Già la struttura in sé sarebbe sufficiente per sintetizzare il divario tra il sistema italiano di ricerca e quello all’estero: un abisso. Il centro scientifico di Potsdam, uno dei luoghi d’eccellenza della ricerca in Germania, consiste in bellissimi edifici storici e moderni collocati in uno splendido parco. Accanto agli uffici, un’attrezzatissima biblioteca, aule per convegni, foresteria per gli ospiti, laboratori di ricerca all’avanguardia, un accogliente nido per i bimbi delle giovani ricercatrici/ricercatori. Il tutto collocato in una cittadella verde magnifica. L’on. Laura Garavini (PD) si è recata al centro di ricerca per una visita, guidata dal dottor Stefano Parolai, responsabile del progetto “Sistema integrato di osservazione terrestre”.
“Dobbiamo capitalizzare le esperienze accumulate dai nostri ricercatori all’estero”, ha riassunto la Garavini alla fine dell’incontro.“Il fatto che sempre più giovani italiani si rechino all’estero per fare ricerca non deve venire interpretata sempre come una fuga dei cervelli. Se tali risorse umane, dopo le importanti permanenze all’estero, trovassero modo di ottimizzare in Italia le competenze acquisite, l’intero Paese ne trarrebbe enormi benefici. Cerchiamo di valorizzare la ricerca italiana e favorirne la internazionalizzazione”. Secondo la deputata eletta nelle circoscrizione Europa Potsdam è un esempio di come “l’esperienza che stanno effettuando i nostri giovani ricercatori all’estero sia straordinaria, sia per contenuti che per modalità. All’estero dispongono di risorse e di autonomia scientifica che spesso in Italia mancano”.
Nel centro scientifico di Potsdam operano all’incirca 1500 ricercatori, da ogni parte del mondo, numerosi di loro provenienti anche dall’Italia. Una caratteristica che salta agli occhi: i responsabili di progetto sono in minima parte tedeschi. Sono per lo più di altra nazionalità, proprio a dimostrazione del fatto che prevale una logica meritocratica e per nulla nazionalista. A differenza della realtà in Italia non si viene assunti per concorso. I singoli dipartimenti divulgano delle inserzioni per determinati ambiti di ricerca. Gli interessati possono rispondere proponendo le proprie ipotesi di ricerca. Il responsabile del progetto, gestore in prima persona dei fondi assegnatigli per la realizzazione della ricerca, convoca i ricercatori reputati più idonei e sceglie il candidato che gli sembra più meritevole.
I fondi vengono assegnati da una commissione di alto profilo, in base ai risultati riportati dai singoli progetti. Il ché significa che ogni responsabile di progetto ha il massimo interesse a coinvolgere personale, il più qualificato possibile, al fine di raggiungere i migliori risultati, in grado di garantire il finanziamento del proseguimento del progetto o di ulteriori progetti. Anche giovani ricercatori, alle prime esperienze, hanno la possibilità di testare le proprie capacità presentando proposte di ricerca scientifica al Ministero della ricerca. Quest’ultimo prevede il finanziamento di progetti ritenuti validi e di interesse collettivo.
La lingua comune a Potsdam, come in quasi tutti i centri d’eccellenza simili, è l’inglese. Questo continua a rappresentare un problema per i tanti ricercatori italiani in arrivo, inizialmente sprovvisti di adeguate competenze linguistiche. Ma il problema maggiore è rappresentato dalle prospettive per il futuro. Diversi ricercatori sono occupati in progetti con contratti a tempo. Per alcuni di loro si aprono prospettive in Germania, ma per altri l’ipotesi di un rientro in Italia è legata alla necessità di cambiare lavoro e ricollocarsi al di fuori della ricerca dal momento che il sistema di ricerca italiano non vede margini per la valorizzazione delle preziose esperienze raccolte all’estero. “Proprio qua dobbiamo intervenire. Dobbiamo favorire l’internazionalizzazione della ricerca in Italia e aprire le porte alle esperienze dei nostri ricercatori nel mondo. Questi giovani sono una risorsa importante per il futuro dell’Italia”, dice la Garavini.
Potsdam, 22 ottobre 2008