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Sul caso Di Girolamo

Fortuna vuole che qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare le sue dichiarazioni verosimiglianti circa la sua residenza all’estero e della “resistenza” del signor Di Girolamo se ne è parlato parecchio. Non posso aggiungere altro a quanto già scritto circa la sua “morale”, circa la sua “baldanza”, circa il suo “coraggio” di presentarsi come candidato pur sapendo che i suoi margini di manovra erano ristretto. Diciamo che ci ha provato, poteva anche andargli bene. Vorrei soltanto fare una riflessione: lui perfetto “sconosciuto” è riuscito a farsi eleggere, sorpassando un candidato (la signora Rebuzzi) che aveva già un’esperienza parlamentare di due anni. Perché? Perché ha inviato due milioni di lettere di presentazione? È una ipotesi, che però fa il paio con un’altra: che noi italiani all’estero con diritto di voto abbiamo avuto poche scelte: questi erano i candidati, e non tutti nella passata legislatura avevano lavorato bene (ma avevano lavorato?). Per cui molti italiani hanno provato a scegliere il “nuovo” a scapito di quell’ “usato”, che “sicuro” non era (mi riferisco alla Rebuzzi e a Romagnoli, due illustri trombati). Ed ecco spuntare il signor Di Girolamo, il quale deve aver investito parecchi soldini per farsi eleggere. E allora un’altra considerazione: chi vuol partecipare alla campagna per le elezioni all’estero deve avere un congruo libretto bancario. Dal che la domanda siamo tutti eleggibili? Non so.

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