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Perché, come, dove, quando, con chi il Partito per gli Italiani all’estero

Una carrellata degli articoli sul Partito Italiani all'Estero

L’idea è venuta come conseguenza naturale di una situazione politica che in effetti non è mai decollata. L’elezione degli eletti all’estero è stata una operazione inefficace senza alcuna potenzialità né strumenti adatti a perorare in Parlamento le cause di chicchessia. D’altronde non è stato affatto difficile capire che senza un gruppo parlamentare e prima ancora, senza un partito alle spalle, nessun parlamentare avrebbe potuto fare nulla. Ciò premesso mi sono chiesto come mai non si facesse un partito. Perché l’ipotesi, anche se presa in considerazione, fosse stata scartata. Le risposte sono arrivate puntualmente incastrandole e verificandole anche alla luce dei fatti, delle faccende parlamentari e dei rapporti di forza sui territori . Non è utile in questa fase elencare tutte le mie perplessità, molte delle quali niente affatto piacevoli da raccontare. La passata legislatura, ha nascosto, saputo velare bene i problemi, ha saputo nasconderli a mestiere dando la sensazione che qualcosa potesse avvenire. La sensazione però. In questa legislatura, invece, il nulla assoluto. Allora? Che facciamo, ci limitiamo a registrare e pubblicare comunicati stampa che assomigliano a bollettini di guerra e aspettiamo che avvenga cosa? Ho pensato, e mi vergogno un po’ dato che scopro l’acqua calda, che occorresse un partito se si vuole dare un futuro agli italiani all’estero ma non solo, all’Italia tutta come ritorno in termini economici. Ecco il perché. L’ultima spiaggia sulla quale approdare. In mente non posso avere un programma politico già compilato, sarebbe il contrario di quanto propongo svicolando la partecipazione alla quale invece voglio ricorrere sempre soprattutto in fasi importanti come quella del programma. Come: Immagino un Think tanks programmatico dove confluiscano esperti di economia, in tutti i campi della ricerca, sociologia, industria, professioni ecc. Immagino un partito INNOVATORE che faccia dell’innovazione il suo scopo, che investa in organizzazione a tutti i livelli non per ultimo l’ambiente, che sfrutti l’esperienza della gente che ha vissuto all’estero stando a parametri completamente superiori ai nostri, che istruisca ed innovi anche le comunità italiane abbandonate a sé stesse. Innovazione che non a caso proviene dall’Asia in primis e che sta travolgendo i meccanismi ammuffiti dell’Europa dei Baroni e degli incapaci. Un Think tanks composto da milioni di cittadini che guardano alla politica con un occhio diverso da quello che è stato loro proposto da cinquant’anni, con una spinta in avanti assolutamente forte e risolutiva senza barattare, senza soprassedere ma imponendo con la forza delle idee il progetto innovatore del quale si fa interprete. Dove: In Italia. In Italia per stare costantemente vicino ai fatti e alla politica per sondare continuamente il polso della situazione, perché è in Italia che ci sarà il ritorno tanto atteso in termini economici. Quando: da subito. Senza perdere ulteriore tempo. In questa fase, con avanti ancora anni di legislatura se qualcosa non guasterà l’attuale composizione parlamentare c’è il tempo necessario per poter cominciare a far paura e a prepararci alle prossime elezioni dando però già da ora la possibilità agli italiani all’estero di votare per corrispondenza optando per il voto in Italia. Come? Chiedendo una legge che lo permetta e se si hanno i numeri anche se fuori del parlamento, qualcuno capirà che si può fare per accaparrarsi una futura alleanza politica per governare. Con chi: con tutti quelli che non vogliono sentire più parlare di partiti politici vecchio stampo, con tutti quelli che dicono di fregarsene dell’Italia, con tutti quelli che hanno voglia di riscatto offrendo ancora una volta una mano a questo paese troppo malandato, con tutte quelle risorse intellettuali si eccellenza che popolano il mondo.
Mi si chiede dello Statuto. Mi sono andato a leggere gli Statuti di alcuni partiti. Non tutti valgono gli altri, ma quello di Di Pietro, mi è sembrato molto bene articolato. Anche questo se volete si costruirà insieme. Come si vuole pretendere che io possa proporre uno statuto? La semplice dicitura nel modulo di adesione è obbligatoria per rendere valida l’iscrizione non per altro. D’altronde di cosa si ha paura? L’iscrizione è gratuita. Credo che questo sia l’unico partito a non aver previsto neanche un centesimo per l’iscrizione. Non è neanche questo un caso. Due cose mi hanno suggerito di non chiedere quote di iscrizione. La prima è che iniziare qualcosa, qualunque cosa sia chiedendo denaro, non è proprio bello, non è di buon auspicio. La seconda è che si sarebbe detto subito: “qualcuno qui ha deciso di arricchirsi”.
Se poi il sottoscritto sarà o non sarà in grado di poter essere all’altezza di prendere per mano il neonato partito, cosa posso dirvi? Non credete che questa sia la fase di accumulare i numeri? In fondo da un modulo firmato si più recedere in qualunque momento. Non è una cambiale non credete? Per quanto riguarda la trasparenza propongo da subito vestiti di cellofan addirittura. Facciamoci l’imbocca al lupo, Giappone, America del Nord, Europa dell’emigrazione, già ci stanno contattando in tanti. Incrociamo le dita.

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