valutazioni basate su criteri e metodi diversi rispetto a quelli del valutatore interno all’amministrazione».
Ho voluto proporvi una citazione un po’ più corposa di questo articolo di Ichino perché descrive dettagliatamente molti punti importanti del provvedimento. E sono quelli su cui l’accordo delle parti politiche è assodato.
Un ultimo articolo, molto interessante perché veramente bipartisan, scritto insieme da Pietro Ichino senatore del PD e Maurizio Castro senatore del PDL, dice chiaramente la sua sul punto, invero un po’ demagogico, del costo della suddetta Autorità. Dicono tra l’altro i due autori: «Stante il ruolo delicato e difficile che si attribuisce all'Agenzia, la commissione ha ritenuto poco realistico pensare che tale ruolo possa essere svolto in modo efficace da persone che, non essendo retribuite, vi si potrebbero dedicare soltanto saltuariamente, nei ritagli di tempo: nei Paesi dove queste funzioni sono svolte in modo efficace, i responsabili della valutazione lavorano a tempo pieno e sono per questo congruamente retribuiti. La maggioranza ha convenuto con l'opposizione che gioverebbe molto all’incisività dell'operato dell'agenzia il fatto che a dirigerla siano chiamate anche persone che abbiano svolto negli anni passati la stessa funzione nelle audit commissions dei Paesi dove la valutazione indipendente è sperimentata da decenni, dove dunque si è accumulato un notevole know-how in questa materia».
E veniamo, se avete ancora un po’ di pazienza, al mio parere. Io credo che si sia fatto in effetti un grande passo in avanti e sostengo con forza i principi guida del provvedimento. Sono e sarò attento e cauto nel vedere come questi si incarneranno del decreti delegati. Non vorrei che gli attacchi controriformistici siano appena iniziati.
Cosa mi piace del disegno di legge:
la chiarezza, per ora dichiarata, con cui si propone di distinguere cosa, nel pubblico impiego e nell’organizzazione delle amministrazioni, va contrattato e cosa deve essere fissato dalla legge. Non è un punto da poco: nel memorandum di Nicolais, infatti, si faceva, a mio personale giudizio per altro espresso anche allora, molta confusione. Misurazione, valutazione, organizzazione degli uffici, incarichi ai dirigenti non possono essere oggetto di cogestione con i sindacati. Il perché è sotto gli occhi di tutti;
l’importanza data alla trasparenza, alla comunicazione ai cittadini, al ruolo della cittadinanza organizzata nel valutare la qualità dei servizi, ossia quelli che si chiamano outcome, in altre parole il valore che la PA ci restituisce in cambio delle nostre tasse;
l’obbligo imposto alle amministrazioni di confrontarsi e di auto collocarsi nel panorama delle altre amministrazioni omologhe, anche per quanto attiene alla virtuosità delle proprie spese;
l’indipendenza dell’Autorità per la valutazione, organismo su cui per altro c’è ancora molto da lavorare, che sugge all’ipotesi di essere un ornamento della Funzione Pubblica e torna ad essere un organismo autonomo e “terzo”. E se costa qualcosa di più sono d’accordo con Castro e Ichino: saranno soldi ben spesi!
la maggiore autonomia e responsabilità della dirigenza che esce dai vari commi dell’art.4 con la grande enfasi sulla necessità di migliori direttive da parte dei vertici politici che fissino obiettivi chiari e misurabili. Se vi andate a rileggere quanto è emerso dai dirigenti apicali nel nostro seminario di castello Orsini dello scorso ottobre, vi renderete conto che si va sulla stessa strada invocata dalla parte migliore della dirigenza;
l’internazionalizzazione della dirigenza di prima fascia con un periodo di servizio e di studio da prestare presso un’altra amministrazione dell’Unione europea o di uno degli stati dell’Unione;
infine, e so di alzare un vespaio e quindi aspetto vostri commenti anche contrari, mi è piaciuto il coraggio con cui si prova a metter mano alla Corte dei Conti o almeno alla sua Governance. Sono anni che vedo la parte migliore della PA scuotere la testa ogni volta che si parla dei controlli della Corte e della sua politica arroccata: forse aprire qualche finestra e far entrare un po’ d’aria nuova non è male.
Di fronte ad un giudizio in complesso positivo, c’è anche qualche cosa che non mi piace nel ddl.
Non mi piace ad esempio:
la vaghezza che resta su cosa non va contrattato con il sindacato, vaghezza che deriva dalla soppressione del punto b) del comma 2 dell’art. 2 del ddl dove si faceva, invece, un elenco preciso di cosa sarebbe rimasto di competenza della normativa e dell’organizzazione;
la collocazione non definita dell’Autorità che sarà istituita “nell’ambito del riordino dell’ARAN”. Non capisco che vuol dire e perché non pensare ad un’autorità del tutto indipendente dal Governo e dai suoi dipartimenti;
l’enfasi, a mio parere eccessiva e impropria, in una legge d’indirizzo come una legge delega, sulla lotta all’assenteismo. Ribadisco, come più volte ho scritto, che è necessario ripristinare regole certe, ma che “ben altri” sono i temi chiave dell’efficienza e dell’efficacia del lavoro pubblico;
il ruolo attribuito al CNEL, che mi pare un contentino alla mancata collocazione al suo interno, come più volte si era progettato, della famosa autorità. In effetti, fatti salvi valore e compiti costituzionali del CNEL, di un ulteriore attore nella commedia non mi pare si sentisse la necessità.
E voi che ne pensate?