GELMINI:POLITICA SCOLASTICA COME PRIMA PEGGIO DI PRIMA

LA MINISTRA CHE VUOLE PICCONARE LA SCUOLA DI STATO

di Paolo Bonetti

Da Cavour a Berlusconi, da Francesco De Sanctis a Mariastella Gelmini: questa è un’ulteriore dimostrazione di quanto sia menzognera ogni filosofia della storia come progresso necessario e inarrestabile: fra l’altro, dobbiamo anche registrare che, nell’uragano di critiche che si è abbattuto sulle velleità riformatrici della ministra dell’Istruzione, si segnala invece il dolce venticello dell’appoggio, seppure parziale, che le è venuto da un ex-ministro della P.I., Luigi Berlinguer, non per nulla uno dei peggiori nella storia dell’Italia repubblicana e non solo di quella. Il difetto principale della Gelmini non è quello, certamente grave, di essere emersa dal nulla, senza alcuna esperienza della scuola e di tutto ciò che le si connette, e di essere diventata ministro per volontà autocratica del suo boss. Talvolta capita che colui che non si è mai impegnato in un certo ramo di attività, una volta chiamato ad occuparsene, vi porti idee nuove e coraggiose che sgomberano il campo da vecchi pregiudizi e interessi consolidati. Purtroppo, non è questo il caso della giovane ministra berlusconiana, che ha cercato di accreditarsi come riformatrice della scuola italiana, attraverso provvedimenti che sanno di muffa e non risolvono un bel niente. Nella nostra scuola esistono certamente problemi di serietà degli studi e mantenimento di una disciplina non estrinseca che consenta, nei fatti, questa serietà. Ma davvero si crede che basti il cinque in condotta o l’adozione del grembiulino per risolvere questi problemi? Forse lo potrà credere qualche giornalista che non ha fresca esperienza della nostra scuola e non si rende conto di come negli ultimi decenni sia cambiata la quantità e soprattutto la qualità del popolo scolastico, studenti, insegnanti e famiglie, le quali ultime hanno assunto un ruolo importante all’interno dell’istituzione, ruolo non sempre esercitato con senso di responsabilità. Con questi pannicelli caldi si fa soltanto della demagogia per nascondere i veri obbiettivi che la Gelmini e il capo del governo si propongono nel settore della politica scolastica.

Sappiamo tutti che il bilancio dell’Istruzione è un bilancio profondamente squilibrato nel rapporto fra spesa corrente e spesa per investimenti, così come sappiamo che i nostri insegnanti, pur essendo i peggio pagati in Europa, incidono su questo bilancio in misura abnorme. L’unica soluzione razionale è quella di aumentare l’impegno finanziario complessivo per la scuola di Stato, magari rendendo più equilibrato il rapporto fra i diversi comparti della spesa. Ma per fare questo bisogna avere in testa una qualche idea coerente circa i compiti della scuola, il suo rapporto con la cultura nazionale e il mondo del lavoro, il ruolo sociale degli insegnanti e la funzione che essi hanno non di semplici trasmettitori di nozioni ma di educatori delle nuove generazioni. Un’idea non banale della scuola implica quindi, in chi governa, la consapevolezza attiva dell’ethos che la deve ispirare nella sua azione quotidiana. Non si tratta di Stato etico, ma di Stato consapevole delle sue responsabilità morali di fronte a una società agitata da pulsioni spesso contraddittorie. Quando si decide di fare delle riforme, non si può partire, come se si trattasse di un qualunque ramo del sottogoverno, dalla necessità di fare economie nel bilancio dello Stato, e poi tagliare spensieratamente maestri, insegnanti di sostegno, tempo pieno, incidendo ferocemente nella vita di migliaia di famiglie, le più deboli economicamente e culturalmente, quelle che nella scuola di Stato confidano per poter garantire ai loro figli gli stessi diritti dei figli dei privilegiati. La ministra perde poi ogni alibi riformatore e mostra il suo vero volto, quando decide di picconare la scuola elementare, che è quella che in Italia notoriamente funziona meglio, tanto da aver ricevuto significativi riconoscimenti internazionali. E, a quanto pare, si appresta a picconare l’altro settore scolastico italiano che, pur con molteplici difficoltà, continua ancora ad avere un buon rendimento, quello dei licei.

A questo punto, i peggiori sospetti diventano plausibili ed è lecito cominciare a pensar male, direi anzi che è doveroso farlo per tentare di sventare una manovra la cui natura si delinea sempre più chiaramente. Si vogliono demolire i settori migliori della nostra istruzione statale, per spingere le famiglie che se lo possono permettere a mandare i loro figli nelle scuole private, che in Italia sono poi, nella stragrande maggioranza, scuole cattoliche gestite spesso da ecclesiastici. Gli altri, i poveri, gli immigrati, i figli di un dio minore, resteranno nella scuola di Stato degradata, con pochi insegnanti e mal pagati, orario ridotto, famiglie di genitori che lavorano costrette a sobbarcarsi pesi per esse insostenibili. Il concetto liberale delle pari opportunità, la stessa meritocrazia di cui la ministra si riempie demagogicamente la bocca, saranno nelle pratica schiacciati e resi puro flatus vocis da una politica scolastica oggettivamente classista che si spaccia per libertà e serietà della scuola, mentre sacrifica ogni proposito educativo allo spreco della ricchezza nazionale, che in altri ambiti continua allegramente. Come prima, peggio di prima.

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