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Dobbiamo resistere. Uniti

di Padre Giorgio – Sacramentino di Caserta

Questa sera è una di quelle sere (me ne capitano tante purtroppo) nelle quali a fine giornata chiudo gli occhi con un profondo senso di impotenza, di amarezza e di rabbia. Quello che è successo ieri mattina all’alba a Castelvolturno sembra distruggere dentro di me ogni volontà di lottare: sembra che la cattiveria, l’ignoranza e la pazzia stiano contaminando tutto; e tutti assistiamo quasi inermi a questo clima sempre più razzista e profondamente intriso di egoismo. Sento risuonare forte il passo evangelico sulla bocca di tanti fratelli immigrati: “ero forestiero…non mi avete ospitato…Maledetti!”.
Questa mattina, facendo scorrere la lista dei nomi dei richiedenti asilo politico, giunti al centro proprio in questi ultimi mesi, ho fermato gli occhi su David e Collins perché mi ero segnato: “vive a Castelvolturno/American Palace”. Ho preso il telefono e ho provato a chiamarli.
David era su una macchina della polizia, lo stavano portando a un Centro d’identificazione a Bologna: è un richiedente asilo politico e sicuramente verrà rilasciato e potrà ritornare…dove? visto che la sua casa, il suo “palazzo” glielo hanno distrutto…distrutto per non trovarci…niente di quello che stavano cercando! David mi chiede: “Father, why?” “Papà, perché?. Passo il telefono a Stephen, un po’ perché possano meglio intendersi, e un po’ perché la mia voce si rompe dentro la commozione.
Qualche minuto dopo chiamo Collins, anche lui richiedente asilo politico: mi risponde da Rosarno, dove è andato a lavorare nella campagna. Fortunato lui che non era a casa ma al lavoro; come tanti dell’American Palace, che alle 5.30 del mattino (l’orario dell’irruzione dei carabinieri) già si trovavano nelle piazze e nelle rotonde del casertano e del napoletano alla ricerca di una giornata di lavoro. Il lavoro…il lavoro…è questo quello che vogliono e tentano di fare ogni giorno questi fratelli: lavorare! e invece si trovano davanti opposizione e indifferenza. Ed ora per tutti quelli che verranno trovati senza un maledetto pezzo di carta che determina la loro regolarità in questo paese, che cosa gli succederà?
Che cosa gli succederà caro signor ministro? Io sono brianzolo, a mezz’ora di strada dalla città del ministro degli interni. Penso che la sua terra respiri da sempre lo stesso clima della mia, un clima fatto di laboriosità e intriso dei valori cristiani. In queste terre del nord, la vicinanza alla gente e la concretezza delle risposte ha permesso alla parte politica che lui rappresenta di fare fortuna; una vicinanza così vicina che ha assunto i toni dell’egoismo e della chiusura più sfrenata. Tanto che dalle mie parti è solita l’espressione che al tempo dei nostri nonni le case non avevano bisogno di catenacci perché non c’erano questi “stranieri”. Io sono convinto che i miei nonni risponderebbero che l’assenza dei catenacci non dipendeva dall’assenza dei forestieri, ma dal fatto che ieri i nostri nonni non dovevano difender i tanti, troppi beni che oggi noi abbiamo accumulato!
E a noi? A noi che abbiamo percorso mano nella mano tante volte le strade della nostra città insieme a questi fratelli per lottare per i loro diritti, per i nostri diritti? A noi spetta la responsabilità di rialzarci insieme. Di non fare silenzio. Dobbiamo resistere. Uniti. Capaci di gesti di profonda solidarietà. A me stanno venendo alla mente idee sorprendenti e non violente che possono smascherare l’ipocrisia dei potenti… ma c’è bisogno di coraggio, di osare, per disarmare la violenza delle loro menzogne. Solo così è possibile risentire quel passo del vangelo sulle labbra dei miei fratelli e amici, questa volta pieno di speranza: “Ero forestiero…mi avete accolto…Benedetti!” (ildialogo.org)

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