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LE TECNOLOGIE DELLA PAROLA

ENCICLOPEDIA DELLA RADIO

Un'opera indispensabile per chi fa radio, di sicura attrazione per chi la ascolta, di grande interesse per chiunque si occupi della comunicazione, della società e della storia del Novecento.

La radio ha rappresentato il periodo tra le due guerre in qualità di strumento di informazione e comunicazione ad ogni livello sociale.

In Italia, la radio viene ascoltata quotidianamente da 35 milioni di persone. In tutte le fasce di pubblico questo mezzo è secondo solo alla televisione nei consumi di comunicazione; recenti ricerche hanno dimostrato inoltre che l'ascolto della radio, a differenza di quello della televisione, cresce con il livello di istruzione e con l'accesso ai nuovi media quali Internet. Inoltre, la radio è un settore produttivo rilevante, che impegna tra settore pubblico e privato diverse migliaia di lavoratori a tempo pieno, a cui va aggiunta una ben più ampia rete di operatori volontari (in particolare nelle radio comunitarie) e semi-professionali, in prevalenza persone giovani e giovanissime per le quali il lavorare alla radio è un motivo di orgoglio e un tratto di identità.
L'Enciclopedia della radio si rivolge, insieme, a chi ascolta la radio e a chi la fa o vi partecipa, senza dimenticare una vasta fascia di pubblico per la quale la radio è un elemento importante della memoria familiare e di quella pubblica, e il crescente numero di studenti che si occupano del mezzo all'interno dei corsi universitari di comunicazione, dei DAMS, o dei corsi professionalizzanti in radiofonia che stanno sorgendo in questi anni.
L'Enciclopedia, la prima del suo genere in Italia e in Europa, fornisce un quadro informativo completo, scorrevole e di piacevole lettura ma di assoluto rigore, di tutti gli aspetti rilevanti del mezzo:
-le emittenti: in quasi duecento voci sono analizzate le pubbliche, le prime sessanta private per ascolti, le maggiori emittenti degli altri paesi, quelle che hanno fatto la storia della radio (le «clandestine», le «pirata», le «libere», ecc.);
-i programmi: quasi quattrocento, tra cui tutti quelli più significativi della storia della radio italiana e tutti i più noti e influenti delle radiofonie statunitense, britannica, francese, oltre a una cinquantina di voci sui generi radiofonici; sono inoltre documentati circa 50 programmi attraverso i testi trasmessi;
-la tecnologia: in circa trecento voci, accompagnate da molte decine di accuratissime illustrazioni realizzate per questo volume, tutti gli aspetti della radio analogica e digitale vengono chiariti anche al profano1 in modo da soddisfare la curiosità personale come le esigenze professionali;
-i personaggi: seicentocinquanta figure della radio1 soprattutto italiana, dagli anni Venti al nuovo secolo, sono presentate con profili aggiornati e precisi componendo un quadro storico completo e insieme un attuale “chi è” del mezzo
-i saperi professionali, dalle diverse figure impegnate nella radiofonia alla terminologia gergale aggiornata oltre al quadro delle maggiori aziende e associazioni, della normativa (cui è dedicata una ricca appendice), delle teorie sulla radio e della storia italiana e internazionale del mezzo.
Un'ampia e agile appendice fornisce le cronologie, le norme principali, una fotografia storica dell'emittenza radiofonica italiana, una mappa della radio nel mondo, una ricca bibliografia.

L'Enciclopedia è curata da due noti e riconosciuti specialisti del settore: Barbara Scaramucci, da molti anni dirigente RAI, ha scritto varie opere sulla radio e la televisione italiana, è attualmente direttore del settore Teche e in questa veste ha curato la riorganizzazione e la digitalizzazione degli archivi radiotelevisivi aziendali, elemento centrale della memoria storica del Novecento italiano. Peppino Ortoleva, docente di storia dei mezzi di comunicazione all'Università di Torino, si occupa della storia e della teoria della radio da oltre vent'anni e in questa veste ha pubblicato numerosissimi lavori; conosce inoltre la radio dall'interno, come apprezzato autore di trasmissioni culturali.

