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DELL’AVIDITA’, DELLE DERIVE E DI UNA BUFALA STORICA

Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa. Men che meno i governi.

di Renzo Balmelli

AVIDITA’ – Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa. Men che meno i governi, che oggi si affannano a tamponare il fallimento inesorabile del modello liberista, senza etica e senza regole.

Troppo a lungo i grandi del pianeta hanno tollerato le logiche perverse di chi ha inseguito l’avidità smodata a scapito della buona finanza, facendosi cogliere impreparati quando la bolla speculativa è esplosa col fragore di un’atomica.

Ora i Caimani si affidano all’aiuto provvidenziale dello Stato, di cui fino ad oggi hanno detto peste e corna, per provare a uscire indenni dalle loro malefatte. C’è pero’ qualcosa di indecente nel loro atteggiamento, un misto di arroganza e incoscienza che la dice lunga sulla loro totale mancanza di scrupoli.

L’azione salvifica della mano pubblica potrebbe tuttavia non bastare ad arrestare la cancrena che rode il sistema se prima la politica non tornerà a riprendere il controllo della situazione, facendo valere il suo primato sull’economia e dettando codici severissimi di comportamento a chi ne ha fatte di tutti i colori.

Il “new deal” che dovrà riportare la fiducia nelle case avrà qualche possibilità di riuscire unicamente se si muoverà nel rispetto della moralità a misura d’uomo. E’ la premessa indispensabile per costruire una nuova società sulle macerie prodotte dalle follie della nuova ingegneria finanziaria.

Il pensiero corre al 1929, allo sfacelo che nel giro di pochi anni, complice l’indifferenza della destra, fece precipitare il mondo nel baratro della guerra.

DERIVE – Berlusconi si è morso la lingua quando si è accorto che il paese non era in gramaglie all’annuncio che avrebbe disertato i salotti televisivi. Per Beppe Severgnini, bravo scrittore e fine umorista del Corriere, è un caso di tentato matricidio da video.

Con o senza tivu’, il Cavaliere tuttavia non recede dalla tentazione di governare quanto piu’ possibile con decreti legge urgenti che snaturano le prerogative del Parlamento.

Non pago di rifarsi al modello accentratore di Luigi XIV (l’état c’est moi) , il premier mostra anche di non tenere in nessun conto l’opposizione, ossia l’altra metà del paese, liquidandola con giudizi sferzanti che tendono a sbilanciare gli equilibrio dello Stato a favore del governo.

Nel solco delle derive autoritarie, si torna cosi’ a parlare del rischio-fascismo. Vicenda storica chiusa da decenni, ma mai archiviata a causa dei rigurgiti sul ventennio e Salo’.

L’uomo di Arcore, avvitatosi sul suo protagonismo, ignora platealmente il dovere della concertazione che potrebbe contribuire a svelenire il clima instauratosi nel paese dopo il cambio di maggioranza.

Sbaglia. Con la crisi incombente, crisi non soltanto dei mercati, ma profonda a tal punto da mettere in discussione la democrazia, sarebbe urgente dare inizio all’era dei governi “intelligenti”, per raccogliere le sfide con migliori probabilità di riuscita.

Vista l’aria che tira, l’Italia dovrà attendere fino alle prossime elezioni.

BUFALA STORICA – In una fase di grandi difficoltà per le finanze, i consumi e il potere d’acquisto dei cittadini, l’Italia si avvia verso un federalismo fiscale costoso e pasticciato. Esso, invece di ridurre spese e tasse, finirà con l’aumentarle.

Per mere considerazioni di opportunità elettorale si è messo in piedi in qualche modo un disegno di legge che è soltanto una scatola vuota, lastricata di ciarle.

Dal consiglio dei ministri è uscita soprattutto una concessione a Umberto Bossi, una sorta di bandiera simbolica consegnata ai Lumbard e che ha tutto il sapore di un surrogato, di uno scambio di favori tra Pdl e Lega.

Quando pero’ si passerà dalla filosofia (quale?) all’aritmetica si scoprirà magari che la “riforma storica” di cui mena vanto la propaganda ufficiale altro non è, in verità, che una “bufala storica” pagata dai contribuenti e destinata a ingrossare le fila degli spreconi.

A quel punto lo slogan “Roma ladrona” non avrà piu' lo stesso significato.

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