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Accordo tra Italia e Nuova Zelanda per il lavoro dei familiari del personale diplomatico

“I trattati internazionali sono sempre atti importanti, indipendentemente dal numero di persone che se ne avvantaggiano” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.

“Nel caso della ratifica, appena avvenuta alla Camera, dell’accordo tra Italia e Nuova Zelanda si risponde a un’esigenza primaria quale è quella del diritto al lavoro dei familiari del personale diplomatico e consolare e del personale presso le organizzazioni internazionali”. “Con questo accordo non solo la questione viene regolamentata ma anche semplificata nelle procedure e questo è sempre positivo in una fase in cui si parla tanto di semplificazione amministrativa”. “Nell’accordo tra l’altro è previsto il pieno rispetto di tutte le normative locali, sul lavoro, in materia tributaria e di sicurezza sociale”.

“Il ricorso ai trattati internazionali è un atto dovuto in assenza di regolamentazioni internazionali in materia. Su alcune questioni ritengo possa esserci uno sforzo degli organismi internazionali teso a prevedere risposte multilaterali anziché lasciare tutto alla reciprocità bilaterale ma fino a quando non avremo questa visione autenticamente “globale” anche delle relazioni tra singoli Paesi non potremo che utilizzare gli strumenti che abbiamo” – ha ricordato l’On. Marco Fedi.

“Soprattutto quando questi accordi sono l’unico strumento che abbiamo per arricchire il quadro normativo per le reti diplomatico-consolari nel mondo facilitando in questo modo la scelta delle destinazioni estere. Dovremmo proseguire in questa direzione. Ad esempio uno dei Paesi che richiederebbe interventi in questo senso è l’Australia, non solo per quanto attiene al lavoro ma anche ai visti che al momento non possono eccedere complessivamente 10 anni. Anche se ritengo che su questa materia si renda necessaria una riflessione più ampia che la semplice introduzione di incentivi” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Segue il testo dell’intervento svolto in aula in qualità di relatore.

Il provvedimento al nostro esame è il disegno di legge (C. 1627) di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Nuova Zelanda, riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con scambio di note integrativo fatto a Roma il 2 e 7 novembre 2006.

L’accordo di reciprocità si prefigge di rendere possibile l’accesso al lavoro sul territorio della Repubblica italiana ai familiari e congiunti del personale delle Rappresentanze diplomatiche neozelandesi, sia del personale diplomatico e consolare che del personale tecnico che del personale dislocato presso le organizzazioni internazionali. L’accordo prevede analoghe condizioni e quindi la possibilità di svolgere attività lavorativa per i familiari e congiunti del personale della rappresentanza diplomatica e consolare italiana in Nuova Zelanda, incluso il personale tecnico ed il personale dislocato presso organizzazioni internazionali.

È evidente la ragion d’essere dell’accordo per quanto concerne la possibilità di accedere al mondo del lavoro per una categoria di persone che è chiamata a vivere in uno dei paesi contraenti per periodi lunghi e che, nel pieno rispetto di tutte le normative sul lavoro, in materia tributaria e sicurezza sociale, possa vedersi riconosciuto il diritto al lavoro. Altresì evidente il carattere di piena reciprocità sia per gli elementi appena citati che per le procedure semplificate che rappresentano elemento di novità in questo accordo.

I cittadini neozelandesi, in deroga a quanto previsto dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, potranno avvalersi di un procedimento semplificato che consente di avviare un rapporto di lavoro ottenendo un’autorizzazione tramite i centri per l’impiego. Procedura che consente di evitare le norme restrittive in materia di lavoro per cittadini extra-comunitari e che, di fatto, li assimila ai cittadini comunitari. Avendo l'Accordo carattere di reciprocità, le stesse condizioni valgono per i concittadini italiani in Nuova Zelanda, per i quali è previsto un simile canale privilegiato e semplificato.

L'Accordo risulta pienamente compatibile con l'impianto normativo vigente, italiano o comunitario; non si ravvisano elementi di incompatibilità o di contrasto, né emergono profili di impatto normativo sull'assetto delle autonomie territoriali.