Hanno dato inoltre il loro contributo, con ampie voci a carattere interpretativo, tra gli altri, Renzo Arbore («Intervista sull'Autore radiofonico»), Barbara Fenati («La radiofonia privata in Italia»), Claudio Ferretti («Radio e Sport»), Patrice Flichy («Storia sociale della radio»), Bruno Gambarotta («Confessioni di un critico radiofonico»), Enrico Menduni («La programmazione radiofonica: radio di flusso e radio di format»), Franco Monteleone («Radio e Potere in Italia»), Lidia Motta («La regia radiofonica»), Paddy Scannelì («La BBC e l'esperienza britannica»), Marino Sinibaldi («La cultura alla radio e la cultura della radio»), oltre ai saggi dei due curatori: Barbara Scaramucci («Archivi radiofonici» e «L'azienda RAI nella storia italiana») e Peppino Ortoleva («Radio e Guerra» e «Il medium e il messaggio»).

EDUCARE ALLA TELEVISIONE

Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa

Lo strumento informativo della televisione può distorcere i propri contenuti a danno dell’informazione e della comunicazione, quali fattori funzionali più efficaci e pedagogicamente educativi.

A differenza di un tempo, in cui il divertimento diventava un evento sociale e comunitario, attraverso le feste religiose e civili e gli spettacoli collettivi, comunicando sempre agli spettatori un messaggio morale come modello degno di imitazione, nella società attuale, il tempo di ricreazione e svago si è trasformato in un fenomeno privato, che non si palesa più attraverso la celebrazione della festa, ma nell’ascolto e nella visione individuali, percezioni caratterizzate da distacco e indifferenza, anche se ricevute accanto ad altre persone, poiché non sono vissute in comunione con gli altri. “Ma moltissimi giovani manifestano la loro voglia di comunità con tutta una gamma di comportamenti, che vanno dalla crescita del volontariato, fino magari allo scatenarsi dei fans e dei tifosi negli stadi che ospitano di tempo in tempo cantanti rock e squadre di calcio. Anche qui si manifesta il bisogno di comunità, pur se in forma ambigua, lasciando spesso insoddisfatti i giovani riuniti, proprio per questa incapacità di raggiungere nel puro consumo il soddisfacimento del bisogno che solo la produzione di cultura e di socialità può dare”. La presenza massiccia, fin dai primi anni di vita di una persona, della trasmissione audiovisiva, determina una serie di conseguenze sulle nuove generazioni. La visione continua di programmi televisivi in cui le scene si susseguono incessantemente, accavallandosi, in cui si assiste ad un mutare travolgente di immagini, viene rielaborata ed interiorizzata dall’individuo fin da bambino, influenzando le sue modalità comunicative che consistono in una struttura espressiva paratattica, caratterizzata da frasi in sequenza, piuttosto che, normalmente, sintattica. I bambini odierni sono contenitori pieni di informazioni e dati. Di conseguenza, si presentano bisognosi di ordine ed orientamento. Sul piano psicologico si determinano dei cambiamenti. Il bambino, usufruendo dello strumento televisivo, senza una discriminazione adeguata dei programmi, si trova in balia di esso. Vive una dimensione distorta del suo essere, di conseguenza alle informazioni che percepisce, dettate da un certo tipo di cultura adulta. Per cui si ritrova ad assumere una concezione di sé, degli altri, dell’ambiente, mediata da influenze negative di un mondo adulto ormai lontano dalla comunità delle corti di paese o del borgo cittadino da occupare con i coetanei. Questo ha ripercussione anche sul piano relazionale perché il vivere lunghi momenti di ricezione passiva, davanti ad un teleschermo, riduce il rapporto interattivo tipico della comunicazione. Tale aspetto può trasformarsi in una intensificazione delle modalità introspettive, riducendo, invece, le capacità di comunicazione interagente, caratteristica di un rapporto vivo di socializzazione. Il vivere a contatto con un mondo fatto di immagini e segni, comporta, a livello operativo, una dissociazione tra corpo e immaginario, implicando un potenziamento delle capacità creative e il depauperamento nell’ambito del rapporto critico con il proprio corpo, con la realtà materiale. “Un’educazione attraverso il libro e la parola è prevalentemente critica e discorsiva; abitua a compiere i diversi passaggi, ad approssimarsi, gradualmente, alla realtà, mediante la costante verifica delle proprie affermazioni, l’esibizione delle prove, la confutazione delle argomentazioni contrarie. Un’educazione affidata alla sola immagine è tendenzialmente incapace di condurre all’esibizione delle prove, alla valutazione delle ragioni e al giudizio dei nostri discorsi”. Questa condizione pone problemi del tutto nuovi alle istituzioni scolastiche, richiedendo una grande opera di aggiornamento di metodologie didattiche e di tecniche di intervento, e soprattutto l’abolizione dell’atteggiamento di chiusura ad altre realtà educative e culturali, così da creare un continuum formativo nella vita dell’individuo che lo accompagni dall’infanzia e dall’adolescenza fino all’età adulta. Una società che non si interessa dei soggetti fin dall’infanzia è una realtà decadente, che sprofonda nell’opportunismo del presente e non sa progettare il dopo, il futuro, per il bene dell’intera collettività, preparando le basi ad un contesto in cui la socializzazione rischia di ridursi in massificazione subalterna o solitudine ghettizzata, nell’emarginazione “dell’altro” e del diverso.
