Atene, città  dei sogni

«Una festa dello spirito che vive la sua seconda giovinezza», definisce il Festival di Atene e di Epidauro la rivista alternativa francese “Les Inrockuptibles”, la quale tra l’altro esalta la prova artistica della giovane danzatrice Katerina Papagheorghìu; dal canto suo il tedesco, “Die Welt” sostiene che il Festival di Atene «si trova ormai al livello dei Festival di Edimburgo o di Avignone, e se il budget fosse superiore, potrebbe rivaleggiare con quello di Salisburgo», mentre l’inglese “Observer” definisce Atene «città dei sogni». La prestigiosa testata inglese lo scorso luglio ha ospitato un ampio servizio il quale partendo dall’inaugurazione imminente del nuovo museo dell’Acropoli non si è lasciato sfuggire l’occasione per encomiare il rinnovato Festival di Atene e soprattutto il suo direttore, Yorgos Lukos, già direttore del Balletto dell’Opera di Lione e del Festival di Londra, e dal 2005 a capo della storica kermesse ellenica.
«L’eclettico programma – scriveva il settimanale – del Festival di quest’anno reca la firma di Yorgos Lukos, il quale in soli tre anni ha saputo trasformare l’opprimente vetrina dell’antico teatro greco in una festa dell’arte contemporanea internazionale. La ricetta di Lukos è semplice: proporre spettacoli di qualità a prezzi ridotti avvicinando l’arte più sofisticata al grande pubblico. A questo scopo, gli spettacoli si svolgono in spazi inconsueti, quali magazzini e fabbriche dismesse». Il “Financial Times” si spinge ancora oltre. In un articolo firmato da Peter Aspden e intitolato “Dialogo con la modernità” il rinnovato Festival di Atene è confrontato con l’Auditorium presso il Parco della Musica di Roma, disegnato da Renzo Piano (l’architetto che, tra l’altro, nella capitale ellenica ha in cantiere la nuova sede dell’Opera di Atene e della Biblioteca nazionale di Grecia a Nèo Fàliro). Aspden istituisce un parallelismo tra Carlo Fuortes, direttore del Parco della Musica, e Yorgos Lukos, i quali «comprendono meglio di chiunque altro che cosa significhi vivere tra le insigni vestigia di una civiltà scomparsa, ma nel contempo comprendono che il tempo e la cultura devono andare avanti». E il risultato, tiene a sottolineare Aspden, dà pienamente ragione a Lukos: non a caso infatti il numero degli spettatori del Festival di Atene è più che raddoppiato nel 2008 rispetto all’anno precedente (d 247.000 a 582.000) mentre gli incassi ammontano a sei milioni e mezzo di euro sui diciotto milioni costati dall’intera manifestazione.
Ma del Festival di Atene quest’anno si sono occupate molte altre testate internazionali, grazie alle numerose “prime” mondiali che sono state presentate. Per esempio, Michail Barishnikov è stato il protagonista indiscusso di The common foreign language of the red haired people di David Newman mentre l’Amlet coprodotto dallo stesso Festival di Atene e dal celebre teatro Schaubine di Berlino, per la regia di Thomas Ostermeier, ha riscosso, oltre all’interesse del pubblico ateniese, anche l’attenzione della stampa tedesca, che dovrà aspettare l’autunno per assistere allo rappresentazione. Per il resto, il ciclo di manifestazione ateniese ha visto una parata di grandi nomi: da Debora Warner a Fiona Shaw (che in un commovente articolo pubblicato sul “Guardian” dal titolo “Tra le braccia degli dèi” ha raccontato la sua esperienza in terra ellenica), fino Wooster Group, a Nana Muschuri, che ha chiuso in bellezza cinquant’anni di carriera, e alla Orchestra greco–turca dei giovani per la direzione di Vladimir Askenazy, che “Le Monde” ha paragonato alla celebre West Eastern Divan Orchestra formata da giovani musicisti israeliani e palestinesi. Al Festival di Atene di quest’anno, d’altra parte, c’è stato anche profumo d’Italia, anche se, a quanto pare, la stampa del Bel Paese non ha dato alcun risalto al Festival ellenico.
Agli inizi di giugno Renata Scotto ha diretto la Turandot di Giacomo Puccini in una coproduzione italo–greca presentata all’Odeon di Erode Attico. E ancora all’Odeon di Erode Attico si sono esibiti due mostri sacri della musica italiana: Riccardo Muti, che ha diretto l’Orchestra del maggio musicale fiorentino, e Paolo Conte, accompagnato per l’occasione dall’orchestra sinfonica della ERT, la Radiotelevisione pubblica ellenica. A testimonianza che il Festival di Atene sa ancora suscitare passioni in un ambito (non solo locale) dominato dall’omogeneizzazione del politicamente corretto, occorre citare la controversa (e contestatissima dal pubblico) Medea di Anatoly Vasiliev presentata a Epidauro. Ma forse, l’evento più interessante dell’estate culturale ateniese si è avuto al “Thèatro Vrachon Melina Mercuri”, a Vìronas, dove sono state presentate le Troiane di Euripide, per la prima volta nella storia, in albanese, in una produzione del Teatro nazionale di Albania, per la regia di Vanghelis Theodoròpulos e con la partecipazione di Margarita Zepa, star indiscussa del teatro classico albanese. Lo spettacolo, svoltosi il 21 luglio, è stato seguito da un pubblico misto di greci e di albanesi, e costituisce sicuramente uno dei momenti più significativi di quest’estate.

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