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Vigilanza Rai e democrazia.

Può essere ammesso un diritto di veto della minoranza in un’assemblea elettiva?
Quel che è avvenuto ieri (13.11.2008) alla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai è emblematico di un modo anomalo di concepire i rapporti tra maggioranza e opposizione in Italia e persino del modo d’intendere la democrazia. I fatti sono noti. Contrariamente a una presunta prassi consolidata che lasciava all’opposizione parlamentare l’indicazione del presidente della commissione di garanzia, la maggioranza si è vista costretta, a suo dire, ad eleggere un’altra personalità, diversa da quella indicata dall’opposizione pur appartenendo a quest’area. Occorre anche dire che da mesi la maggioranza rifiutava sistematicamente di votare il candidato unico indicato dall’opposizione e chiedeva una rosa di nomi.
Per sbloccare la situazione, persino gli stessi leader dell’opposizione Walter Veltroni (PD) e Pier Ferdinando Casini (UDC) avevano invitato timidamente la terza forza d’opposizione Di Pietro (IdV) a presentare altri possibili candidati. Ma di fronte all’irrigidimento di quest’ultimo i primi due si sono ben guardati dall’insistere.
Personalmente, da un osservatorio, che non è quello italiano ma quello svizzero, trovo quanto è successo emblematico di un modo di far politica irrispettoso delle regole della democrazia. E’ vero infatti che in una società ordinata il controllato non può scegliersi il controllore tra i propri ranghi, ma è anche essenziale alla democrazia che un’assemblea sovrana possa effettivamente scegliere tra i ranghi dell’opposizione il proprio presidente. Se questa possibilità non fosse data non ci sarebbe bisogno di alcuna elezione e il potere dell’assemblea sarebbe nullo. Il potere della minoranza di indicare si trasformerebbe in potere di eleggere e di decidere e questo stravolgerebbe qualsiasi regola democratica.
Mi stupiscono pertanto le reazioni della sinistra, non tanto quella di Di Pietro, da tempo ormai partito con la lancia in resta contro il Cavalier Berlusconi, quanto quella di Veltroni, al di là della comprensibile irritazione per un’elezione non voluta. A suo dire, infatti, «si tratta di una cosa inimmaginabile e mai vista prima nella storia delle istituzioni parlamentari. E' una cosa che avviene nei regimi e non nelle democrazie». Veltroni si sbaglia. In nessuna assemblea elettiva è ammesso il diritto di veto della minoranza sulla maggioranza. Ciò che è avvenuto in Italia non avviene nei regimi, ma nelle democrazie. Mi permetto ricordare ai lettori un esempio clamoroso avvenuto nel dicembre dell’anno scorso in Svizzera, Paese in cui la democrazia ha radici ben più profonde di quelle italiane.
Da decenni la Svizzera elegge il proprio esecutivo di sette membri (Consigliere federali) secondo una consuetudine che assegna ai maggiori partiti due membri. In base a questa regola non scritta ma accettata da tutti, il partito di destra Unione democratica di centro (UDC) pretendeva che fosse riconfermato il Consigliere uscente Christoph Blocher, pur non essendo gradito alla maggioranza. L’UDC si rifiutò di presentare come insistentemente richiesto una rosa di candidati per lasciare al Parlamento il diritto di scelta, ma non volle sentir ragioni. Ebbene, l’Assemblea sovrana s’incaricò essa stessa di trovare un’altra personalità, rispettandone l’appartenenza al partito di Blocher ma non la pretesa arrogante del candidato unico. Fu eletta la consigliere federale Eveline Widmer-Schlumpf, anche se per ripicca venne successivamente espulsa dal partito UDC. Quell’elezione venne vista dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica come una vittoria della democrazia sull’arroganza. Si parlò invece di regime per segnalare la ripicca del partito contro l’eletta.
Il dispiacere di non veder eletto il proprio candidato è comprensibile, ma è ingiustificato gridare allo scandalo e soprattutto alla mancanza di democrazia. Mi auguro pertanto che il Partito democratico di Veltroni sia così democratico da accettare l’elezione avvenuta e non costringa l’eletto Villari alle dimissioni. Diversamente, tra il partito di sinistra di Veltroni e il partito nazionalista di destra di Blocher non vedrei, almeno al riguardo, differenza alcuna.
Giovanni Longu
Berna, 14.11.2008

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