Fascismo e antifascismo, questioni ancora in voga

VELTRONI FORMALIZZA LE DIMISSIONI DALLA COMMISSIONE DEL MUSEO DELLA SHOAH. ALEMANNO INVITA A RIPENSARCI

di Francesca Mentella

Era l’otto settembre, ma poteva essere anche il venticinque aprile e perché no, il primo maggio. Queste ricorrenze -dalla festa(internazionale) dei lavoratori al venticinque aprile, passando per l’armistizio- generano da sempre una noiosa polemica che solletica la Sinistra italiana e avvelena il mondo politico e l’opinione pubblica. In realtà tutto è partito dalle dichiarazioni di Gianni Alemanno che, in visita allo Yad Vashem, a Gerusalemme, ha “ritoccato” le dichiarazioni che anni addietro fece Gianfranco Fini: “Il fascismo -ha affermato il sindaco di Roma- non fu il male assoluto, le leggi razziali sì”, aggiungendo inoltre che per il totalitarismo di destra e quello di sinistra la storiografia ha dispensato due pesi e due misure: “per quello di sinistra- ha detto Alemanno- c’è stata l’assoluzione”.

Qualche giorno dopo è arrivato il turno di Ignazio la Russa, ministro della Difesa e reggente di An. Dal palco allestito a Porta San Paolo ha dichiarato: “Farei torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo della Rsi, soggettivamente dal loro punto di vista combatterono credendo nella difesa della Patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli angloamericani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d’Italia”.

Detto questo la sinistra è esplosa. E’ bastato un pretesto per far rivivere le polemiche che da oltre sessant’anni rimbalzano sulle prime pagine dei giornali. Mussolini ha perso la guerra, il Fascismo ha fallito la sua missione ed è ormai consegnato alla storia. Ma il Fascismo è l’”innominato”. Parlare del Ventennio per la Sinistra italiana politicamente corretta equivale ad un reato d’opinione. Esistono delle parole proibite nel vocabolario del Partito Democratico altre, al contrario, pullulano e fanno gioire le truppe veltroniane. Le parole più in voga ultimamente sono “antifascismo” e poi il tanto amato e sbandierato “antiberlusconismo”(militante). Gli uomini di destra non possono pronunciare né parlare di quel periodo che ormai giace sui libri di storia loro, altrimenti, possono usarlo a loro gusto e piacimento per propinare ripetitivi e inutili dibattiti che costituiscono, sembrerebbe, l’unico collante di un partito. C’è di meglio da fare. Per esempio si potrebbe pensare a far bene l’opposizione evitando di crogiolarsi in dibattiti che oramai odorano di muffa. Stessa cosa vale, ovviamente, per chi prova un po’ di nostalgia..

E’ chiaro che nell’ottica della giustizia e di un politicamente corretto, che va tanto di moda, non può essere considerato “male assoluto” un solo regime totalitario; tutti i totalitarismi, tutte le guerre, non solo quel frangente politico, che pure di danni, disastri e crimini ne ha fatti, vanno considerati tali. Ma c’è un’ottica miope e una storiografia di parte che impedisce di valutare con obiettività. Come ha ben scritto Mario Cervi sulle colonne de Il Giornale: “un qualsiasi gregario tedesco che rastrellò e uccise per ordini superiori doveva rispondere di crimini contro l’umanità, ma un pluriassassino della P 38 brigatista è assassino e basta”. Una provocazione forte, ma vera. Di fronte al male non c’è distinzione eppure c’è ancora chi, pur avendo gli scheletri negli armadi, pretende di salire in cattedra senza fare i conti con un’altra storia, magari più recente.

La storia è materia complessa e va lasciata agli storici, non ai politici altrimenti si rischia di fare confusione. Come ha scritto Giordano Bruno Guerri:”non a caso il caotico dibattito di questi giorni nasce perché l’espressione (male assoluto, ndr) è stata applicata, da un politico, alla storia. Sbagliò chi aderì al fascismo e sbagliarono i repubblichini, ma come chiosa lo storico “non è giusto disprezzarne la memoria, se non si macchiarono di delitti che con la guerra nulla avevano a che fare”.

Il regime fascista fu certamente liberticida ma quello staliniano non fu da meno. E’ giunto il tempo di estirpare la radice dell’odio ideologico che porta alla collettività solo frutti avvelenati e cattiva politica. La gente è stanca di vedere i politici fare la voce grossa. Le dimissioni di Veltroni dalla commissione del museo della Shoah oltre che un gesto plateale e inutile che non serve alla collettività -che quotidianamente deve fare i conti con ben altri problemi- è l’esempio lampante della volontà di incomunicabilità, e probabilmente disprezzo, nei confronti dell’avversario politico.

Credo che sia giunto il tempo di riflettere anche sulle responsabilità della storiografia e degli storici, che come ha ammesso Giordano Bruno Guerri, non hanno ancora fornito ai politici di destra e di sinistra gli strumenti per una comprensione meno manichea del nostro passato.(www.agoramagazine.it)

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