Con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, si assiste, comunque, ad una democratizzazione dello strumento culturale, poiché l’informazione è diffusa tramite la parola parlata e l’immagine, fornendo il canale comunicativo di una immediatezza di linguaggio comprensibile indistintamente da tutti. “Si dice che grazie ai media il mondo è ormai diventato come un villaggio dove tutti sanno tutto di tutti, un ‘villaggio globale’. Liberati dall’ignoranza e sempre più informati, dovremmo ritrovarci in un universo sempre più comprensivo. Ma l’immagine del ‘villaggio’ creata dai media è ingannevole: essi, pur creando un’informazione sempre più vasta, non hanno favorito la comunicazione. (…) Dovremmo teoricamente trovarci in un universo molto comprensivo perchè informato, molto aperto all’interazione, e disponibile perchè liberato dai legami dell’ignoranza o dalla conoscenza imperfetta; in realtà viviamo una progressiva chiusura difensiva nel nostro habitat psicoaffettivo. (…) Se il filtro prevalente di tutte le notizie sulla società è negativo, non dobbiamo stupirci dell’aumento di sfiducia generalizzata dei cittadini nei confronti della società e delle sue istituzioni. Non è infondato supporre un legame tra la caduta progressiva di fiducia in tutte le istituzioni pubbliche e private, osservato a partire dagli anni ‘60, in numerosi Paesi, compreso il nostro, e questo stile della comunicazione mediale”. In base a queste constatazioni, il Cardinale Martini, nella sua lettera pastorale, afferma che il pubblico, tramite la facoltà di scelta, detiene il controllo nei confronti dei media, la cui programmazione di palinsesti risulta sottoposta alla legge ferrea degli indici di ascolto, e che se usati bene, permettono l’acquisizione di una coscienza critica, cioè la capacità di discernere il vero dal falso, di essere obiettivi, di non demonizzare i media nè idolatrarli, crescendo nella libertà interiore e nel distacco dalle sensazioni troppo immediate e coinvolgenti. Ma la commercializzazione del tempo libero ha trovato impreparate le masse, incapaci di fruire in modo intelligente delle risorse della tecnica e di selezionare le offerte sul piano culturale, presupponendo un diffuso fenomeno di analfabetismo ludico che favorisce, a discapito e ad insaputa delle masse stesse, l’industria dello spettacolo e della cultura, che forniscono divertimento e informazione a fini economici, anche con l’aiuto degli spots pubblicitari, condizionanti gravemente la libertà di scelta e di discernimento degli individui. “I mass-media si presentano quindi come lo stumento educativo tipico di una società a sfondo paternalistico, in superficie individualistica e democratica, sostanzialmente tendente a produrre modelli umani etero diretti. Visti più a fondo appaiono una tipica ‘sovrastruttura di un regime capitalistico’ usata a fini di controllo e di pianificazione coatta delle coscenze. Infatti mettono apparentemente a disposizione i portati della cultura superiore, ma svuotati dell’ideologia e della critica che li animava. Assumono i modi esteriori di una cultura popolare, ma anzichè crescere spontaneamente dal basso vengono imposti dall’alto (…). Come controllo delle masse svolgono una funzione che in certe circostanze storiche avrebbero svolto le ideologie religiose. Mascherano questa loro funzione di classe manifestandosi invece sotto l’aspetto positivo della cultura tipica di una società del benessere dove tutti hanno le stesse occasioni di cultura in condizioni di perfetta eguaglianza”. Inoltre, i mass-media hanno provocato un processo di urbanizzazione psicologica, per il fatto che le loro trasmissioni, sono indirizzate e predisposte per una determinata tipologia di soggetto: il cittadino. Le masse contadine i nuclei di comunità montane, entrano, improvvisamente a contatto con un tipo di civiltà estranea. “Ne consegue una specie di accelerazione storica. Gente che vive in un tipo di civiltà primaria, fondata sulla vita agreste, viene a contatto improvviso con la civiltà industriale. La fuga dalle montagne e dalle campagne non è solo dovuta alla ricerca di maggiori occasioni di guadagno; essa dipende da un nuovo atteggiamento psicologico, che esclude il desiderio del ritorno, e nel quale opera anche il desiderio di maggiori possibilità di divertimento. E l’emigrazione, non adeguatamente preparata, di queste popolazioni verso la città suscita così nuovi problemi, soprattutto di adattamento dei nuovi arrivati al tipo di vita cittadino e, in esso, anche quelli di un’organizzazione del tempo libero”.