L’intervento si rende necessario per facilitare l'accesso al lavoro per tutti i cittadini neozelandesi che vivono in Italia in qualità di familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo e per i cittadini italiani della stessa categoria che vivono in Nuova Zelanda. L’esigenza di avere un quadro giuridico di riferimento per disciplinarne tutti i vari casi, ha indotto i Governi dei rispettivi Paesi ad assumere l'iniziativa di concludere un Accordo bilaterale in materia. Per i cittadini neozelandesi in Italia, l'Accordo summenzionato prevede infatti l'avvio di un procedimento amministrativo per ottenere l'autorizzazione al lavoro tramite i centri per l'impiego, esentandoli in tal modo dalle norme più restrittive applicate invece agli altri lavoratori extracomunitari. Anche per i cittadini italiani in Nuova Zelanda, avendo l'Accordo carattere di reciprocità, è prevista un'analoga procedura.

Quanto all'impatto dell'Accordo sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, si ritiene che esso sia scarsamente rilevante poiché, non modificandone le strutture e i modelli organizzativi, ben si inserisce in percorsi procedurali già esistenti senza creare carichi aggiuntivi di lavoro, se non di assai modesta entità, né ulteriori costi.

Il disegno di legge di ratifica è composto da tre articoli. L’art. 1 autorizza alla ratifica, l’art. 2 alla piena esecuzione dell’accordo richiamando le modalità di entrata in vigore previste dall’art. 8 dell’accordo e l’art. 3 sull’entrata in vigore della legge di ratifica. Non vi sono oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non vi sono norme di copertura finanziaria.

L’accordo è costituito da otto articoli.

L’art. 1. definisce l’oggetto dell’intesa, cioè i familiari conviventi di personale diplomatico e consolare. Per familiari si intendono i coniugi non separati ed i figli non coniugati di età compresa tra i 18 ed i 21 anni, ovvero effetti da disabilità fisica o mentale da cui consegua la mancata autosufficienza.

Gli artt. 2 e 3 fissano le procedure, in Italia e Nuova Zelanda, rispettivamente. In deroga alle norme generali sull’immigrazione, l’accordo prevede la segnalazione da parte delle Ambasciate al cerimoniale dei rispettivi Ministeri degli esteri della richiesta da parte di un soggetto avente diritto di poter esercitare attività lavorativa subordinata o autonoma.

L’art. 4 è relativo alla piena applicabilità della normativa locale in materia fiscale, del lavoro e della sicurezza sociale. Si esclude in maniera specifica il riconoscimento dei titoli di studio.

L’art. 5 concerne l’immunità che viene meno per quanto attiene alle giurisdizioni civile ed amministrativa per i soggetti interessati dall’accordo ove si verificassero fatti rilevanti sotto il profilo penale. I contraenti potranno richiedere la rinuncia alla autorizzazione in assenza della quale può esservi un provvedimento di revoca del permesso. L’esame della richiesta dovrà avvenire nel più breve tempo possibile. A questo proposito lo scambio di note del novembre 2006 precisa questo aspetto di celerità temporale.

L’art. 6 fissa i limiti il periodo relativo alla validità della autorizzazione, che è limitata al periodo della missione del dipendente cui il soggetto fa capo. L’autorizzazione non sarà concessa a coloro i quali hanno lavorato illegalmente nello Stato ricevente o che ne abbiano violate le leggi in materia fiscale o di sicurezza sociale o che destino allarme sotto il profilo della sicurezza nazionale.

L’art. 7 regola la durata ed i termini dell’accordo. La durata è illimitata fatta salva la possibilità di ciascuna delle parti di recedere dall’accordo con un preavviso scritto con tre mesi di anticipo.

L’art. 8 fissa l’entrata in vigore dell’accordo che è il primo giorno del secondo mese successivo alla data di ricezione della seconda delle notifiche con cui le parti contraenti si saranno reciprocamente comunicate l’avvenuto espletamento delle procedure a tal fine previste dai rispettivi ordinamenti.

Questa tipologia di accordi contribuisce ad arricchire il quadro normativo per le reti diplomatico-consolari nel mondo e a garantire l’accesso al diritto al lavoro dei familiari conviventi del personale, facilitando in questo modo la scelta delle destinazioni estere. Dovremmo proseguire in questa direzione, ad esempio uno dei Paesi che richiederebbe interventi in questo senso è l’Australia, non solo per quanto attiene al lavoro ma anche ai visti che al momento non possono eccedere complessivamente 10 anni. Credo comunque che su questa materia si renda necessaria una riflessione più ampia che la semplice introduzione di incentivi.

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