"IL LAVORO FEMMINILE: L’ASSO DELLO SVILUPPO E DELLA MODERNIZZAZIONE DEL PAESE."

L'on. Amalia Schirru è la promotrice della Tavola Rotonda “IL LAVORO FEMMINILE: L’ASSO DELLO SVILUPPO E DELLA MODERNIZZAZIONE DEL PAESE.” UN CONFRONTO CON LE CATEGORIE SOCIALI, ECONOMICHE, DELL'ASSOCIAZIONISMO che si terrà Lunedì 20 ottobre 2008 alle ore 16.30, presso il T HOTEL, VIA DEI GIUDICATI. Cagliari.

La tavola rotonda si prefigge lo scopo di incontrare le categorie economiche, sociali, dell'associazionismo per discutere insieme, sulle questioni inerenti il lavoro femminile. In particolare l'attenzione sarà dedicata alla discussione sul disegno di legge “Misure urgenti a sostegno della partecipazione delle donne alla vita economica e sociale”, che trovate in allegato.

Intervengono::
On. Vittoria Franco, Ministro Ombra per le Pari Opportunità, Dott.ssa Maria Letizia Pruna, Docente Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università degli Studi di Cagliari, Dott.ssa Luisa Marilotti, Consigliera Regionale di Parità, Dott.ssa Daniela Cardia, Presidente della Commissione Regionale per le pari opportunità, Dott. Massimo Putzu, Presidente di Confindustria Sardegna, Dott. Giampaolo Diana, Segretario Generale CGIL Sardegna.

Sono stati invitati ad intervenire: Renato Soru, Presidente della Regione Sardegna, Francesca Baracciu, segretaria regionale del PD, Mario Medde, Segretario Generale CISL Sardegna, Francesca Ticca, Segretaria Generale UIL Sardegna, Gino Mereu, Presidente Consiglio regionale dell'economia e del lavoro, i Presidenti di: API Sarda – CIA – Coldiretti – Confagricoltura – Confartigianato – Confcommercio – Confcooperative – Confesercenti – Lega Coop – CNA Sarda.

In allegato alla presente, la locandina della manifestazione.

È GRADITA LA PRESENZA DELLA STAMPA.
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XVI LEGISLATURA ———–

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori FRANCO V., FINOCCHIARO,
BASTICO, GARAVAGLIA, PINOTTI, TREU, ROILO, BLAZINA, GHEDINI, ADRAGNA, DI GIOVAN PAOLO, ICHINO, NEROZZI, PASSONI, AMATI, ANTEZZA, ARMATO, BAIO DOSSI, BASSOLI, BIANCHI, BIONDELLI, BONINO (?), CARLONI, CHIAROMONTE, DELLA MONICA, DONAGGIO, FIORONI, FONTANA M.G., GRANAIOLA, INCOSTANTE, LEDDI, MAGISTRELLI, MARINARO, MAZZUCONI, MONGIELLO, NEGRI, PIGNEDOLI, PORETTI (?), SBARBATI (?), SERAFINI, SOLIANI

Misure urgenti a sostegno della partecipazione delle donne
alla vita economica e sociale

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12 giugno 2008

RELAZIONE

Onorevoli Colleghi – Il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è presupposto fondamentale per la crescita civile e democratica del Paese, nonché strumento essenziale per la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo.
C’è infatti un nesso strettissimo tra parità lavorativa, presenza delle donne nei processi decisionali e nella sfera pubblica e sviluppo dell’economia, della qualità del lavoro, delle relazioni familiari.
In tal senso è divenuto più che mai urgente trasformare l’enorme giacimento di capitale umano femminile presente nel nostro Paese, ancora largamente sottoutilizzato, in un “asso” da giocare nella partita dello sviluppo, della competitività, del benessere sociale, con ciò passando dal circolo vizioso della bassa partecipazione femminile, al circolo virtuoso della liberazione di un potenziale inespresso di energie e competenze.
Il dividendo sociale di questo investimento è evidente: più donne occupate e partecipi alla vita economica del Paese significa più democrazia, più sviluppo, più nascite, famiglie più dinamiche e sicure economicamente, meno bambini in condizioni di povertà.
Cogliendo e interpretando in forma nuova e integrata questo nesso cruciale per il rilancio della crescita, la presente legge propone un insieme articolato di misure per la promozione e la valorizzazione del contributo delle donne alla vita economica e sociale del Paese, incidenti su tre direttrici principali di intervento: l'incentivazione fiscale e normativa del lavoro delle donne; la promozione dell'uguaglianza di genere nel mercato del lavoro; il sostegno alla conciliazione familiare.
Infine, a chiusura della strategia d'azione delineata, si propone un quarto fronte d'intervento di tipo sistemico, in quanto orientato ad incidere strutturalmente sulla qualità della legislazione: l'introduzione dell'obbligo di valutazione dell'impatto di genere per ogni proposta di legge d'iniziativa del Governo.