L’approccio educativo e pedagogico alla televisione

Il tema dei mezzi di comunicazione di massa ed in particolare della televisione ha sempre suscitato importanti discussioni e prese di posizione, si è posto sempre come argomento scottante di polemica e di confronto in ambito sociologico, politico e culturale in genere.
La televisione rappresenta un appuntamento quotidiano per la maggior parte della popolazione e nel mondo occidentale è lo specchio della società, dove sono venuti meno punti di riferimento etici, morali, politici e culturali condivisi e di riferimento.
Si è creato e si sta creando un continuo circolo vizioso perché il vuoto etico della cultura e della filosofia contemporanee, rafforza le vacuità delle trasmissioni televisive ed in generale della cultura legittimata.
Popper sosteneva l’esigenza di una “patente” qualificante per coloro che realizzano trasmissioni e palinsesti televisivi. Popper, teorico della società liberale, era giunto a pensare di utilizzare la censura per controllare i messaggi televisivi che educano alla violenza e non al rispetto di determinati principi etici. In seguito arrivò a sostenere la necessità di una “patente”, per tutti coloro che producono trasmissioni televisive, in seguito alla frequenza di corsi molto approfonditi ed altamente specializzati per mettere in condizione di comprendere gli effetti che la televisione esercita sul pubblico.
Occorre anche rafforzare i telespettatori che dovrebbero essere posti in grado di acquisire strumenti critici per trasmettere a figli e allievi dei pensieri e messaggi chiari, espliciti, costruttivi e di creare consapevolezza e dirigere scelte ponderate rispetto ai programmi che attualmente vengono proposti o imposti. Inoltre si potrebbe realizzare una rete televisiva libera e di qualità, finanziata dai cittadini in base ad un coinvolgimento di azionariato popolare, quindi una televisione che non dipenda dalla pubblicità e nella quale non si inneschi il perverso ed onnipervasivo circolo vizioso dell’auditel, e che quindi possa scegliere e proporre trasmissioni di qualità sotto tutti i punti di vista. Abbiamo il dovere di comprendere meglio i generi televisivi ed i palinsesti dei programmi, per poter comprendere meglio e decodificare i messaggi anche per trasmettere le informazioni ricavate a figli ed allievi, attraverso un’interpretazione ed una decodificazione dettagliate e peculiari anche degli aspetti negativi o aberranti che vengono imposti e veicolati capillarmente da un costituito”pensiero unico” di Stato. In questi ultimi anni sono emersi alcuni studi che analizzano il rapporto tra le varie forme e modalità espressive tramite cui si comunica il sapere e le strutture cognitive e mentali delle persone che utilizzano determinati canali per trasmettere il sapere: Havelock, Ong e altri si sono occupati di questi rapporti. Il nostro modo di pensare è mutato proprio nel cambiamento e nella trasformazione dalla trasmissione orale originaria all’oralità secondaria. Nell’oralità originaria, prima dell’avvento della scrittura, i messaggi venivano trasmessi da persona a persona, per mezzo di una parola viva che si rifaceva ad un ordine condiviso dell’esistente, ossia ad un insieme di regole e valori che a loro volta rimandavano ad un contenuto comune. Quindi ogni gruppo sociale condivideva un’impostazione culturale di massima e la parola trasmessa da persona a persona si rifaceva a quest’ordine complessivo. Naturalmente la memoria era una facoltà molto sviluppata, infatti, per esempio, l’Iliade e l’Odissea venivano trasmesse oralmente da aedi che ne conoscevano la struttura paratattica. La condivisione dei significati era essenziale. In seguito, si è passati alle prime forme di scrittura dai pittogrammi ai geroglifici, fino all’alfabeto sillabico introdotto da Greci. Questa evoluzione comunicativa ha cambiato le modalità di trasmissione della cultura e la parola è stata fissata in un suo spazio semantico, di senso e significato non più individuabile nel dialogo vivo e nel confronto reale.. Infatti Socrate rifiutò di fare ricorso alla scrittura per tutta la sua vita, sostenendo che gli scritti erano come le statue nei templi, per cui le si interrogava e loro non rispondevano. Si apre, con la scrittura, lo spazio alla riflessione, all’introspezione, ad una ricerca interiore, un ripiegamento intimistico sul pensiero. Ma durante l’era di Gutemberg (1450/1500) con la stampa si presentano altre trasformazioni delle strutture cognitive ed altri cambiamenti del sapere. Nasce la lettura silenziosa in un ambito appartato e spesso isolato dal mondo esterno. Infatti i manoscritti venivano letti ad alta voce e pubblicamente, mentre il libro stampato che non è più così pregiato e raro, viene letto in uno spazio privato, appartato, in silenzio, attribuendo così una valenza individualistica all’approccio alla lettura e soprattutto alla cultura. Il sapere quindi diventa sempre più accessibile e comincia a svilupparsi la riflessione critica relativamente alle pagine del testo. Con l’avvento dei media elettronici la trasmissione del sapere sembra essere tornata ad una “nuova oralità” che non è più basata soltanto sulla parola, ma ha caratteristiche diverse perché si basa anche sulle immagini che spesso sono difficilmente decodificabili. Di fronte alle immagini siamo tutti aniconisti, ossia analfabeti, perché non conosciamo le diverse modalità e caratteristiche di impostazione del messaggio televisivo e cinematografico. La televisione, in particolare, a differenza del testo scritto ci presenta un flusso unidirezionale di messaggi e non vi è più