La Zozza e il ritorno a casa

La cronaca locale registra un’altra storia di “degrado” nella Viterbo dei Papi, la stampa da cui apprendo la storia, conclude: “Non è possibile che nel 2008 nella opulenta Viterbo ci sia una donna che vive in un casotto. Dormendo per terra. Con una coperta. E rischi di morire per un incendio”.
Ma a chi dà fastidio una “zozza” donna che abita, lontana, un “casotto” abbandonato? Chi è che si “diverte” a sfregiare muri e pareti e corpi, con marchi inequivocabili, come in questo ultimo fine settimana, firmati nelle scuole dell’Italia? Li chiamano bulli, quelli che riempiono di botte una coetanea sull’autobus, marocchina, che osa sedersi in un posto per bianchi, le chiamano baby gang, ci si fanno i convegni e i progetti su questa devastazione culturale, coltivata come un fungo nel laboratorio della vacuità politica di tutti i segni dei partiti. La cronaca online di Tusciaweb, pronta, riporta anche fotograficamente, l’immediata “raccolta” dell’avvenuto, ad opera dell’assessore Daniele Valentini di Alleanza Nazionale, testimone di questo ennesimo episodio violento e non è un caso che si dà ampio spazio alle parole di Patrizia Ortolani, 44enne:
“Volevano uccidermi! Volevano darmi fuoco ma io mi sono nascosta per non farmi prendere”. E racconta la sua verità sull’incendio divampato ieri sera intorno alle 20, in via del Pilastro a ridosso delle mura. Ad andare a fuoco sono state un paio di coperte e un vestito. Le povere cose di Patrizia.“Ora come potrò dormire qui – continua a dire, sempre piangendo -. Mi voleva dare fuoco un gruppo di ragazzi con cui avevo litigato. Volevano che spendessi con loro la mia pensione. Ma io ho una pensione di 200 euro e voglio spenderla per me. Ora mi hanno bruciato le coperte e non potrò dormire qui”. Patrizia si rammarica di non poter dormire in una sorta di deposito senza porta, senza pavimento, senza letto, senza riscaldamento. Senza nulla che faccia apparire questo luogo un luogo umano. Solo emarginazione e sporcizia. E lei lì ci sta da tempo.
“Sono due mesi che vivo qui – racconta -. La notte ho paura che qualcuno venga a farmi del male. Quando ho sentito il gruppo di ragazzi mi sono nascosta. “Diamogli fuoco a quella zozza”, gridavano. Ho avuto paura. Ho paura di passare qui la notte. Sono una donna”.
Già una donna, come molte sole in questi ridenti paesi della Tuscia, che hanno davvero voglia di pensare che il loro ritorno a casa, non sia un’incubo, camminando per le strade nel loro andare e tornare, a casa, non solo quella propria ma quella comune, fuori dalla porta: zozze comprese.

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