Nel merito, il primo pacchetto di misure punta direttamente a incentivare il lavoro delle donne, n funzione del raggiungimento dei traguardi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 in materia di occupazione femminile (Capo I).
Uno degli obiettivi più qualificanti della Strategia di Lisbona è infatti quello relativo all’occupazione femminile, che dovrebbe raggiungere il 60 per cento entro il 2010.
L’Italia, il cui tasso di occupazione femminile si attesta al 46,3 per cento, rispetto alla media dell’Unione del 57,4 (dati 2006), si trova largamente al di sotto non solo dell’obiettivo finale, ma anche dell’obiettivo intermedio – già mancato – che fissava al 57 per cento il tasso minimo di occupazione femminile per il 2005, con ciò collocandoci agli ultimi posti in Europa e in posizione molto arretrata anche su scala mondiale.
Nella classifica del gender gap nel 2007 siamo infatti passati dal 45° al 77° posto (secondo il recente rapporto del World Economic Forum, siamo arrivati addirittura all’ottantaquattresimo!).
In questo contesto, un dato significativo è costituito dalle forti differenziazioni esistenti all’interno dell’Italia. Nel Mezzogiorno il tasso d’occupazione femminile è a tutt'oggi del 31,1 per cento, contro il 56 per cento del Nord-Ovest e il 57 per cento del Nord-Est. Il Sud, peraltro, non si sembra essersi avvantaggiato della crescita dell’occupazione femminile avvenuta a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Dal 1993 al 2006 le occupate sono infatti cresciute di 1.469mila unità nel Centro Nord e solo di 215mila nel Sud. Inoltre, pur diminuendo la disoccupazione nelle regioni meridionali, nel 2004 e nel 2005 sono emersi segnali negativi di aumento dell’inattività femminile che sono proseguiti nel 2006 e anche nel primo semestre 2007 con 110mila inattive in più.
In altri termini, le donne del Sud, anche le più giovani, in molti casi hanno smesso di cercare lavoro, con ciò sfuggendo anche alle rilevazioni del tasso di disoccupazione (il quale, come è noto, registra il rapporto tra il numero dei disoccupati e quello delle persone in cerca di occupazione).
L’innalzamento del tasso di occupazione femminile è dunque una priorità su cui impegnarsi per elevare il potenziale di crescita e per garantire una più equa ripartizione delle risorse pubbliche, anche in funzione della sostenibilità futura dei sistemi previdenziale e di protezione sociale.
Per altro verso, la bassa partecipazione al lavoro delle donne appare direttamente correlata al minimo ricorso delle famiglie italiane ai cosiddetti «aiuti formali» (asili, servizi di assistenza, eccetera) a fronte di una prevalenza degli «aiuti informali».
Oggi, in Italia, il principale servizio di cura all'infanzia è costituito dai nonni. Secondo le rilevazioni ISTAT, sei bambini su dieci tra 0 e 3 anni di età sono affidati ai nonni quando la madre lavora e solo due su dieci frequentano un asilo nido pubblico o privato.
Questo dato medio, peraltro, sconta – ancora una volta – una forte differenziazione territoriale, nascondendo la drammatica condizione dei servizi per l'infanzia nel Mezzogiorno. I bambini che frequentano un nido pubblico sono solo il 6 per cento nel Mezzogiorno, a fronte del 15 per cento al Nord e del 13 per cento al Centro.
Quanto al merito delle misure proposte, nell'ambito degli incentivi all'occupazione delle donne (Capo I) si segnala innanzitutto l'introduzione di un nuovo e specifico incentivo fiscale in favore di tutte le donne con figli che a vario titolo lavorano (art. 2). Il beneficio è infatti riconosciuto alle contribuenti con figli a carico che percepiscono redditi da lavoro dipendente, autonomo o parasubordinato.
In particolare, si tratta di una detrazione forfetaria aggiuntiva – dalle imposte sul reddito personale (IRPEF) – a titolo di sostegno alle spese sostenute per il pagamento di rette relative alla frequenza degli asili nido e per i servizi di assistenza familiare e cura di figli minori. La detrazione è riconosciuta fino a un massimo di 400 euro per il primo figlio, più 200 euro per ciascun figlio successivo al primo, per i redditi non superiori a 15.000 euro. Tale limita si abbassa a 350 euro per il primo figlio, più 150 euro per ciascun figlio successivo al primo, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 30.000 euro. Infine, si abbassa gradualmente al crescere dei redditi al di sopra dei 30.000 euro, fino ad annullarsi in corrispondenza di un reddito personale della lavoratrice pari ad almeno 40.000 euro.
L'incentivo fiscale è riconosciuto in misura maggiorata alle lavoratrici residenti nel Mezzogiorno.
Al sostegno della flessibilità oraria e del part-time, è dedicata la disposizione che incentiva i datori di lavoro privati a riconoscere la trasformazione, reversibile e su base volontaria, del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, su richiesta delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, anche adottivi o affidatari, con figli fino a dodici anni di età ovvero fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione (art. 3). Oggi le lavoratrici e i lavoratori del settore privato sono infatti svantaggiati rispetto a quelli del settore pubblico, non avendo garanzia né di accesso al part-time su richiesta, né di ripristino del rapporto a tempo pieno.
Nello stesso contesto è disposta, per le sole lavoratrici dipendenti, la possibilità di richiedere al datore di lavoro – in alternativa al congedo parentale previsto dall'ordinamento – la trasformazione reversibile del rapporto di lavoro a tempo pieno in un part-time, per un periodo massimo di due anni. L'incentivo, in tal caso è riconosciuto tanto ai datori di lavoro – esonerati, per tutta la durata del rapporto a tempo parziale, dall'obbligo del versamento dei contributi per quelle lavoratrici, quanto per queste ultime, giacché si prevede che i datori di lavoro restituiscano loro una parte (fino ad un terzo) dei contributi risparmiati, a titolo di integrazione della retribuzione. Per le lavoratrici è inoltre prevista la contribuzione figurativa per tutta la durata del part-time incentivato.
Nell'ambito degli incentivi fiscali alle imprese che assumono donne, in particolare nel Mezzogiorno, si segnala la norma che proroga e potenzia il credito d’imposta per l'occupazione introdotto con la Finanziaria 2007 (art. 2, c. 539, della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Si prevede infatti una proroga di tre anni della disciplina vigente, fino al 31 dicembre 2011, e un incremento dell'importo del credito fino a 600 euro per ciascuna lavoratrice e ciascun mese di impiego (art. 4).
Al fine di incentivare l’assunzione di ultra-trentacinquenni, che avviano o riprendono l’attività lavorativa dopo periodi dedicati alla cura della famiglia, si introduce un'ulteriore e specifica agevolazione (art. 5). Al datore di lavoro che assume con contratto a tempo indeterminato una persona di età non inferiore a trentacinque anni, si riconosce l'esonero contributivo totale per un periodo di un anno dalla data dell’assunzione, con la corrispondente fiscalizzazione integrale dei contributi non versati. La condizione richiesta è che la persona cui si offre lavoro si trovi in condizione di inoccupazione o disoccupazione da almeno due anni, durante i quali sia stata impegnata in lavoro di cura in favore di figli di età inferiore ai dodici anni, anche adottivi o in affidamento, di familiari disabili gravi o di familiari non autosufficienti.
Infine, il pacchetto di incentivi alla partecipazione al lavoro delle donne reca un intervento a sostegno della formazione professionale delle lavoratrici autonome e di promozione all'imprenditoria e all'autoimprenditorialità femminili (art. 6).

