di Antonio Di Giovanni
Che fatica per il supereroe buono ‘Walterman’: non ha più nemmeno il tempo per organizzare un concerto gratuito per i suoi elettori. Al Circo Massimo, la gente è accorsa per ammirare i suoi ‘superpoteri’ mediatici e oratori. Ma probabilmente è rimasta delusa dalla demagogia e dalla vacuità delle sue affermazioni. Nessuna proposta: solo un semplice e ripetitivo ‘antiberlusconismo’. Il diritto a manifestare è sacrosanto, ma c’é da arrossire di vergogna a guardare certe scene di genitori che hanno quasi militarizzato i propri figli per farli sfilare bardati di striscioni. E gli studenti esagitati truccati da ribelli dell’ultimo minuto che salgono sui banchi come fossero barricate. Scioperi, cortei, megafoni e tanta ‘cagnara’: è la solita ‘carne da cannone’ che viene macellata in nome di un approccio ancora una volta ideologico da parte della militanza ‘neodemocratica’. Ma in quale altro Paese si vedono insegnanti che fino al giorno prima snobbavano i propri alunni, rei di appartenere ad una generazioni di ‘bulli’ e di ignoranti, andarci il giorno dopo a braccetto per tenere loro velenose lezioni e ricordargli l’odore delle bandiere e dei lacrimogeni? E’ proprio vero: quei ‘rottami’ del ‘68 che non sono finiti in carcere o che non sono stati eletti in parlamento sono finiti dietro ad una cattedra a difendere il proprio potere e predicare l’odio di classe. E questo ‘Walterman’ lo sa: sa che la scuola è la rotella principale dell'ingranaggio di ‘indottrinamento’ della sinistra. E sa che, quindi, va fomentata alla rivolta, pur non essendoci valide motivazioni. Lui sa che è in questo momento, in mezzo a queste rovine sociali, che bisogna piantare i semi della contestazione per tornare ad essere considerato un vero leader. Ma vediamole più da vicino queste nostre scuole, questi luoghi in cui una certa Cgil si è battuta per garantire nuovi posti di lavoro inventandosi ruoli e figure: docenti di materie improbabili, personale Ata (collaboratori e bidelli) assunti non si sa come, appalti per le pulizie. Di tutto, insomma, pur di far fronte a un decremento demografico nazionale. Perché l’equazione, se la matematica non è un opinione, in questo caso è molto semplice: meno nascite uguale meno bambini. E allora c’è qualcosa che non va in tutto il sistema, un ambiente in cui una certa Chiesa cattolica ha invaso la scuola di Stato con docenti di religione, pagati a spese nostre, che tutto insegnano fuorché la dottrina cattolica e che potrebbero essere sostituiti tranquillamente dall’insegnante di italiano, di storia o di filosofia. Oppure, di certi ‘baroni’ accademici che non si battono per difendere la propria autonomia didattica, ma per una gestione ‘autoreferenziale’ degli Atenei. Quegli stessi ‘baroni’, spesso inavvicinabili dagli studenti, se non addirittura irreperibili, luminari scesi nelle piazze a tenere lezioni e comizi per offrire una sponda alle contestazioni studentesche contro il decreto n. 137/08. Con buoni risultati, evidentemente, visto che nella trappola di chi vuole mantenere inalterato il clima di uniformità che domina il mondo accademico italiano sono ‘caduti in pieno’ gli studenti, cioè i principalisoggetti realmente penalizzati dallo stato attuale delle università, alle quali pagano tasse in cambio di una Laurea troppo spesso priva di sbocchi occupazionali. E’ una protesta in gran parte preparata ‘a tavolino’, sostenuta da un rete trasversale conservatrice composta da Rettori di sinistra, ‘caste baronali’ e sindacati. Si combatte una grande battaglia, si manifesta in nome “dell’autonomia delle scuole e dell’università”, che però potrebbe essere ampliata proprio grazie a questa norma. L’autonomia scolastica, infatti, rappresenta un principio interpretato, fino ad ora, in maniera fuorviante da molte scuole e da molti atenei, i quali l’hanno semplicemente tradotta nella possibilità di utilizzare a proprio piacimento i finanziamenti destinati alle assunzioni e per istituire progetti e corsi di Laurea inutili, talora in sedi decentrate o irraggiungibili per gli studenti. Per non parlare di un certo uso ‘disinvolto’ dei sistemi di reclutamento e di promozione. Autonomia significa soprattutto confronto, una parola assente nel nostro sistema scolastico e universitario, dove si registrano le sostanziali assenze di qualunque meccanismo concorrenziale che premi le scuole e gli Atenei capaci di rispondere adeguatamente alla domanda proveniente dagli studenti e dalle loro famiglie. Autonomia significa responsabilità, ovvero il coraggio di inserire ed applicare senza distorsioni regole diverse da quelle attuali, al fine di porre lo studente – e non più l’istituzione scolastica – al centro del finanziamento statale. (Laici.it)