la presenza viva e concreta di chi trasmette le informazioni, che può essere o interrogato o interrotto, ma si comunica sostanzialmente ed esclusivamente con un simulacro elettronico, per cui non sussiste un vero scambio dialogico, anche se attualmente si pensa già ad una televisione interattiva, in realtà già pregiudicata in partenza… Quindi “tutto scorre”, panta rei, come sosteneva Eraclito, nel senso che l’accelerazione del tempo nei nuovi media rende effimero ogni contenuto. Lo spazio per la memoria è quasi completamente vanificato. Dal momento che l’attività rimemorativa, del ricordo o anche più meccanicamente mnemonica dell’assimilazione, perde importanza nell’epoca dei new media, la televisione non consente un reale apprendimento. Perché sussista un processo apprenditivo reale, le informazioni devono essere incasellate nelle strutture cognitive e in un dispositivo di sapere già esistente. Inoltre occorre ripetere, riflettere sui contenuti ed assimilare, ricordare, per poter veramente apprendere e studiare. La nuova oralità per le sue caratteristiche si inserisce nel relativismo complessivo culturale della seconda metà del ‘900, in cui Einstein ha sostenuto che spazio e tempo non sono più come nella fisica classica ed il principio di indeterminazione di Heisemberg ha spiegato che dove sussiste un osservatore cambiano le leggi anche fisiche, per cui non possiamo essere certi di quanto diciamo, così moralmente mancano i valori etici condivisi. L’attuale società è priva di una riflessione generale sull’intenzionalità e responsabilità. I nuovi media rispecchiano e rafforzano l’assenza di responsabilità anche perché ci sentiamo tutti come un insieme collettivo in cui la responsabilità è parcellizzata. Sono stati attuati studi e ricerche in psicologia sociale che hanno dimostrato quanto la responsabilità è parcellizzata per cui sempre meno l’individuo se ne addossa l’onere. Vi sono ricadute sulle nuove generazioni a livello conoscitivo, educativo ed etico.
Per quanto riguarda le differenze conoscitive, i giovani presentano diverse strutture cognitive. Ad esempio, per loro lo spazio ed il tempo sono sostanzialmente differenti rispetto ai parametri del passato. Le precedenti generazioni erano abituate ad una visione del tempo sequenziale, lineare, con “un prima””ed “un dopo”” Attualmente i ragazzi si spostano verso un tempo definito simultaneo, passando da un argomento all’altro all’interno delle trasmissioni o dei siti telematici, con dei flashback privi di linearità e di collegamenti analogici e temporali. Questo provoca una minore capacità di attenzione e di concentrazione perché la televisione cambia molto rapidamente le inquadrature, con conseguenze rilevanti sulle capacità percettive e cognitive. Dal punto di vista pedagogico, si è passati da un’educazione autoritaria a metodi più permissivi a cui la televisione ha contribuito, sia per il tipo di trasmissioni, ma soprattutto come sostiene Pofman ha in qualche modo permesso che l’infanzia sia scomparsa. Attualmente i bambini hanno accesso a tutti i segreti degli adulti, quindi non sussiste separazione tra mondo infantile e adulto: sono venute meno le distanze generazionali.
Sicuramente la televisione ha notevolmente contribuito ad annullare le differenze tra realtà e finzione. Baudrillard, ha dedicato un intero testo a questo argomento “il delitto perfetto”: la televisione ha ucciso la realtà. Tutto diventa spettacolo. Le corde emotive vengono sollecitate, cercando di attirare l’attenzione dello spettatore, influenzandone i sentimenti, l’emotività. La televisione così come è impostata non solleva il giudizio critico dello spettatore, i problemi vengono vanificati su modelli che si basano su personaggi strani, bizzarri e aleatori che vengono divizzati.. La televisione attuale presenta un mondo di vacuo estetismo ed i telespettatori sono trasformati in superficiali consumatori, spregiudicatamente sfruttati dal sistema. Manca così senso di responsabilità etica e morale. Risulta necessario aiutare i giovani a capire la storia della nostra televisione perché dalla veterotelevisione che fino agli anni’70 aveva almeno intenti pedagogici, dagli anni ’70 in avanti, con l’avvento delle reti commerciali, si è passati alla totale mercificazione del messaggio televisivo in fatuo consumismo edonistico ed esasperato, influenzando le dinamiche sociali a livello interpersonale basate sulla sfrenata competitività, sugli interessi del sesso, del potere, del dio denaro e della mercificazione della cultura, in vacuo e mero interesse individualistico, nell’accezione negativa ed egoistica del termine, in cui si riflettono i modelli della gestione pubblica del potere, della ragione di stato. Le masse vivono la psiconevrosi dell’arrivismo esasperato a scapito della relazione umana autentica basata sull’amore disinteressato, su sentimenti di onestà e pulizia morale.
L’azione congiunta della famiglia e della scuola può innescare un processo educativo che funga da filtro rispetto ai messaggi commerciali e pateticamente consumistici, agli episodi di efferata e gratuita violenza che in continuazione provengono dai palinsesti televisivi. Le nozioni critiche che i genitori e gli insegnanti possono trasmettere, tramite il dialogo proficuo, il confronto disinteressato e onesto, con figli e allievi, potranno aiutare a frapporre un filtro a queste bieche manovre impositive di modelli fasulli, vacui, inconsistenti che spingono alla disonestà a tutti i livelli sociali, all’assenza di responsabilità in quanto linea etica di senso e significato da attribuire a tutto l’arco dell’esistenza.