Il secondo pacchetto di misure proposto con il presente provvedimento è centrato sul potenziamento degli strumenti di conciliazione familiare e il rafforzamento delle prestazioni sociali e assistenziali in favore delle famiglie con figli (Capo II).

In questo ambito, si segnala innanzitutto l'estensione e il potenziamento dei congedi parentali (art. 7). Si prevede infatti che le lavoratrici e i lavoratori possano accedere ai congedi parentali fino al terzo anno di vita del bambino, godendo di un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione, per i redditi fino a 35.000 euro per una famiglia di tre componenti . Tale limite è rimodulato al rialzo per le famiglie più numerose, sulla base dell'indicatore di situazione economica equivalente (ISEE). Per gli altri lavoratori, con redditi più alti, l'indennità è comunque elevata dal 30 per cento attuale al 50 per cento della retribuzione.
In entrambi i casi, il periodo massimo complessivo di congedo parentale di cui i genitori possono godere è esteso a dodici mesi, contro i nove attualmente ammessi.
Infine, per incentivare i padri ad utilizzare i congedi, si introduce un istituto del tutto innovativo: il congedo parentale aggiuntivo di tre mesi, fruibile dalla coppia solo se il padre ha fruito per almeno 4 mesi del congedo ordinario.

A sostegno della conciliazione familiare devono leggersi anche le misure che riconoscono detrazioni fiscali alle spese sostenute dalle famiglie per l'assistenza e cura di figli minori e di familiari non autosufficienti (art. 8).
In particolare, ai contribuenti con redditi non superiori a 40.000 euro si riconosce una detrazione del 19% delle imposte sui redditi personali (IRPEF) delle spese documentate sostenute per gli addetti all'assistenza domestica (baby-sitter, badanti, ecc.), per un importo non superiore a 2.100 euro annui.
La stessa detrazione del 19% è riconosciuta per le spese documentate sostenute per il pagamento di rette relative alla frequenza degli asili nido, per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio.

