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L’IMMORALITA COME PRINCIPIO ETICO DI GIUSTIZIA SOCIALE E DI ETICITA’ FILOSOFICA

di Remo Pulcini

Premessa

Prima di iniziare a discutere di questo delicato argomento vorrei premettere un principio etico che deve risultare applicabile e valido sempre !
Il principio della indisponibilità della vita fisica, cioè la vita fisica ha un valore assoluto per chi la possiede e per gli altri.
Tutti gli altri principi devono sempre partire successivamente a questo concetto fondamentale altrimenti non esisterebbe la vita umana sulla terra.
E’ possibile discutere sulla persona umana ma non sulla disponibilità della vita umana (a meno di alcuni casi che ben si conoscono in bioetica e che non discuterò in questo breve discorso)
L’etica generale e filosofica e’ moralmente l’unico collante per avere una vita sociale sana e duratura nel tempo.
Tuttavia, a questo concetto indiscutibilmente valido in linea teorica, si associa la realtà della pratica, rappresentata dalla vita di tutti i giorni, dall’ambiente, dall’uomo con le sue emozioni, perversioni ed idee, che inquinano e non consentono la totale applicazione dei principi di moralità.
Principi che dovrebbero essere applicati per primi, da tutti quegl’uomini che occupano posizioni di responsabilità sociale e statale esempio morale , etico e civico per il resto delle persone.
Ed invece, proprio in considerazione di questi concetti, che vedono d’accordo la maggior parte delle persone, e che dovrebbero essere sempre applicati, si assiste nella pratica quotidiana ed in particolare in molti momenti storici ad un’ inversione di principio.
I Potenti e le persone che occupano posizioni di responsabilità e di grande visibilità, tendono a non applicarle, salvo poi pretenderle dal resto degl’uomini (la massa).
Come si può facilmente intuire, partendo da considerazioni filosofiche e teoriche esatte e universali questi principi quando vengono applicati nella pratica comune della vita quotidiana, nella quale entrano in gioco numerosi fattori ambientali, umani e temporali, si finisce per giungere a concetti parziali e di assoluta non giustizia sociale di etica generale.
Insomma l’etica filosofica e generale calata nella realtà diventa un etica personale non produce giustizia e moralità, ma al contrario come se i due termini fossero inversamente proporzionali, produce ingiustizia e un eticità parziale a consolazione dei deboli e delle poche persone che l’applicano come principio di vita..
All’aumentare della etica teorica corrisponde un abbassarsi della etica pratica.
In alcuni momenti storici ed in alcuni momenti spazio temporali, (qual ‘e’ l’Italia e in genere parte del mondo attuale) si assiste ad una degenerazione del tessuto sociale, ad atti d’ingiustizia e di malaffare che tendono a disintegrare il sistema sociale del paese.
Oggi giorno etica sociale, etica politica e l’etica della pubblica – amministrazione sono ai minimi storici della loro applicazione.
Eppure, proprio sulla base del criterio matematico dell’ inversione dei prodotti, in questi momenti storici si assiste ad una richiesta di maggiore etica generale.
Grande richiesta di etica generale, corrisponde per quella formula matematica un ulteriore abbassamento dell’ etica pratica.
Quest’ultima spesso rimane in mano dei deboli, quale unico principio di nobile speranza e magra consolazione umana.
Al contrario, per i “furbi” e i potenti del tessuto sociale, essa assume meno importanza.
In questa breve riflessione non ho parlato dell’etica e dell’ immoralità del male cioè del maligno e del malaffare, perché spesso i due termini finiscono con il coincidere, perdendo ogni principio di validità, unica certezza su questa tipologia di etica e che diventa un immoralità chiusa ed evidente e per fortuna interessa ed attrae una parziale porzione di uomini.
Sulla base di queste mie personali considerazioni, nasce il mio concetto di immoralità come principio equo e generale di giustizia sociale, che permette di essere aperta a tutti gli uomini indipendentemente se potenti o meno potenti.
Una immoralità aperta a tutti sarebbe, almeno filosoficamente ed ancor più praticamente un grande principio di equità sociale, in quanto l’unico spartiacque che differenzierebbe i due termini non sarebbe più determinato dall’inversione dei principi, cioè da un principio o mera regola aritmetica, ma bensì da un principio naturale ed universale che e’ quello dell’evoluzione darwiniana.
Là, dove ogni uomo ha pari’ opportunità, la differenza starà nel codice genetico del’individuo.
E là, dove non fosse possibile applicarlo totalmente, sarebbe possibile applicare principi di immoralità parziali e controllate, da applicare in alcuni settori dell’ etica umana.
Unico requisito fondamentale da rispettare sia nell’etica che nell’a immoralità da me auspicata e’ la indisponibilità della vita umana.
La vita umana e’ per principio indisponibile per se e per gli altri, mentre e’ disponibile a questi principi la qualità della vita umana perché ad essa si giunge comunque o come conseguenza di comportamenti errati nella società dell’etica pratica o come comportamenti voluti nel campo dell’immoralità controllata.
Per esempio, nel campo sanitario:
E’ meglio un’etica sanitaria basata sulla lista delle priorità o della lotteria, o un etica sanitaria immorale aperta a tutti ricchi e poveri, potenti e persone comuni che potenzialmente partono con le stesse possibilità di successo basate sulla selezione darwiniana, sull’ingegno e sulla possibilità identica, almeno come base filosofica di principio e di volontà suprema.
E’ meglio, un etica sanitaria basata sulle assicurazioni e sulla ricchezza di un individuo, che taglia fuori gli sfigati e i poveri sin dall’inizio, o un eticità immorale aperta a tutti con le stesse possibilità di successo per tutti ?
A voi stabilire il peso di un etica sanitaria diseguale e basata sulla possibilità di ricchezza di POTERE POLITICO, o un’ immoralità sanitaria di base, aperta a tutti e con uguali possibilità !

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