Gli “Angeli del Bene” e l’”Olocausto”
di Filippo Giannini
Un gentile lettore mi ha scritto: Ho subito capito che era proprio quella risposta che, a tanti anni di distanza, rendeva “divulgabile” quell’intervista. In pratica, con il solito buonismo di facciata si loda l’uomo, mentre con ricercata malafede viene implicitamente lanciato il messaggio mediatico che lascia in piedi le accuse storiche del coinvolgimento del fascismo nei confronti dell’Olocausto ebraico, in quanto si ammette che “il Console salvò gli ebrei, ma agendo in modo arbitrario, quindi contro il volere del Governo fascista”.>
Il mio lettore elenca di seguito una serie di argomentazioni, tutte valide (per chi vuol capire) che dimostrano che Mussolini era ben a conoscenza dell’operato del suo Console. Non davvero ultima, la seguente: .
Poco prima della sua morte ebbi occasione di intervistare il Console Zamboni nella sua casa di Via Adda in Roma e posso attestare che egli ammirava l’operato di Mussolini e l’unico rimprovero fu che “era troppo buono”.
Qualcuno obietterà che faccio facile propaganda del mio libro (accusa che rigetto perché si tratta di rivalutare l’onorabilità di un Giusto), ma in esso ho trattato per diverse pagine l’attività consolare a Salonicco svolta da Zamboni e dai suoi collaboratori: Mussolini sapeva e ci sono documenti, da me reperiti nell’Archivio del Ministero degli Esteri a Roma – e riportati nel testo – che dimostrano, non solo che Mussolini sapesse, ma che autorizzava quelle operazioni. Così come altra documentazione, sempre riportata nel volume, attestante che, mentre le frontiere dei Paesi democratici venivano ermeticamente chiuse ai fuggiaschi (ebrei e non), il Governo italiano (Mussolini) dette l’ordine di far passare tutti i profughi provenienti dai luoghi occupati dalle truppe germaniche. Questo è tanto vero che il giornalista Daniele Vicini, autore dell’inchiesta su questo argomento, non poté non esclamare a chiusura dell’articolo: .
Ma in questa occasione desidero riportare uno stralcio, sempre dal mio volume, che dimostra quale cinismo albergasse negli animi degli “Angeli del Bene”. E’ un fatto che è poco o affatto noto. E leggendo più avanti si capisce anche il motivo.
Già in altre occasioni, e sullo stesso argomento, abbiamo accennato a vessazioni e atti d’ostilità a danno degli ebrei, compiuti dagli “Alleati”; quindi, se è vero che è condannabile colui che commette un atto ignobile, altrettanto lo sono coloro che, pur essendo in condizione di evitarlo, si sottraggono al dovere di impedirlo.
Se era noto che l’”olocausto ebraico” era in atto, chi sapeva? E se si sapeva, chi sapeva?
Yan Karsky era un giovane ingegnere polacco, ebreo. Fuggì da un “campo di sterminio” dove era stato rinchiuso nel 1941-42. I capi degli ebrei polacchi gli affidarono un plico di documenti che attestavano le fasi dell’”operazione finale”. Lo scopo era di consegnare tale documentazione a tutti quegli “uomini di buona volontà” ai quali si chiedeva aiuto, quindi ai Governi Alleati. Karsky, partendo da Varsavia, intraprese un viaggio veramente temerario: attraversò l’Europa centrale (passò anche in Italia) e giunse in Gran Bretagna.
Il 21 giugno 1989 la Radiotelevisione italiana trasmise un’intervista rilasciata da Karsky e mandata in onda dal programma “Mixer” del giornalista Giovanni Minoli. La testimonianza di Karsky è una pesante accusa contro la noncuranza manifestata dai Governi anglo-russo-americano per le sofferenze di tanti infelici.
Karsky arrivò a Londra nel novembre 1942. I primi ad esaminare i documenti furono gli esponenti del Governo polacco in esilio a Londra, poi i messaggi furono presentati a funzionari inglesi e americani. Anthony Eden, Ministro degli Esteri inglese, incontrò Karsky subito dopo. Egli ha osservato: . Karsky, di conseguenza, osservò: .
considerò Minoli .
