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Costituzione. Lettera aperta al Presidente Cossiga

ora sottoscriva mio ddl

Al Presidente emerito della Repubblica
Sen. Francesco Cossiga
Egregio Presidente,
la lettura delle sue importanti considerazioni in chiosa all'articolo dell'ex Presidente del Senato Marcello Pera sul “patriottismo costituzionale” enunciato di recente dal Presidente Napolitano, svelano le perplessità, condivise, dunque, non solo dalla sottoscritta, sulla genesi e sul significato del Primo articolo della nostra Costituzione.
Frutto di una soluzione primariamente politica e ovviamente compromissoria fra i due schieramenti che si fronteggiavano dopo il 25 aprile del 1945, specchio del nuovo assetto internazionale che vedeva i Paesi vincitori avviarsi ad nuova guerra, detta “fredda”, così “Filo-sovietico” o “sovietizzante” come lei lo definisce, non c'è dubbio, con quel “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” che sembra risuonare tanto in sintonia con altri motivi di un repertorio pittoresco “popolare” fatto di versi come “Compagni dai campi e dalle officine…”, non sembra si addica tanto alla società italiana contemporanea quanto forse più a Paesi con cultura e storia certamente differente come Cina, Vietnam, Corea del Nord o Cuba.
Ma tant'è, e decisamente alla proposizione con cui si apre una costituzione è attribuito un altissimo valore simbolico. È in essa che viene affermato un modello istituzionale ed è con essa che si esprimono i valori fondanti la base del vivere civile. Sempre che la Costituzione si dimostri efficace nell'affermare e proteggere i suoi valori fintanto che il popolo in essa identificato possa a sua volta identificare se stesso in quella dichiarazione d'apertura. Il primo articolo è quello che intere generazioni dovrebbero imparare a memoria, tramandare o citare ogniqualvolta vi sia una sua patente o potenziale violazione. Con esso si dovrebbe misurare ogni giorno l'operato dei governanti, la sua eco riverberare nelle opere letterarie, nella cinematografia, nelle aule di tribunale.
A più di sessantuno anni da quel 22 marzo 1947, non vi e' dubbio che l'articolo 1 della Costituzione ha fallito questa sua alta missione.
Anche se molte e concorrenti sono le definizioni di “lavoro” nel nostro ordinamento, ne troviamo un'autorevole all'articolo 4, comma 2, della Costituzione: “un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societa'”. In questo articolo, il “lavoro” e' qualificato come diritto e dovere di ciascun cittadino. Una definizione molto ampia, volutamente indeterminata, che non si limita ad indicare un rapporto di lavoro tradizionale, come ad esempio quello pattuito in un qualsiasi contratto di impiego. Ma chi esattamente puo' riconoscersi nella categoria di “lavoratore”, ovvero di cittadino che svolge l'attivita' sulla quale e' fondata la nostra Repubblica? Possono identificarsi in quel primo articolo i milioni di cittadini disoccupati? E coloro che lavorano al nero, e quindi non pagano le imposte? I milioni di cittadini in fase di studio, minorenni e non, o di formazione sono lavoratori effettivi, oppure solo potenziali “attori”? Ed i milioni di cittadini non più in grado di lavorare in quanto affetti da gravi malattie o perché vittime di incidenti sul lavoro? Cosa dire ancora dei milioni di cittadini che percepiscono una pensione di anzianità, non più svolgendo l'attività “lavoro”? È da considerarsi “lavoratore” anche la persona alla ricerca della propria felicità e realizzazione, anche al costo di restare per lungo tempo senza “lavoro”?
Il semplice fatto che, a distanza di più di sessant'anni, queste domande possano ancora essere poste, che milioni di cittadini possano anche solo esitare a riconoscersi nel principio fondante della propria Repubblica, è indice del fallimento di quel primo articolo. Cosa ben piu' grave, chi esita nel riconoscersi in questo primo articolo, finira' per accogliere con diffidenza anche il resto della Costituzione.
Conseguente a tali premesse, che Lei oggi dimostra di condividere, è un disegno di legge di mia iniziativa che avevo già presentato alla Camera la scorsa legislatura il 22 marzo 2007, e che ho poi ripresentato alcuni mesi fa al Senato. Consta di un solo articolo col quale si sostituisce il primo comma del primo articolo della Costituzione con il seguente: “La Repubblica italiana è uno Stato democratico di diritto fondato sulla libertà e sul rispetto della persona”.
Le mando in allegato il testo di tale disegno di legge, nella speranza che una sua attenta valutazione la possa convincere a sottoscriverlo.
Rispettosi saluti,
Sen. Donatella Poretti
A questo link il disegno di legge: http://blog.donatellaporetti.it/?p=8

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