Il nuovo partito nasce all’insegna della innovazione. L’innovazione è, si dice, un processo di implementazione in altre parole di sviluppo e realizzazione, l’applicazione pratica di un progetto metodologicamente impegnato in opere o servizi.
Innovare significa non solo smettere i panni vecchi ed indossarne di nuovi. E’ una forma mentis risolutiva se si vuole essere propositivi ed affrontare le sfide e le difficoltà di una globalizzazione economica senza briglie. A cominciare dalle persone per finire ed espandersi a macchia d’olio in tutti i campi della scienza e degli studi. Innovare è un imperativo categorico.
Pensiamo al cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione, a questi meccanismi elefantiaci che la legge 241 del ’90 non ha saputo, haimé, fare altro che mitigare lievemente. Nei sistemi tecnologicamente avanzati e negli uomini si sostanzia e prende vita il processo innovatore. Esso richiede grandi investimenti in uomini e risorse economiche.
La promessa è una certezza ormai. Non si tratta di rimetterci il tempo ed i quattrini. Chi punta sulla innovazione, ambisce a radicalizzare il cambiamento a partire dalle coscienze non dai tornelli negli uffici. Senza contare l’incontrovertibile versatilità dei sistemi informatici e la loro “cinica” applicazione sinergica nel complesso delle attività rendendole semplici, controllabili e trasparenti (tornelli compresi).
Per fare questo, occorre uscire da una logica che ci tiene legati all’acquisito, alla paura, all’interesse personale o di centri di potere che sembrano pullulare un po’ ovunque specie in Italia.
Il nuovo Partito a maggior ragione punta sulla innovazione. Perché è una cosa completamente nuova con gente italiana nuova che nei luoghi di residenza esteri si è creata l’Italia che vorrebbe ignorando e rifiutando quella che c’è.
Una componente fondamentale di questo processo innovatore nelle comunità italiane all’estero c’è ed è abbondante: la gente nuova. Quella di un tempo ma che contemporaneamente con i suoi giovani si fa portatrice di esperienze nuove ed avanzate.
Le risorse economiche, deve essere il paese a stanziarle. E’ compito di uno Stato che voglia dirsi tale occuparsi di investire per il futuro della sua nazione. Per l’Italia che ha rappresentanti italiani in tutta la terra, sarebbe una grave colpa non tentare in questo senso.
Senza innovazione, il nostro paese uscirà da questa crisi economica molto tempo, molti anni dopo gli americani, i francesi ed i tedeschi. Senza innovazione di uomini, mezzi e tecnologie, non avremo ambienti vivibili né acqua da bere, né la speranza che domani possa essere migliore di oggi.
In Italia siamo stufi e senza rischiare di cadere in una becera polemica di stampo antipolitico, si sente la voglia di azzerare un po’ tutto e di ricominciare d’accapo ma con sistemi, programmi ma soprattutto e su ogni altra cosa con uomini nuovi.
Per quanto possa sembrare inverosimile il progetto in considerazione delle forti resistenze di quei centri di potere cui si faceva riferimento, non c’è proprio niente altro da fare.
Per fare in modo che il vecchio sgombri la piazza, non è necessario e forse neanche etico aspettare che il tempo faccia il suo implacabile lavoro.
Si può cominciare subito se si è dotati di onestà intellettuale e di buona volontà, non certo per arricchirsi, non certo per favorire, raccomandare, inciuciare ma per operare onestamente nell’interesse dei nostri figli, del nostro futuro e del futuro del futuro della nazione. Il Partito Italiani all’Estero si fa paladino di questo progetto iniziale. Noi ci siamo!