TELEVISIONE E COGNIZIONE
L’effetto dei messaggi televisivi sul comportamento

La televisione compare nel boom economico, dalla ripresa economico-finanziaria dopo i conflitti bellici. I linguaggi comunicativi, le metafore di comunicazione, le simbologie interpretative variano e si modificano nel tempo, ma spesso non si adeguano alle esigenze del mondo dell’infanzia

I bambini in età prescolare rappresentano da soli la più vasta audience di televisione. Le maggiori preoccupazioni di alcuni studiosi che si sono dedicati all’analisi degli effetti della televisione sui bambini sono rivolte alla possibilità che vi siano alterazioni rilevanti nelle modalità di funzionamento della mente. Nelle ricerche ci si chiede se l’impatto di un certo tipo di materiale televisivo favorisca una coartazione dei livelli di funzionamento cognitivo inerenti l’immaginazione. Il maggiore utilizzo delle funzioni iconiche è in grado di potenziare il funzionamento relativo all’emisfero destro del cervello, a discapito dell’emisfero sinistro che presiede alle funzioni linguistiche. I reperti iconici e immaginativi prodotti a livello di materiali scritti o radioregistrati sono positivamente più differenziati e significativi rispetto a quelli trasmessi per via televisiva. Un’ipertrofia delle funzioni iconiche può presentare risultati negativi sulle facoltà di elaborazione e utilizzo dei codici segnici, ossia la lettura e la scrittura. Infatti si sono verificate in modo costante correlazioni negative fra l’utilizzo della televisione da parte dei bambini e la loro predisposizione alla lettura. Il materiale rappresentativo che si costruisce in un bambino che ascolta una favola, dovendo trasformare le parole in rappresentazioni, dando vita ad un proprio scenario-schermo interno, dove la sua vita simbolico-affettiva personale assume un ruolo primario, risulta differente in confronto al bambino che sorbisce la trama già codificata in immagini sullo schermo televisivo ed è costretto ad una temporalità di assimilazione imposta alle facoltà immaginative. Inoltre gli stessi espedienti messi in atto dalla televisione al fine di catturare l’attenzione innescano nei bambini modalità di funzionamento cognitivo eccitato dove le occasioni di riflessione sono ridotte ai minimi termini e le condizioni di apprendimento sono sensibilmente decurtate. Oltre ai contenuti violenti anche questi meccanismi attivano comportamenti di scarica repentina della tensione e degli impulsi aggressivi. Gli alti livelli d’azione e i ritmi accelerati determinano e definiscono uno stile percettivo ed assimilativo per cui i limiti di quello che è colto e percepito si elevano in funzione della possibilità di recepire una maggiore eccitazione. Questo si riflette sulle modalità dei processi cognitivi, soprattutto dei consumatori assidui di televisione.