Si prevede inoltre che le Regioni, in sede di attuazione del “Piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi” introdotto dalla Finanziaria 2007, realizzino servizi mirati al sostegno delle madri in situazioni di disagio economico/sociale. In particolare, si prevede che le donne in difficoltà possano avere l'aiuto di apposite Assistenti di maternità, a partire dalla nascita del bambino fino al suo accesso all'asilo nido (art. 9).
Nello stesso contesto, si prevede l'incentivazione all'allungamento e alla flessibilizzazione degli orari di apertura degli asili e delle scuole e, in generale, di tutti gli uffici pubblici che rendono i principali servizi ai cittadini.

A completamento delle misure per il potenziamento dei servizi all'infanzia, si dispone un incremento delle risorse stanziate per l'attuazione del “Piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi”, nella misura di 100 milioni di euro per l’anno 2008 e di 200 milioni di euro in ragione d’anno per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, al fine di conseguire l'obiettivo di assicurare entro cinque anni la copertura del servizio di asili nido su tutto il territorio nazionale per almeno il 25 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni, in attuazione degli obiettivi di copertura territoriale fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 (art. 10).

Un'ulteriore sezione del disegno di legge è dedicata alle misure per l'eguaglianza di genere nel mercato del lavoro (Capo III).
In questo contesto si dispone l'obbligo, per tutte le amministrazioni pubbliche che detengono direttamente o indirettamente il controllo di società, di assicurare una equilibrata rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione e negli altri organi societari, in misura non inferiore aun terzo (art. 11).
Quanto alle società private, al fine di promuovere un'equilibrata partecipazione delle donne agli organi societari e ai ruoli dirigenziali, si prevede l'istituzione di un apposito “Certificato di qualità delle politiche di genere”(art. 13).
Possono accedere al “Certificato di qualità delle politiche di genere” le società che, nell'ambito degli statuti o dei codici etici adottati, prevedano l'adozione di piani triennali per il raggiungimento di una rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione, negli altri organi societari e nei ruoli dirigenziali, di una rappresentanza di ciascun genere non superiore al 60 e non inferiore al 40 per cento.

Si impone, inoltre, un obbligo di valutazione del rispetto della parità di genere da parte di tutte le amministrazioni pubbliche che svolgano gare di appalto, con la previsione di una riserva di punteggio per le imprese in possesso del “Certificato di qualità delle politiche di genere” (art. 12).

