Ma migrare è un reato?

Preoccupazione dei Valdesi per le norme del “pacchetto sicurezza”

Roma (NEV), 3 settembre 2008 – Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste – Torre Pellice (TO), 24-29 agosto – ha dedicato particolare attenzione ai temi sociali quali le politiche migratorie, i diritti civili e la laicità dello Stato.
Con un ordine del giorno approvato a larghissima maggioranza, il Sinodo ha espresso preoccupazione per le norme contenute nel cosiddetto “pacchetto sicurezza”. Facendo riferimento al testo biblico: “Ero straniero e mi avete accolto… quello che avete fatto a uno di questi ultimi, lo avete fatto a me”, i deputati sinodali hanno denunciato l'idea che l'immigrazione clandestina possa diventare reato. “Vogliamo affermare con forza che migrare non è un crimine”, si legge nell'ordine del giorno, dove il Sinodo auspica che “il Governo e il Parlamento del nostro Paese, che ha una tradizione di emigrazione non lontana nel tempo, sappiano rispettare i principi di solidarietà e di tutela dei più deboli già sanciti nella nostra Costituzione”.
In particolare è stata denunciata l'apertura di nuovi CIE (Centro di identificazione e espulsione), ma anche il prolungamento a 18 mesi del cosiddetto “trattenimento” in questi luoghi “in cui sono sospesi i diritti umani”. Denunciati anche “gli ostacoli posti alla regolarizzazione di chi sul territorio già vive e lavora, e le restrizioni al ricongiungimento famigliare che faciliterebbe la piena integrazione degli stranieri presenti in Italia”.
“Siamo sconcertati per il clima di discriminazione creatosi nei confronti degli immigrati – ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa il pastore Massimo Aquilante, presidente dell'Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (OPCEMI) -. Siamo però convinti – ha proseguito – che le chiese debbano essere una voce a sostegno dei diritti degli immigrati e costituiscano uno spazio nel quale vivere una vera e profonda integrazione”. Aquilante ha inoltre lamentato la mancanza di una legge organica sulla libertà religiosa nel nostro paese: “E' inaccettabile il fatto che certe persone vengano trattate come se non fossero portatrici di diritti sanciti dalla Costituzione e internazionalmente riconosciuti”.
“Da anni le nostre comunità vivono esperienze di multiculturalità e multietnicità, situazioni in continuo movimento che, certo, rappresentano una sfida, ma arricchente e soprattutto percorribile – ha affermato la pastora Mirella Manocchio durante la conferenza stampa -. Se è possibile l'integrazione degli immigrati nelle nostre comunità evangeliche italiane, allora lo deve essere anche nella società” – ha aggiunto Manocchio, impegnata in prima linea nell'integrazione di ghanesi evangelici nelle città di Udine e Pordenone.

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