Karsky fu invitato alla Casa Bianca il 28 luglio 1943. Trascorse circa un’ora e venti minuti col Presidente americano. Roosevelt fu molto gentile, a detta di Karsky si informò sugli ebrei, chiese cosa aveva visto e se poteva fornire delle statistiche; .
Karsky incontrò anche i leaders ebrei americani, come il Presidente del Congresso Mondiale Ebraico Americano e i Giudici della Corte Suprema Americana, fra i quali il potente Felix Frankfurter; era presente l’ambasciatore polacco in Usa. Karsky parlò con tutti e a tutti espose quanto aveva visto e a tutti presentò le richieste dei capi ebrei polacchi, fra queste, per urgenza si chiedeva agli Alleati di bombardare le ferrovie che conducevano ai lager; ciò sia per rendere meno agevole il trasporto dei deportati, sia per far comprendere ai tedeschi che al di fuori della Germania “si sapeva” e che “sapendo” sussisteva la minaccia della ritorsione.
A queste richieste rispose Frankfurter; questi disse a Karsky che doveva essere assolutamente franco, e aggiunse . A queste parole l’ambasciatore polacco fece osservare che Karsky aveva la piena autorità conferita dal Governo polacco. La risposta di Frankfurter fu estremamente subdola: . È un’affermazione che apre sospetti non ancora dai contorni chiari. Infatti, anche lo storico israeliano Shebtai Tevet ha affermato: .
E se sapeva, perché non intervenne?
Una chiave di lettura per comprendere gli ostacoli incontrati da Karsky potrebbe essere ricercata nell’interpretazione del problema ebraico esistente fra i sionisti e gli assimilazionisti. I primi, sostiene Mauro Manno (http://civiumlibertas.blogspot.com): .
Come vedremo poco più avanti (e come abbiamo visto nei capitoli precedenti), ampi settori di organizzazioni ebraiche e molti Governi dei Paesi occidentali, poco si preoccuparono della sorte degli ebrei. A dar forza a questa tesi è sufficiente riportare uno stralcio di quanto ha scritto Lenni Brenner (“Zionism in the Age of the Dictators”, Cap. XXIV): . A commento di ciò, Mauro Manno ha osservato: . Manno conclude: .
Allora, che cosa potevano fare gli ebrei per fermare l’”Olocausto”? In particolare, cosa poteva fare Ben Gurion, il padre fondatore d’Israele? Risponde la storica ebrea Idith Tzertal: .
Tutto ciò può dare adito al sospetto che l’immolazione di centinaia di migliaia di ebrei sia stata – anche se dolorosa – una operazione calcolata in base alla “Ragion di Stato”.
Da questo scritto di Idith Tzertal, se il pensiero di ben Gurion era quello esposto dalla studiosa ebraica, allora possiamo immaginare che se le camere a gas erano state concepite dai tedeschi, la manopola per immettervi il gaso fu manovrata da Ben Gurion.
Più morti ebrei, più si avvicinava la .
Così si svela il mistero di tanto odio da parte della comunità ebraica nei confronti di Mussolini e del Fascismo: questi fecero sì un dispetto a Hitler proteggendo gli ebrei, ma lo fecero anche a Ben Gurion, perché meno morti ebrei più si complicava “una soluzione futura alla questione ebraica…”.
Opera (dannata) del “male assoluto”.
P.S. Ieri notte 30 ottobre, andando a letto, accesi la televisione e mi sintonizzai su Porta a Porta. L’argomento era il libro di Pansa Il sangue dei Vinti. Invitati al dibattito (Vespa lo ha definito così) tutti elementi, dichiarati della sinistra, a parte un signore appartenente, ha detto, al Partito della Libertà, ma anche lui schierato nel politicamente corretto. Nessuno della parte del Sangue dei Vinti; ne è venuta fuori, come si voleva, la solita buffonata.
Quindi spensi la televisione.
E si ciancia ancora della storia condivisa.