Infine, con le disposizioni di cui al Capo IV si pone l’importante obiettivo di introdurre anche nell’ordinamento italiano la valutazione dell’impatto di genere della legislazione.
Si tratta di uno strumento che, consentendo di effettuare ex ante un’analisi degli effetti che possono derivare da una proposta sia per le donne che per gli uomini, permette di evitare che decisioni politiche – apparentemente neutre rispetto al genere – possano avere un impatto differente, anche se non previsto e non voluto.
La valutazione dell’impatto di una proposta rispetto al genere permette di valutare, sulla base di specifici criteri rilevanti rispetto al sesso, la situazione presente e i prevedibili effetti conseguenti all’introduzione della suddetta proposta.
Di recente, il tema della parità di genere è stato oggetto di particolare attenzione da parte della Commissione europea che, nel quadro delle iniziative legate alla definizione del 2007 come Anno europeo delle pari opportunità per tutti, ha adottato una particolare strategia di intervento, fino al 2010, attraverso l’approvazione di una «Tabella di marcia» che prevede, tra l’altro, l’istituzione dell’Istituto europeo per l’eguaglianza di genere e anche l’avvio del Vertice sulla parità, il primo di una serie di riunioni regolari sostenute dalla Commissione.
La Tabella di marcia della Commissione nell’ambito della parte dedicata al miglioramento della governance sulla parità tra i generi, prevede che «l’applicazione di metodologie in tema di parità tra donne e uomini, quali la valutazione dell’impatto rispetto al genere e il bilancio di genere (l’integrazione della prospettiva di genere nella prospettiva di bilancio) favorirà la parità tra donne e uomini e apporterà maggiori trasparenza e affidabilità».
Il documento prevede in particolare l’intenzione della Commissione di «sostenere la valutazione dell’impatto rispetto al genere e il bilancio di genere, rafforzando l’integrazione della prospettiva di genere nella valutazione di impatto delle politiche e della legislazione comunitarie e studiando la possibilità di elaborare il bilancio di genere a livello di Unione europea, in particolare nei Fondi strutturali entro i limiti della gestione concorrente; di promuovere il bilancio di genere a livello locale, regionale e nazionale, anche attraverso lo scambio di pratiche ottimali; di potenziare l’efficacia della legislazione …».
Si ricorda che in Inghilterra e in Spagna, sia pure con modalità diverse, ci sono esempi di legislazione positiva che prevedono la valutazione equitativa di genere delle innovazioni legislative.
In Inghilterra la valutazione equitativa di genere è stata inserita nell’ambito della Analisi dell’impatto della regolamentazione, denominata (AIR), che era stata introdotta già a partire dagli anni ottanta quale metodo valutativo delle politiche pubbliche, in particolare di deregulation. La valutazione di genere è uno strumento per verificare in che modo le opzioni legislative di public policy possono influenzare donne e uomini in modo diverso, anche in quelle politiche e in quei settori in cui l’ineguaglianza non emerga in modo ovvio e palese.
Nell’ordinamento spagnolo è stata invece approvata una legge ad hoc (la legge n. 30 del 2003), che prevede che la relazione di impatto di genere sia allegata alle proposte di legge di iniziativa governativa.
Si ricorda inoltre come la valutazione equitativa di genere sia stata altresì prevista, come strumento valutativo ex ante non sono delle politiche di parità, ma delle politiche pubbliche in generale, nello strumentario decisionale della programmazione di alcuni importanti fondi comunitari.
In Italia l’entrata a regime del nuovo strumento valutativo delle politiche pubbliche è stata prevista dall’articolo 14 dedicato alla semplificazione della legislazione, commi da 1 a 11, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (legge di semplificazione per il 2005). Tale disposizione prevede, come supporto alle decisioni dell’organo politico di vertice in ordine all’opportunità dell’intervento normativo, l’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR), come «valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni mediante comparazione di opzioni alternative».
Si sottolinea che viene altresì prevista, come valutazione ex post, anche la verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR), sotto forma di verifica periodica da effettuarsi dopo il primo biennio dalla data di entrata in vigore della legge approvata ai fini della valutazione del raggiungimento delle finalità, della stima dei costi e degli effetti prodotti dall’intervento legislativo.
Il presente disegno di legge modifica il suddetto articolo 14 della legge n. 246 del 2005, al fine di prevedere che l’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e la verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR) ricomprendano l’impatto di genere tra i profili di indagine e valutazione.
Nella modifica dell’articolo 14 della legge n. 246 viene altresì previsto che per la realizzazione delle valutazioni AIR e VIR il Governo raccolga dati comparabili sulla parità tra i generi e statistiche disaggregate in base al sesso e quantifichi inoltre le ricadute sull’occupazione femminile degli investimenti e delle politiche pubbliche in materia di occupazione e di formazione.
Inoltre, il disegno di legge prevede una modifica al codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), al fine di ricomprendere l’esame delle ricadute sull’occupazione femminile degli investimenti pubblici in materia di occupazione e formazione nei contenuti della relazione che il Ministro del lavoro e della previdenza sociale rende al Parlamento sul monitoraggio dell’applicazione delle politiche di pari opportunità.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1
(Finalità)
1. Al fine di incentivare e sostenere la partecipazione delle donne alla vita economica, sociale, politica e istituzionale del Paese, la presente legge reca misure urgenti per il perseguimento dei seguenti obiettivi:
a) in funzione del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 in materia di occupazione femminile, la promozione della partecipazione al lavoro delle donne, attraverso un sistema mirato di incentivi normativi e fiscali e l'adozione a regime di una disciplina sull'eguaglianza di genere nel mercato del lavoro;
b) per le finalità di cui alla lettera a), il potenziamento degli strumenti di conciliazione familiare e il rafforzamento delle prestazioni sociali e assistenziali in favore delle famiglie con figli.

CAPO I
INCENTIVI ALLA PARTECIPAZIONE AL LAVORO DELLE DONNE

Art. 2
(Incentivi fiscali a favore delle madri lavoratrici dipendenti, autonome e parasubordinate)
1. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 1-quater è inserito il seguente:
''1-quinquies. Alle donne titolari di uno o più redditi di cui agli articoli 49, comma 1, 50, comma 1, lettere a), c-bis), e l), 53, 66 e 67, comma 1, lettere i) e l), con figli a carico per i quali è riconosciuta la detrazione di cui alla lettera c), è riconosciuta una detrazione aggiuntiva delle spese sostenute per il pagamento di rette relative alla frequenza degli asili nido e per i servizi di assistenza familiare e cura di figli minori di cui al comma 1, lettere i-septies) e i- octies), del presente articolo. La detrazione è riconosciuta nel limite di:
1) 400 euro per il primo figlio più 200 euro per ciascun figlio successivo al primo, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro;
2) 350 euro per il primo figlio più 150 euro per ciascun figlio successivo al primo, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 30.000 euro;
3) 350 euro per il primo figlio più 150 euro per ciascun figlio successivo al primo, se il reddito complessivo è superiore a 30.000 euro ma non a 40.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 30.000 euro.”
2. In caso di incapienza, totale o parziale, il beneficio di cui al comma 1 non goduto è corrisposto sotto forma di assegno alla lavoratrice madre.
3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Ministro per le pari opportunità, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di accesso al beneficio di cui al presente articolo.
4. Con riferimento ai due anni di imposta successivi a quello di entrata in vigore della presente legge, alle lavoratrici residenti nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise, il beneficio di cui al presente articolo è riconosciuto in misura maggiorata del 30 per cento.
Art. 3
(Misure di incentivazione e sostegno della flessibilità oraria e del part-time)
1. Al fine di promuovere il ricorso al lavoro a tempo parziale su base volontaria, in funzione di sostegno alla compatibilità dei tempi di vita e di lavoro, all’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera a), è inserita la seguente:
“a-bis) la trasformazione, reversibile e su base volontaria, del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, su richiesta delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, anche adottivi o affidatari, con figli fino a dodici anni di età ovvero fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione;”;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
“1-bis. I contributi di cui al presente articolo sono assegnati con priorità per le imprese ubicate nelle aree del territorio nazionale ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea.”;
c) dopo il comma 9, è inserito il seguente:
«Art. 9-bis. – ( Part-time incentivato per le lavoratrici madri). – 1. Le lavoratrici dipendenti in condizione di accedere al congedo parentale di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, possono richiedere al datore di lavoro, in alternativa all'accesso a tale istituto, la trasformazione reversibile del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale in misura non superiore al 50 per cento, per un periodo massimo di un anno.
2. A seguito dell'esercizio della facoltà di cui al comma 1, i datori di lavoro sono esonerati, per tutta la durata del rapporto a tempo parziale, dall'obbligo del versamento dei contributi alle forme di assicurazione generale obbligatoria. I medesimi datori di lavoro sono tenuti a corrispondere alle lavoratrici, a titolo di integrazione della retribuzione, una percentuale non inferiore ad un terzo dei contributi ammessi all'esonero.
3. I periodi di attività lavorativa a tempo parziale di cui al comma 1 sono coperti da contribuzione figurativa utile ai fini della maturazione del diritto e del calcolo della misura delle prestazioni previdenziali, secondo le disposizioni di cui all'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155.

Art. 4
(Proroga e incremento del credito d'imposta per l'occupazione femminile
nelle aree del Mezzogiorno)

1. All'articolo 2, comma 539, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il secondo periodo è sostituito dal seguente: “In caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all’articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, il credito d’imposta è concesso, fino al 31 dicembre 2011, nella misura di euro 600 per ciascuna lavoratrice e per ciascun mese.”

Art. 5
(Incentivi ai datori di lavoro per l’assunzione di persone che avviano o riprendono l’attività lavorativa dopo periodi dedicati alla cura della famiglia)
1. Al fine di incentivare l’assunzione di persone di età superiore a trentacinque anni, che avviano o riprendono l’attività lavorativa dopo periodi dedicati alla cura della famiglia, gli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro che assume con contratto a tempo indeterminato un soggetto in possesso dei requisiti di cui al comma 2 sono integralmente fiscalizzati per un periodo di un anno dalla data dell’assunzione.
2. È ammesso all’incentivo di cui al comma 1 ciascun datore di lavoro che assume con contratto a tempo indeterminato una persona di età non inferiore a trentacinque anni, in condizione di inoccupazione o disoccupazione da almeno due anni, ai sensi dell'articolo 2 e successive modifiche del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, che nello stesso periodo sia stata impegnata in lavoro di cura in favore di:
a) figli di età inferiore ai dodici anni, anche adottivi o in affidamento;
b) familiari disabili gravi, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;
c) familiari non autosufficienti.
3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d’intesa con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e per i diritti e le pari opportunità, sono individuate le modalità di accesso al beneficio di cui al presente articolo.

Art. 6
(Formazione professionale e sostegno
all'imprenditoria e all'autoimprenditorialità femminili)

