In ricordo di Anna

di Andrea Giulia

In questi giorni si sono moltiplicate, a Roma e a Milano, grazie soprattutto al grande impegno dell’associazione culturale ‘Annaviva’, manifestazioni, incontri, convegni e dibattiti in ricordo di Anna Stepanovna Politkovskaja, una giornalista russa assassinata esattamente due anni fa all’interno dell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. Anna era molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i suoi reportage dalla Cecenia e per la sua opposizione al Presidente Putin. Nei suoi articoli per la ‘Novaja Gazeta’, un quotidiano di ispirazione liberale, ella condannava apertamente l’Esercito e il governo russo per lo scarso rispetto dimostrato verso i diritti civili, sia in Russia, sia in Cecenia. La sua morte, da molti considerata un omicidio operato da un killer professionista, ha prodotto una notevole mobilitazione nel mondo, affinché le circostanze di quell'assassinio vengano finalmente chiarite. Anna era nata il 30 agosto 1958 a New York, figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina che lavoravano alle Nazioni Unite. Studiò giornalismo all'Università di Mosca, dove si laureò nel 1980. La sua carriera iniziò nel 1982 presso il giornale moscovita ‘Izvestija’, che poi lasciò nel 1993. Dal 1994 al 1999 lavorò come cronista alla ‘Obscaja Gazeta’, oltre a collaborare con altre radio e televisioni libere. Nel 1998 si recò per la prima volta in Cecenia per intervistare Aslan Mashkadov, all’epoca neo-eletto Presidente della piccola Repubblica caucasica. A partire dal giugno 1999 e fino alla fine dei suoi giorni lavorò per la ‘Novaja Gazeta’. Nello stesso periodo, pubblicò alcuni libri fortemente critici su Vladimir Putin e sulla sua conduzione della guerra in Cecenia, Daghestan ed Inguscezia. Per il suo impegno era stata più volte minacciata di morte e, nel 2001, fu costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute intimidazioni ricevute via e – mail da Sergei Lapin, un ufficiale dell’Omon, la polizia del ministero degli Interni russo, da lei accusato di crimini contro la popolazione civile in Cecenia. Lapin venne arrestato per un breve periodo e poi rilasciato nel 2002. Il processo riprese nel 2003 per concludersi, dopo numerose interruzioni, nel 2005, con una condanna dell’ex poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti. In Cecenia, Anna si recava molto spesso, al fine di sostenere molte famiglie di vittime civili, per visitare ospedali e campi profughi e per intervistare sia militari russi, sia la popolazione stanziale. Nelle sue pubblicazioni non risparmiava critiche violente all’operato delle forze russe in Cecenia, dai numerosi abusi commessi sulla popolazione civile alle presunte connivenze degli ultimi due premier ceceni, Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan, entrambi sostenuti da Mosca. La Politkovskaja godeva di una notevole considerazione negli ambienti ceceni: il suo nome era spesso comparso fra i ‘negoziatori privilegiati’ dalla guerriglia, così come apparve fra le personalità più impegnate nelle trattative della crisi al Teatro Dubrovka. Nel 2003, pubblicò il suo terzo libro: ‘Cecenia, il disonore russo’, in cui denunziò una guerra brutale nella quale migliaia di cittadini innocenti sono torturati, rapiti o uccisi dalle autorità federali russe o dalle forze cecene. Durante la stesura del libro, la Politkovskaja si avvalse delle testimonianze anche di militari russi e della protezione di alcuni ufficiali durante i mesi più duri della guerra. Nel settembre 2004, mentre si stava recando a Beslan per la nota crisi degli ostaggi, venne improvvisamente colta da un malore perdendo conoscenza. E l’aereo sul quale viaggiava fu costretto a tornare indietro per permettere il suo immediato ricovero. All’epoca si suppose un tentativo di avvelenamento, ma la dinamica dell’accaduto non è mai stata chiarita. Nel dicembre del 2005, durante una conferenza di ‘Reporter senza frontiere’ sulla libertà di stampa denunciò al mondo: “Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato un’informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare”. In un saggio, pubblicato postumo nel 2007, ha scritto: “Io sono una reietta: è questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista. A Mosca, non mi invitano alle conferenze stampa, né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure, tutti i più alti funzionari accettano di incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti in cui non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti, che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci”. Nello stesso saggio, Anna affermò di non considerarsi “un magistrato inquirente”, bensì “una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo, dal momento che, in Russia, i servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico”. Anna è stata ritrovata morta il 7 ottobre 2006 nell’ascensore del suo palazzo a Mosca. La polizia ha rinvenuto una pistola e quattro bossoli accanto al cadavere. Uno dei proiettili ha sicuramente colpito Anna alla testa. La prima ‘pista’ seguita è stata quella dell’omicidio premeditato operato da un killer a pagamento, ma chi fosse il vero mandante di quell’omicidio ancora oggi non è dato sapere. L’8 ottobre, la polizia russa ha sequestrato il suo computer e tutto il materiale delle inchieste che stava portando a termine. Il 9 ottobre, l’editore della Novaja Gazeta, Dmitri Muratov, ha affermato che la Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov. Gli appunti, non ancora sequestrati, sono stati pubblicati il 9 ottobre stesso sulla ‘Novaja Gazeta’. I funerali di Anna si sono svolti il 10 ottobre, presso il cimitero ‘Troekurovskij’ di Mosca. Più di mille persone parteciparono alla cerimonia funebre, ma nessun rappresentante del governo russo fu presente. Questo brano è pertanto dedicato al suo coraggio e a tutti coloro che non conoscono i pericoli che si corrono ancora oggi, nel XXI secolo, nel cercare di descrivere la verità ed esprimere liberamente le proprie idee.(Laici.it)

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