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Finanziaria 2009 — Alla ricerca di visibilità 

di Maria Bernasconi

Il bilancio della Finanziaria 2009 prevede di stanziare per le politiche in favore dei nostri connazionali nel mondo una somma totale che non supera i 32 milioni di euro. Ricordiamo che solo per i corsi di lingua e cultura italiana erano stati stanziati, nella passata finanziaria, 34 milioni di euro e che per l’assistenza furono erogati ben 29 milioni di euro.
Ebbene, di fronte alla “catastrofe annunciata”, come qualcuno l’ha definita, ciò che preoccupa è il “marasma” generale che si sta, sempre più, delineando. I parlamentari dell’opposizione inviano migliaia di comunicati stampa alle varie agenzie attraverso le quali fanno sapere che la situazione è inaccettabile; quelli della maggioranza, eccezion fatta per qualcuno, sono latitanti.
Nessuno di loro però ci dice, visto che i tagli sono ormai da tempo una certezza, cosa vogliono fare al concreto per trovare una ragionevole soluzione.
L’unica proposta fin qui avanzata, formulata dalla maggioranza e condivisa dall’opposizione: la creazione del famigerato fondo di 40 milioni di euro da “raccattare”, (come se i connazionali fuori dall’Italia fossero dei mendicanti), senza aumentare il capitolo di spesa destinata agli italiani all’estero e della qual proposta non si ha nessuna novità.
Dai rappresentanti politici, quelli che almeno hanno il coraggio di parlare di questa gravissima faccenda, ripetutamente giungono frasi quali: “il governo è miope – non riusciremo a garantire neanche il mantenimento allo stato minimale dei servizi resi ai connazionali – la situazione è drammatica”. Viene da chiedersi, prendendo per buone le loro asserzioni, ma perchè non minacciano seriamente di dimettersi? Come pensano di poter continuare a rappresentare una comunità che sarà ridotta allo sfacelo?
Ah già, dimenticavamo! Ce lo hanno detto negli anni passati: loro sono parlamentari italiani alla stessa stregua dei loro colleghi e quindi il loro compito è quello di occuparsi delle questioni importanti che affliggono l’Italia. Peccato che sono stati eletti non da quegli italiani che risiedono in Patria ma nelle circoscrizioni estere.
La frase ricorrente, per non ricordare quella, a dir poco infelice, espressa da un parlamentare della maggioranza, in questo periodo è: dobbiamo ribellarci e lo dobbiamo fare protestando e manifestando.
Certo, manifestare è un diritto previsto dalla Costituzione e, in alcuni casi, è anche opportuno ed efficace ma fine a se stesso, se niente di costruttivo e fattivo segue alle proteste, soprattutto quando un Governo ha già preso la sua decisione che, probabilmente, cela un disegno ben preciso e che va al di là del nostro sapere e che nessuno ci rivela.
E che dire di Comites (distribuiti in tutto il mondo) e C.G.I.E. che, anzichè prendere in seria considerazione l’ipotesi di sedersi ad un tavolo, insieme a coloro che strenuamente difendono, per attuare un piano operativo mirato ad arginare i danni, si adoperano con straordinaria enfasi e zelo ad organizzare manifestazioni di protesta davanti ai consolati, alle ambasciate, al Parlamento e magari anche davanti alla residenza del Presidente della Repubblica? Forse non sanno costoro che è tutto vano se non seguono atti concreti? Sarebbe una vera beffa per loro se le elezioni dei Comites fossero rinviate ad altra data: non gli sarebbe certo più possibile “cavalcare l’onda”!
Un atto di coerenza sarebbe, invece, quello di rinunciare, collettivamente, al loro mandato dando così veramente valore alla loro disapprovazione.
È davvero triste prendere coscienza del fatto che la verità su questo dramma (tale è da considerarsi ciò che sta avvenendo), è che ci stanno “marciando” in molti. La Finanziaria 2009 è per molti una passerella unica e irripetibile, l’occasione migliore per acquistare visibilità che, altrimenti, mai avrebbero avuto l’opportunità di ottenere.
È amareggiante pensare che, in fondo, i tagli in Finanziaria e le fatali conseguenze che si ripercuoteranno sui connazionali nel mondo, di fatto, interessano e preoccupano soltanto una ristretta cerchia di persone che svolgono il loro mandato per principi dettati esclusivamente da un profondo senso responsabilità e di coscienza professionale; prerogative essenziali per portare avanti la missione che hanno scelto, mentre, agli altri, non gliene importa niente!

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