1. Al fine di incrementare e promuovere le azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nell'accesso alle attività d'impresa, l'articolo 45 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, è sostituito dal seguente:
«Art. 45. – (Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la formazione professionale). – Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 42, comma 1, autorizzati secondo le procedure previste dagli articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, ed approvati dal Fondo sociale europeo, è destinata una quota non inferiore al 25 per cento del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25 della stessa legge, determinata annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 42, comma 1, viene accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa deve essere attuata, dalla commissione regionale per l'impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento provvede il Comitato di cui all'articolo 8.
3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati (
a) per il 75 per cento tra tutte le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati;
b) per il 25 per cento tra le regioni in cui il tasso di occupazione femminile, come rilevato dall'Istituto nazionale di statistica, è inferiore alla media nazionale, in proporzione alla popolazione residente».
2. A decorrere dall'anno 2009, una quota non inferiore al 25 per cento del “Fondo per la finanza d'impresa” di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è destinata al sostegno e alla creazione di nuove imprese femminili, nonché al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili.
3. A decorrere dall'anno 2009, il “Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile”, di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, è finanziato nella misura di 100 milioni di euro in ragione d'anno.
3. Nell'esercizio della potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di sostegno all'innovazione per i settori produttivi, le regioni, anche a statuto speciale, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, attuano per le finalità coerenti con la legge 25 febbraio 1992, n. 215, e successive modificazioni, in accordo con le associazioni di categoria, programmi per la formazione continua e per la promozione dell'autoimpiego, di piani e progetti aziendali, territoriali, settoriali o individuali finalizzati alla formazione delle lavoratrici autonome.

CAPO II
SOSTEGNO ALLA CONCILIAZIONE FAMILIARE

Art. 7
(Estensione e potenziamento dei congedi parentali.
Istituzione del congedo di paternità esclusivo)
1. L’articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è sostituito dai seguenti:
«Art. 34. – (Trattamento economico e normativo dei congedi parentali). – 1. Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di dodici mesi. L’indennità è calcolata secondo quanto previsto all’articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso.
2. Nel caso in cui le risorse economiche del nucleo familiare di appartenenza del bambino risultino pari o inferiori ai valori dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, tabella 1, e successive modificazioni, come risultanti assumendo il valore 35.000 euro annui con riferimento a nuclei monoreddito con tre componenti, l’indennità di cui al comma 1 è pari al 100 per cento della retribuzione. Per nuclei familiari con diversa composizione, il requisito economico è riparametrato sulla base della scala di equivalenza di cui alla tabella 2 del medesimo decreto legislativo n. 109 del 1998, e successive modificazioni, tenendo conto delle maggiorazioni ivi previste.
3. L’indennità di cui ai commi 1 e 2 è corrisposta per tutto il periodo di prolungamento del congedo per la cura di minori con handicap in situazione di gravità, ai sensi dell’articolo 33.
4. Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 3 è dovuta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che ricorrano le condizioni di reddito di cui al comma 2.
5. L’indennità per congedo parentale è corrisposta con le modalità di cui di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, e con gli stessi criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
6. I periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.
7. Nel caso in cui ricorrano le condizioni di reddito di cui al comma 2, i periodi di congedo parentale sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
8. Ai congedi parentali si applica quanto previsto all’articolo 22, commi 4, 6 e 7
Art. 34-bis. – (Congedo parentale aggiuntivo). – 1. Nel caso di lavoratori padri che fruiscano del congedo parentale di cui all’articolo 32 per un periodo pari ad almeno 4 mesi, è riconosciuto alla coppia, alle medesime condizioni, il diritto ad accedere ad un congedo aggiuntivo per una durata di ulteriori tre mesi».

Art. 8
(Detrazione fiscale delle spese sostenute dalle famiglie
per l'assistenza ai bambini e agli anziani)

1. All'articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, la lettera i-septies) è sostituita dalle seguenti:
“i-septies) le spese documentate, per un importo non superiore a 2.100 euro annui, sostenute per i servizi di assistenza e cura di figli a minori, nonché per gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se il reddito complessivo non supera 40.000 euro;
i-octies) le spese documentate sostenute per il pagamento di rette relative alla frequenza degli asili nido, per un importo complessivamente non superiore a 632 euro annui per ogni figlio;”

2. Il riconoscimento delle detrazioni di cui all'articolo 15, comma 1, lettera i-septies), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è condizionato all'integrale applicazione, nei confronti degli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare occupati nel nucleo familiare, della parte economica e normativa nonché di quella obbligatoria dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni e organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, nonché all'integrale versamento, nei confronti dei medesimi addetti, dei contributi previdenziali e assistenziali previsti dalla legislazione vigente in materia. Ai fini dell'accesso alle detrazioni, il contribuente deve indicare nella dichiarazione fiscale il codice fiscale del lavoratore o dei lavoratori domestici interessati.

3. Nel caso di impiego nel nucleo familiare di lavoratori addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare per i quali sia stata adottata una procedura di emersione o regolarizzazione contributiva e fiscale, la detrazione di cui al comma 2 spetta entro l'importo massimo di 2.500 euro per l'anno d'imposta in cui è avvenuta la regolarizzazione.

