Tra maggioranza e opposizione dialogo impossibile?

Gli scontri, non solo verbali, tra maggioranza e minoranza sono da mesi sotto gli occhi di tutti. Invano risuonano come voce nel deserto gli appelli del Capo dello Stato al dialogo. Qualunque richiesta dell’opposizione è respinta dalla maggioranza come irricevibile e ogni proposta della maggioranza e del governo risuona alle orecchie dell’opposizione come una provocazione e contraria agli interessi degli italiani.
Un esempio emblematico è quello offerto dalla discussione attorno alla cosiddetta “riforma Gelmini”. Esso è sintomatico di come la maggioranza intenda governare e di come l’opposizione cerchi di impedirlo. Poiché la maggioranza degli elettori ha dato fiducia a una parte politica e non alla parte avversa, i vincitori si credono in diritto e persino in dovere d’imporre la loro legge a colpi di maggioranza o di voti di fiducia. L’opposizione, non avendo i numeri per contrastare le proposte del governo nelle aule parlamentari, ricorre ad ogni altro mezzo possibile e legittimo per bloccarle sul nascere, organizzando il dissenso popolare, dichiarandole perverse e minacciandone il referendum abrogativo in caso di approvazione.
Mi sembra uno strano modo d’interpretare non solo il dialogo invocato dal Presidente della Repubblica, ma anche il ruolo della maggioranza e dell’opposizione. E’ vero infatti che è compito della maggioranza governare e guidare il Paese verso quell’obiettivo che tutti chiamano “bene comune”, ma proprio perché “comune”, dovrebbe essere condiviso dalla più ampia maggioranza possibile dei cittadini e dei loro rappresentanti. Per il governo, il dialogo con l’opposizione dovrebbe essere la via obbligata non solo per raggiungere attorno alle grandi riforme un’ampia base di consenso, ma anche la maggiore efficacia possibile dei provvedimenti adottati. Purtroppo, invece, il governo tenta spesso di prendere le scorciatoie, senza rendersi conto che quando il dissenso si allarga troppo l’azione del governo diventa inefficace o addirittura dannosa.
La via del dialogo dovrebbe essere tuttavia la strada maestra anche per l’opposizione, chiamata in una società democratica non ad opporsi comunque, a priori e con ogni mezzo, a qualunque proposta governativa, ma a dare il proprio contributo al raggiungimento del bene comune. Non necessariamente i governi e le loro maggioranze esprimono le migliori proposte, per cui sta anche alle opposizioni contribuire a migliorarle e persino a cambiarle, ma con metodi democratici e nei luoghi appropriati.
In realtà, in questi ultimi mesi, il dibattito politico italiano è diventato rovente e inconcludente. Tutti i tentativi di dialogo naufragano miseramente fin dalle prime battute, per cedere il posto ai tentativi di delegittimazione dell’altra parte, a insulti, minacce, ritorsioni, sotterfugi, falsità, propositi di vendetta, ecc. Trovo sconcertante, che nemmeno di fronte ai segni evidenti di un possibile declino del Paese, alle tante difficoltà di interi ceti sociali, a evidenti necessità di rimediare a innumerevoli disfunzioni, tra maggioranza e opposizione non si smetta di litigare e s’incominci davvero a trovare in tempi brevi giuste soluzioni.
Alla base del mancato dialogo non c’è probabilmente solo una diversa filosofia politica (quali ideali raggiungere e con quali mezzi), ma anche una grave mancanza di trasparenza, che finisce per generare sospetti e diffidenze. Di certe proposte del governo non sono ben chiare le finalità o non sono comunicate chiaramente. Così, per restare alla citata “riforma Gelmini”, non è affatto chiaro quanto ci sia di “riforma” della scuola e quanto di taglio della spesa pubblica. Perché non separare i problemi chiamandoli per nome e discuterli uno per volta?
La mancanza di trasparenza non riguarda però solo la maggioranza. Anche l’opposizione non fa meglio, quando tenta di organizzare il dissenso genericamente “contro il governo” o “contro i tagli”, senza entrare nel merito dei problemi e delle soluzioni proposte. Così, ad esempio, la “riforma Gelmini” è respinta in blocco senza discuterne il merito. Anzi, utilizzando argomenti, che con la scuola hanno ben poco a che fare. Non è infatti dicendo che non si tratta di una riforma ma solo di tagli che la scuola migliora o non possa migliorare.
Certo, non si può tagliare indiscriminatamente, ma non sarebbe nemmeno corretto e nell’interesse della scuola addossarle oneri impropri. Non si vede, ad esempio, perché la scuola dovrebbe servire per dare una sistemazione a un certo numero di precari se già dispone di un organico sufficiente. Quello dei precari è un problema che richiede altre soluzioni, da ricercare in altra sede. Come pure non dovrebbe essere compito della scuola risolvere il problema di quei genitori che dovendo andare entrambi a lavorare non possono accudire ai propri figli nel doposcuola.
E’ sulla natura della scuola che andava incentrata la discussione, sull’utilità o meno del maestro prevalente, sui voti, sulle prestazioni, sull’organizzazione per raggiungere gli obiettivi formativi, ecc. e non su altri problemi che pur essendo gravi non toccano la natura dell’insegnamento e la formazione dei bambini.
Probabilmente a molti lettori l’indagine internazionale “PISA” non dice molto, ma a chi ne conosce i risultati e mette in relazione quelli italiani con quelli di altri Paesi meno ricchi fanno venire la pelle d’oca e chi vive all’estero non trova argomenti per difenderli. I risultati dell’Italia sono tra i più scarsi dei Paesi dell’OCSE. Una seria discussione sulla scuola italiana non può prescindere da questi risultati e le soluzioni devono essere prese urgentemente, altrimenti ci si allontana sempre più dagli standard occidentali.
Infine, onestà vorrebbe che quando si parla di scuola, soprattutto di quella dell’obbligo, non si dimentichino gli interessati principali, i bambini e i ragazzi che la frequentano. Nella scuola essi devono trovare gli strumenti più adeguati per conoscere meglio le proprie attitudini, sviluppare al meglio le proprie capacità di apprendimento, imparare a orientarsi nel mondo. E’ nel loro interesse che le distinzioni tra maggioranza e minoranza dovrebbero stemperarsi e non c’è modo migliore per riuscirci che nel dialogo. Purtroppo oggi non c’è, sembra addirittura impossibile. La riforma dell’università sarà un altro banco di prova e se anche su questo tema non dovessero esserci confronto e soluzioni condivise sarebbe una prova certa dell’inadeguatezza dell’intera classe politica.
Giovanni Longu
Berna 3.11.2008

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy