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Siderale distanza

di Renzo Balmelli

VITTORIO FOA – Ha trascorso otto anni della sua lunga esistenza nelle carceri fasciste. Carceri, non grand hotel. Galere disumane che, al contrario dalle fanfaluche messe in giro dall'attuale premier, non offrivano certo gli agi di una vacanza a cinque stelle. Già qui, nella lettura diametralmente opposta del ventennio, si misura la distanza siderale, incolmabile, tra Vittorio Foa, morto questa settimana a 98 anni, e la destra malauguratamente toccata in sorte all’Italia. Esponente della feconda cultura ebraica piemontese, la stessa di Primo Levi, Foa è stato senza alcun dubbio l’anima della democrazia e della sinistra italiana. La sua dedizione alla causa della libertà, cui pago’ un duro prezzo, ne fa una delle figure di maggiore integrità e spessore intellettuale del Novecento. Sindacalista, scrittore e padre nobile del socialismo dal volto umano, incarno’ i valori dell’antifascismo che continuo’ a interpretare con immutata dedizione nell’attaccamento alla Costituzione repubblicana e ai principi resistenziali in essa custoditi. Quando se ne vanno testimoni del suo calibro, esempio di rettitudine e rigore morale, crescono i reucci di Arcore e gli squallidi cortigiani che gli stanno intorno.

RISPOSTA MUSCOLARE – Quando si tratto’ di epurare i giornalisti a lui sgraditi, Berlusconi colse l’occasione di un viaggio a Sofia. Da lì nacque il famigerato “editto bulgaro”. E ora come allora per smentire le recenti affermazioni sul ricorso alla polizia nelle scuole, il premier si è trincerato dietro il paravento di un viaggio a Pechino, palcoscenico meno scomodo della capitale italiana. Ma il vezzo di contraddire se stesso nel giro di poche ore non ha convinto nessuno. A tal proposito, la vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera non poteva essere piu’ eloquente. Il governo “in carica”, in tenuta antisommossa, vi è raffigurato mentre si prepara a “caricare” gli studenti che contestano la riforma del ministro Gelmini, piu’ nota come riforma del grembiulino. La vastità della protesta giovanile, alla vigilia del 25 ottobre, la giornata in cui l’opposizione dovrebbe rialzare la testa, non fa dormire sonni tranquilli alla maggioranza. Tutti nel governo sono spiazzati davanti a una protesta che non vuole essere definita, svicola da qualunque tentativo di abbraccio della politica organizzata e, anzi, tende a organizzarsi da sola, apparentemente con il massimo della semplicità. E cio’ la rende ancora piu’ “pericolosa” agli occhi del potere che vorrebbe zittirla, cancellarla. Le minacce del premier non hanno nessuna presa sulla contestazione che si muove in stile quasi “sessantottino”, senza lasciarsi ingabbiare, e cresce come un fiume in piena per rivendicare il diritto di studiare meglio e di piu' e non pagare dazio alla crisi dei mercati. Ancorché seguita da un pietoso tentativo di smentita, la risposta muscolare alle istanze che salgono dal mondo della scuola mostra quanto la destra e il suo leader siano inclini a soffiare sul fuoco piu' che cercare la via del confronto democratico.

QUIZ VERITA’ – I quiz , per dirla con Fantozzi, sono una boiata pazzesca. Ma a volte dietro l’insulsaggine del programma, trapelano spicchi di verità che non coincidono con l’immagine a tinte rosa del paese di cui mena gran vanto la propaganda governativa. Gli italiani in effetti, statistiche alla mano, sono sempre piu’ poveri. Secondo la Caritas l’elenco delle persone che per mancanza di mezzi non possono neppure ritagliarsi una povertà dignitosa si allunga a dismisura. Sarà magari un corso superficiale di sociologia spicciola, ma gli sforzi stralunati dei concorrenti che sperano nella fortuna per realizzare un piccolo, modestissimo sogno sono la testimonianza senza trucchi e senza inganni di come si vive veramente all’ombra del benessere nel “paradiso berlusconiano”. Magari con mille euro al mese o addirittura meno della metà. Sono cifre che danno da pensare. A maggior ragione quando si prova a riflettere sui 140 milioni dei contribuenti che il Cav. ha regalato a Catania per fare un favore agli amici degli amici.

BROGLI “MADE IN USA”. – Nelle elezioni, quando c’é di mezzo la destra decisa a scongiurare la perdita del privilegi, chissà perché non è raro sentire aleggiare nell’aria l’odore sulfureo dei brogli. Il fenomeno torna a manifestarsi alla vigilia delle presidenziali americane che negli ultimi giorni di corsa alla Casa Bianca rischiano di essere dominate da oscure vicende. Non siamo al Watergate (lo scandalo che costrinse Nixon a una resa infamante), ma il clima è carico di veleni. La battaglia inizialmente verbale, nel campo repubblicano si è trasformata in uno scontro senza esclusione di colpi per demolire Barak Obama, ormai quasi irraggiungibile nei sondaggi. Dopo l'invenzione di “Joe l'idraulico”, le accuse al senatore dell’Illinois sono state quelle di essere amico dei terroristi e di promuovere un programma economico “socialista”. Ora però si è passati alle intimidazioni. Diversi Stati – soprattutto quelli “in bilico” ma tradizionalmente repubblicani (North Carolina, Ohio, Pennsylvania) – sono sottoposti a fortissime pressioni perché cancellino dalle liste migliaia di elettori che potrebbero spostare l’ago della bilancia a favore di Obama. Torna alla memoria il precedente del 2000, con il riconteggio della Florida, e la vittoria di Bush per poche centinaia di voti in circostanze dubbie e mai chiarite. Mai, in quasi mezzo secolo, le elezioni presidenziali sono state “sentite” come quelle di quest'anno, mai tanta gente è coinvolta in quello che viene percepito come un possibile cambio epocale. I repubblicani, logorati da otto anni di potere fallimentare non riescono a intercettare il disagio e provano dunque a screditare l’avversario con insinuazioni ignobilmente faziose

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