Violenza e televisione

Per quanto concerne la rappresentazione diretta della violenza, i programmi televisivi ne propongono in abbondanza, mentre altri mezzi di comunicazione si sono imposti varie forme di autocensura. La maggiore assuefazione a tali deriva dal fatto che il contenuto violento è recapitato direttamente in una casa, in una famiglia, al bambino. Da queste preoccupazioni ha preso inizio un assiduo studio di ricerca sui risvolti dell’utilizzo frequente di televisione, soprattutto da parte dei bambini. Risulta abbondantemente dimostrato l’effetto dell’esposizione a questi modelli televisivi sul comportamento di adulti e bambini. Le modalità in cui la violenza è rappresentata riduce le inibizioni, presentando giustificazioni abbondanti per aggirare le remore morali. L’aggressione fisica è presentata regolarmente come risoluzione ultima dei conflitti, assumendo una connotazione di giustizia e di prestigio. Un’analisi puntuale dei contenuti televisivi dimostra che i maggiori produttori di cadaveri in televisione sono gli eroi positivi e i supereroi in genere. Il messaggio diretto ed esplicito consiste nel dimostrare che la violenza è lo strumento principale per il trionfo del bene sul male. Favorendo l’identificazione con il modello aggressivo, questa connotazione di valore ne pone in rilievo l’efficacia didattica. Le dinamiche violente ed aggressive dei contenuti televisivi comportano negli atteggiamenti infantili degli stati di emulazione che possono rivelarsi altamente dannosi nelle relazioni tra bambini che manifestano azioni intimidatorie durante i momenti di gioco e di svago con conseguenti atteggiamenti di odio e vendetta tra pari. Il palinsesto televisivo dovrebbe sempre tener conto della influenzabilità e suscettibilità dei bambini che facilmente imitano i personaggi “vincenti” della televisione. Di conseguenza sarebbe necessario proporre contenuti alternativi portatori di valori inerenti l’importanza del dialogo anche tra persone e personaggi differenti, la necessità di una relazione positiva in cui si rispetti sempre l’idea dell’altro, traendone ricchezza e giovamento. Dall’interazione reciproca non deve scaturire violenza e competizione esasperata, ma ricchezza interiore, creatività, contenuto nei valori del dialogo e della pace che sorgono da un incontro proficuo tra persone, comunque sempre portatrici di implicite differenze ed intrinseche diversità.

INTERNET E MUSEI
Una nuova realtà in rete: il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Internet è il futuro della comunicazione globale, per questo è in via di espansione trasformandosi in glocale, entrando nella scuola, nei settori culturali producendo formazione, informazione e comunicazione

Prima di iniziare ad esporre i servizi internet del museo della Scienza e della Tecnica di Milano, vorrei fare un chiarimento: parlare di internet dopo quanto detto relativamente a realtà ecomuseali, potrebbe sembrare fuori luogo; al contrario il multimediale è in stretto contatto con vari ambiti culturali come i musei. Questo perché può essere, nello stesso tempo, sia un interessante mezzo di promozione e sviluppo anche per realtà più piccole, che una delle caratteristiche più interessanti del multimediale. A mio parere è anche la possibilità di fornire un contesto agli oggetti e quindi, in qualche modo, di non dare al pubblico strumenti culturali avulsi dal loro contesto reale. In questo modo si va nella direzione degli ecomusei.
Tornando ai servizi di internet del museo, questi si compongono in:
laboratorio didattico (dove insegniamo cos'è internet)
un sito
serie di convegni tematici.

