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Il duplice e complice silenzio di C.A. Ciampi

IL DUPLICE E COMPLICE SILENZIO DI CARLO AZEGLIO CIAMPI

Genova, 4 settembre 2006

Invio a mezzo racc.(consegnatal’8/09/06)

Sen. CARLO AZEGLIO CIAMPI

Palazzo Madama 00186 Roma

Illustre Senatore,

il 14 novembre 1979 la scrittrice Anna Maria Ortese così mi scriveva: “La stimo per il Suo lavoro e Le auguro ogni fortuna. … Sulle nostre parole, guardandole o scansandole come pozzanghere, la società, anche dei migliori, costruisce unicamente i suoi interessi, comodità e piaceri”; espressioni dovute alla nuda e cruda esperienza, ma, al di là delle opinioni, resta il fatto che Lei, nel corso degli anni, al contrario di Anna Maria Ortese, ha disprezzato tanto il sottoscritto quanto il suo lavoro.Il 2 dicembre 1995, così l’attrice Valeria Moriconi: “Lei ha molto coraggio e credo che sia uno dei pochi che capiscono quanto la sincerità sia merce poco richiesta. … Le auguro di restare sempre così vivo, coraggioso e inaffossabile (perché Lei lo è!)… sappia che l’ammiro”, Lei, illustre senatore, con il Suo silenzio complice ha negato l’esistenza del sottoscritto e disapprovato, per conseguenza logica, quanto da anni denuncio e svelo. Evidentemente la sincerità, per Lei, è merce da relegare nel secchio della spazzatura.Il 6 maggio 1997, così Alessandro Galante Garrone: “Per sincerità debbo dirle che ho apprezzato non poco di quanto Lei ha scritto. … Accolga il mio grazie e – se possibile – anche le mie scuse”.Non so quanta stima Lei abbia di questi tre personaggi che non hanno classificato il sottoscritto, per ragioni di comodo, uno dei tanti dementi lasciati in balia di se stessi. So che Alessandro Galante Garrone aveva un’immensa stima di Ernesto Rossi; del resto come si può non apprezzare, tanto più oggi, chi, per fare un esempio di un uomo che mai sbugiardò se stesso, rinunciò al proprio stipendio di presidente di un ente pubblico accontentandosi della sua grama pensione di insegnante?Le rispedisco l’introduzione a stampa di un mio libro inedito, come, del resto, quelli che lo hanno preceduto perché quanto denuncio e svelo non raggiungesse l’opinione pubblica, anch’esso interamente documentabile per chiunque non intenda – vigliaccamente – nascondere la testa sotto la sabbia; questo per dare spazio a quella che si potrebbe ancora definire speranza, ammesso di non averla confusa con l’illusione.A Lei, dunque, se porre finalmente fine alla più crudele delle violenze, quella che, agendo negativamente sulla psiche della persona non lascia la benché minima prova, né un livido, né una ferita, né un indumento strappato, né tutto ciò che qualsiasi telecamera sarebbe in grado di documentare: gli effetti della nuda e cruda violenza, o se, continuando a non riconoscere il sottoscritto in quanto soggetto dotato di una sua propria attività intellettiva che ragiona, riflette e argomenta, confermare che tale metodologia è consona all’Italia di oggi (e di domani per conseguenza logica).Distinti saluti.Silvano Strazza

All/ Introduzione a stampa a L’ITALIA ILLEGALE DEL CONDISCENDENTE PRESIDENTE CIAMPI inimmaginabile realtà

Dall’introduzione a stampa si riporta qui di seguito la LETTERA APERTA DI UN CITTADINO EUROPEO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA:

