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I barbari e la malapianta della xenofobia

La notizia è fresca. Non suscita meraviglia, fa inorridire. Ed è una “barbarie”, nel senso che tra poco dirò.
La pattuglia, purtroppo non sparuta, della Lega al Senato ci sta provando. Una sola cosa a loro merito: che ci mettono la faccia, non si nascondono. Ce l’hanno con gli immigrati, hanno paura del diverso, non ne vogliono sapere più. Stanno presentando al vaglio dell’aula parlamentare (ma si fa solo per dire, dato che hanno la maggioranza blindata) emendamenti che solo eufemisticamente potremmo chiamare xenofobi e razzisti. Dal blocco dei flussi migratori per due anni, al pagamento delle prestazioni sanitarie anche in regime di pronto soccorso (come dire che a un immigrato clandestino prima qualcuno gli spacca la faccia poi lo manda all’ospedale a curarsi a pagamento), all’obbligo per i medici di segnalare gli irregolari. E qui, almeno qui, la Lega non avrà soddisfazione dato che il codice deontologico dei medici e prima ancora il Giuramento di Ippocrate impedisce ad un medico di “denunciare” chiunque si rivolge a loro in stato di necessità di attenzione medica.
Il riferimento alla “barbarie” non è casuale. Già i greci usavano la parola barbaro non solo con una valenza onomatopeica, ad indicare una sorta di balbuzie e un parlare rozzo, ma soprattutto per indicare colui che è nato in un paese dove le leggi e i costumi non sono civili. E chi sarebbero i barbari? Gli immigrati? Nemmeno per idea. I Romani non ci misero molto ad indicare come “barbari” i popoli del nord che in ondate successive invasero il nostro paese. I barbari, quindi, non erano gli immigrati, ma gli invasori.
Visto che proprio le terre padane sono state le prime ad essere invase, è forse lecito domandarsi se da quelle parti non si sia sedimentata una certa confusione, della quale si alimenta la malapianta della xenofobia.

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