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Una legge elettorale per le europee troppo partitocratica

È iniziata lunedì scorso in Aula alla Camera la discussione della riforma della legge elettorale per le europee.

Mille volte si è detto che non si dovrebbero mai “cambiare le regole del gioco” poco prima delle elezioni e soprattutto senza il minimo consenso delle minoranze. Ancora una volta il Pdl ha scelto di fare da solo e procedere in maniera autoritaria. La proposta della maggioranza berlusconiana è quella di inserire uno sbarramento al 5% sul piano nazionale, di abolire le preferenze e procedere per liste di candidati bloccate, e di raddoppiare le circoscrizioni elettorali (dalle attuali 5 a 10).

Il Pd ha già annunciato un pacchetto di emendamenti per cambiare questa riforma.

In primo luogo, è nostro obiettivo ridurre lo sbarramento nazionale al 3%: va bene la semplificazione del quadro politico, ma il 5% è una soglia troppo alta e va a limitare l’espressione democratica del pluralismo, soprattutto in un Parlamento come quello europeo che non ha lo scopo di sostenere un governo con una sua maggioranza.

Inoltre, combatteremo contro la rimozione delle preferenze. Sono i cittadini e non gli apparati di partito a dover decidere chi va in Parlamento. Se la maggioranza dimostrerà ancora una volta totale chiusura proveremo a ridurre la dimensione delle circoscrizioni per dare più visibilità ai candidati collocati dalle forze politiche e per favorire il ricorso alle primarie per individuarli. Da parte nostra, il Pd si è impegnato a farle le primarie in ogni caso.

Infine, nell’ottica di una distribuzione degli incarichi rappresentativi e contro la presentazione di leader-specchietti per le allodole che si candidano per incassare voti al proprio partito e si dimettono il giorno dopo, vogliamo impedire il cumolo delle cariche (non facendo eleggere ministri, presidenti di regioni e province, sindaci di città sopra i 15mila abitanti) e le candidature multiple in più collegi elettorali.

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