Signor Presidente,

la metodologia censoria di cui sono oggetto, che fa sì che non venga riconosciuta la mia esistenza in quanto soggetto dotato di una sua propria attività intellettiva che ragiona, riflette e argomenta, è la più bieca violenza che si possa esercitare su una persona perché si soffocano, con l’arbitrio, il sopruso, la disuguaglianza, i diritti inviolabili dell’uomo.Una violenza tale da oscurare quella manifestata dall’antidemocratico regime fascista, non tanto perché allora “la violenza” era ritenuta “morale, purché usata a tempo debito, chirurgica e cavalleresca”, quanto perché allora si agiva nel rispetto delle leggi vigenti, mentre oggi, indisturbati, si legittima l’illegalità anziché delegittimarla.“Nessuno deve dimenticare”, ha esortato Lei nel 60° del rastrellamento degli ebrei a Roma, così come, aggiungo io, nessuno dovrebbe togliersi dalla mente che chi viola la Legge è un delinquente, e che i delinquenti vanno puniti senza alcuna eccezione; eluderlo è barare, perché la Legge non ammette ignoranza, ed è, per viltà, connivenza o complicità, la dimostrazione lampante della propria inaffidabilità, di una inaudita tendenza, se non ormai di una costante generalizzata, che già a suo tempo così Indro Montanelli mise a fuoco: “Almeno noi giornalisti evitiamo di imbrogliare la gente, e la regola è una sola: chiarezza”.Quindi non si tratta di una questione di lana caprina ma di onestà, di dirittura morale e civile rispecchiabile nel monito da Lei pronunciato per i quarant’anni dell’Ordine dei giornalisti: “è la coscienza il giudice ultimo dei propri comportamenti, e la coscienza si ispira all’esempio dei nostri maggiori”, a cui va aggiunto, non nuoce ricordare, quanto detta, tra l’altro, l’articolo 2 della Legge 3 febbraio 1963 n. 69: “è obbligo inderogabile” dei giornalisti “il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.Tra i nostri maggiori ha indicato, quale esempio da seguire, dopo avere in passato lodato la “sua rettitudine di uomo, di maestro di vita”, il succitato Indro Montanelli, proprio lui, signor Presidente, pienamente consapevole della propria slealtà e della propria intenzione di ingannare: degno rappresentante di una realtà che non è quella che si dà a bere, poiché era ben diverso da come si presentava e da come era ed è stato da Lei presentato.E’ da seguire l’esempio di chi, al ritrovamento di migliaia di fascicoli del Ministero della Cultura popolare del regime fascista, ha scritto, tra l’altro: “il mio nome di sicuro non c’è”, escludendo, implicitamente, di esserne stato al servizio, “certo, si trattava di una forma di corruzione”, riferendosi ai rapporti intercorsi tra coloro i quali ne erano assoldati e la dittatura, quando non poteva certo ignorare di aver tratto vantaggi e profitti dall’organo ritenuto dal partito fascista il più importante per la propaganda del regime?L’esempio di chi non perdeva occasione per rivendicare: “Nel 1937 Mussolini e i suoi leccapiedi mi espulsero dal partito fascista e mi radiarono dall’albo dei giornalisti per disfattismo”, con l’orgoglio di chi non si è piegato al regime e con tutta l’acredine e il disprezzo che si può avere per i leccapiedi, come se non fosse stato lui a dare la miglior lezione su come si lecchino i piedi scrivendo, nel maggio del 1939, nella premessa al suo libro ALBANIA UNA E MILLE: “Chiamato a visitare l’Albania…”, lui espulso dal partito fascista e radiato dall’albo dei giornalisti per disfattismo (quando si finiva al confino o in carcere per molto meno), “consegnai questo mio ‘panorama’ a Chi di dovere”, con la deferenza e l’ortografia appropriate che distinguono una casta dall’altra;“Il primo dovere di un amico è quello di dire all’amico le sue manchevolezze”, dimostrandosi ben conscio, in tutto e per tutto, di che cosa significasse far fronte ai propri doveri di fascista; “E dunque questo libro sarà utile specialmente al popolo schipetaro. Ma spero che lo leggano con un po’ d’interesse anche gl’Italiani, perché essi si sono ormai assunto, verso l’Albania, un grave compito. Questo compito – ne siano certi i miei amici albanesi – l’Italia di Mussolini lo assolverà. Lo assolverà in pieno”, quando si fece egli stesso garante di quell’Italia di Mussolini e dei suoi leccapiedi che lo aveva espulso dal partito fascista e radiato dall’albo dei giornalisti per disfattismo? L’esempio di chi non si faceva alcuno scrupolo nel ribadire di non aver condiviso le leggi razziali e di aver rinunciato a fare il proprio mestiere in un regime come quello di Mussolini, paragonandosi implicitamente ai vari perseguitati politici antifascisti, quando sollecitò pubblicamente di essere richiamato alle armi – mentre esercitava proprio il suo mestiere – per non mancare di essere partecipe della guerra che prevedeva lo sterminio totale degli ebrei (e non solo)?L’esempio di chi invitò, sulla prima pagina de Il Giornale, in un “controcorrente” tanto fulminante quanto velenoso, l’Università di Genova a cacciare il professore che faceva studiare Dario Fo? Università di Genova che doveva, come se non bastasse, vergognarsi di annoverare un professore così indegno.Di chi, di fatto, negò la libertà?Di chi non lesinava lezioni a destra e a manca redarguendo: “tener fede ai propri errori quando i fatti ci hanno dimostrato che tali sono non è coerenza. E’ disonestà”, quando i fatti, valendo più delle parole, mie o di chiunque, come non mancò di sentenziare, lo sbugiardano? Un numero considerevole di fatti, di cui non pochi ben più gravi rispetto a quelli che ho qui descritto.Signor Presidente che paese europeo è quel paese in cui è consentito alla cosiddetta stampa libera di violare, cose mai viste neppure sotto la dittatura fascista, tanto la Legge quanto, di riflesso, la propria Costituzione, e il proprio credo religioso, se cattolica?La Legge e di riflesso i principi e i valori democratici, in quanto “è obbligo inderogabile” dei giornalisti “il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”; il proprio credo religioso in quanto il richiamo del Papa non si presta a fraintendimenti: “Che cosa significa essere un giornalista professionista cattolico? Semplicemente, significa essere una persona integra, un individuo la cui vita personale riflette gli insegnamenti di Gesù e del Vangelo. Significa avere il coraggio di cercare e di riferire la verità, anche quando non è conveniente o non considerata ‘politicamente’ corretta”.Infine, signor Presidente, per quanto ancora posso considerarmi un cittadino europeo con pari dignità e pari diritti dei miei connazionali?Con ossequi.

Silvano Strazza

(Per contattare l’autore: Silvano STRAZZA – Casella postale n. 1141 – 16121 Genova Centro)

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