Art. 9
(Assistenza di maternità individuale e conciliazione dei tempi nell'accesso ai servizi)
1. Fatte salve le competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, il Ministro delle politiche per la famiglia, di concerto con i Ministri della pubblica istruzione, della solidarietà sociale e per i diritti e le pari opportunità, promuove, ai sensi dell'articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, una intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, avente ad oggetto:

a) la realizzazione, in sede di attuazione del “Piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi” di cui all'articolo 1, comma 1259, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, di servizi mirati al sostegno delle madri in situazioni di disagio economico/sociale che prevedano forme di assistenza di maternità individuale dalla nascita del bambino fino al suo accesso all'asilo nido;

b) l'incentivazione all'allungamento e alla flessibilizzazione degli orari di apertura degli asili e delle scuole, nonché degli uffici pubblici che erogano i principali servizi ai cittadini.

Art. 10
(Rifinanziamento del Fondo nazionale per gli asili nido)
1. Al fine di conseguire l'obiettivo di assicurare, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la copertura del servizio di asili nido su tutto il territorio nazionale per almeno il 25 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni, in attuazione degli obiettivi di copertura territoriale fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000, il Fondo di cui all'articolo 1, comma 1259, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato nella misura di 100 milioni di euro per l’anno 2008 e di 200 milioni di euro in ragione d’anno per gli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.

2. Le maggiori risorse di cui al presente articolo sono destinate al cofinanziamento degli investimenti promossi dalle amministrazioni territoriali per la costruzione ovvero la riqualificazione di strutture destinate ad asili nido, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all’articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

CAPO III
MISURE PER L'EGUAGLIANZA DI GENERE NEL MERCATO DEL LAVORO

Art. 11
(Obbligo di equilibrata rappresentanza di genere
nei consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico )

1. Le amministrazioni pubbliche che detengono, direttamente o indirettamente, il controllo di società, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, promuovono entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nelle forme previste dalla vigente normativa, anche attraverso appositi atti di indirizzo, iniziative volte ad assicurare un'equilibrata rappresentanza di ciascun genere nell'ambito degli organi societari, in misura non inferiore ad un terzo.

Art. 12
(Obbligo di valutazione del rispetto della parità di genere
in sede di aggiudicazione delle gare di appalto)

1. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, un decreto legislativo recante una modifica delle disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il “Codice dei contratti pubblici”, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) nell'ambito dei principi generali che regolano l'affidamento di servizi e lavori pubblici, introdurre il criterio del rispetto della parità di genere;
b) in sede di aggiudicazione delle gare di appalto, prevedere una riserva di punteggio per le imprese in possesso del “Certificato di qualità delle politiche di genere” di cui all'articolo 13.

Art. 13
(Certificato di qualità delle politiche di genere)
1. Al fine di promuovere un'equilibrata partecipazione delle donne agli organi societari e ai ruoli dirigenziali delle società di capitali, il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero delle pari opportunità, promuove, nell'ambito dei sistemi di accreditamento delle imprese secondo i principi della responsabilità sociale, l'istituzione di un apposito “Certificato di qualità delle politiche di genere”.

2. Possono accedere al “Certificato di qualità delle politiche di genere” le società che, nell'ambito degli statuti o dei codici etici adottati, prevedano l'adozione di piani triennali per il raggiungimento di una rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione, negli altri organi societari e nei ruoli dirigenziali, di una rappresentanza di ciascun genere non superiore al 60 e non inferiore al 40 per cento.

3. Una quota non inferiore al 30 per cento del “Fondo per la diffusione della cultura e delle politiche di responsabilità sociale delle imprese”, di cui all'articolo 2, comma 437, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è destinata alla promozione dell'eguaglianza di genere negli organi societari e nei ruoli dirigenziali

CAPO IV
OBBLIGO DI VALUZIONE DELL'IMPATTO DI GENERE
DELLA LEGISLAZIONE

Art. 14
(Modifiche all’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, in materia di semplificazione della legislazione)

1. All’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
«6-bis. Al fine di conseguire l’applicazione del principio di eguaglianza tra donne e uomini e l’effettiva parità tra i generi in ogni ambito della vita pubblica e privata, l’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e la verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR) ricomprendono, tra i profili di indagine e valutazione, l’impatto di genere.
6-ter. Per la realizzazione delle valutazioni di cui al comma 6-bis, il Governo raccoglie dati comparabili sulla parità tra i generi nonché statistiche disaggregate in base al sesso e quantifica inoltre le ricadute sull’occupazione femminile degli investimenti e delle politiche pubbliche in materia di occupazione e di formazione».

Art. 15
(Modifiche all’articolo 20 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198)

1. All’articolo 20 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, al comma 1, dopo le parole: «pari opportunità nel lavoro» sono inserite le seguenti: «, sulle ricadute sull’occupazione femminile degli investimenti pubblici in materia di occupazione e formazione».

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