LABORATORIO DIDATTICO: ha aperto nel marzo 1999, quindi recentissimo; già nel primo mese abbiamo avuto l500 studenti che, lavorando sui nostri computer, hanno imparato a navigare; sicuramente non è un corso che insegna ad usare internet, trattasi solo di un primo approccio. Purtroppo stiamo scoprendo come 1' alfabetizzazione su computer sia molto bassa: pochi possiedono un computer, e pochissimi internet; quindi di fronte a questa situazione, cerchiamo di far capire le difficoltà del multimediale, i problemi, le criticità, senza la presunzione di insegnare loro ad usare internet.
SITO: sicuramente è la parte più impegnativa del progetto; è stato aperto nel gennaio '98,quindi come esperienza non è certo antichissima. Per darvi un'idea delle sue dimensioni vi riporto qualche cifra: più o meno 400 pagine, un migliaio di immagini, e più di 70.000 visite fino a questo momento. Qui una piccola nota tecnica: non si è raggiunto uno standard per la definizione delle visite; attualmente ci stiamo semplicemente adeguando a quello americano, da tutti considerato il migliore. Altra cosa da notare è come si sia parlato di visite e non di visitatori: succede spesso che un visitatore torni più volte sul nostro sito facendo cosi crescere il numero di contatti, ma non di utenti. La cifra relativa ai contatti è credibile in questi termini solo per grosse realtà, non certo per piccoli giornali online, che a volte dichiarano cifre assurde.
Per completare la descrizione del sito, non posso dimenticare la creazione, su nostra iniziativa, di cd-rom. Innanzitutto si è contattato, e si è stati contattati da diverse riviste informatiche per pubblicare il nostro sito su cd-rom allegato. Il cd-rom, stampato in 200.000 copie, ha portato molti vantaggì, su tutti: una forte diffusione del sito. Naturalmente, e qui sta un altro vantaggio, al museo non è costato nulla; l'invenduto, restituito, è stato utilizzato come materiale promozionale.

ASPETTI POSITIVI E MENO POSITIVI DELL’ ESPERIENZA

Gli aspetti positivi: chiaramente la promozione, perché comunque sia,70.000 visite in un anno sono un buon risultato promozionale. L'informazione: il sito può essere usato come luogo in cui rimandare le persone che chiedono informazioni attività, su come raggiungerlo eccetera, non facendole passare per il centralino; questo utilizzo del sito è sicuramente più comodo che farsi passare informazioni telefonicamente. Un altro aspetto positivo è l'utilizzo di internet come luogo di sperimentazione: lavorare sul web significa lavorare velocemente e a costi bassi, tutto ciò permette di provare molti progetti. La sperimentazione più interessante è quella relativa a nuove collaborazioni con altre istituzioni. In questo modo si uniscono un po' i due concetti espressi fino ad ora: internet come mezzo di sperimentazione e come luogo di aggancio, eventualmente anche di sponsor.
E' sempre molto stimolante cercare collaborazioni con altri musei: queste sono relativamente semplici se si creano delle pagine sul web, diventano più complicate da un punto di vista spaziale ed economico, se si cerca di creare una mostra reale.
Il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano ha avviato diverse collaborazioni, basti citare il Science Museum di Londra. Con loro si sono create pagine comuni, e i contatti sono assidui anche grazie alle e-mail. Altre collaborazioni possono nascere con degli sponsor: si comprano delle pagine a costi relativamente bassi, ne si fanno spazi informative, e poi se l'operazione ha successo, se c'è una reciproca attrazione, si potrà organizzare una mostra. Naturalmente, in questa ottica, non si deve dimenticare l'aspetto di immagine del museo. Purtroppo, sono rare le e-mail di sponsor interessati. Qualora giungano, comunque, vengono dirottate all'ufficio di pubbliche relazioni. Il multimediale, e qui sta un altro aspetto positivo, cambia radicalmente anche il rapporto con il pubblico. Tramite internet l'utente può dare del tu al museo. In questo modo si perde molto l'aspetto di istituzione lontana, bloccata e un po' ieratica.
In genere le e-mail che giungono al Museo sono molto positive, propositive. Il punto focale di questo discorso è la possibilità di costruire un approfondimento del rapporto con il territorio, con la comunità sia locale che internazionale. Effettivamente la maggior parte dei contatti provengono dall'America; gli utenti ci danno informazioni, ci segnalano pezzi, particolarità sugli oggetti del Museo; per esempio gli operatori del Museo sono stati contattati da una persona che possedeva una locomotiva, come quella esposta all’interno del Museo, e faceva sapere come al mondo ne esistessero solo due (questo gli operatori non lo sapevano). Ribadisco come tutto ciò abbia un costo iniziale molto basso, non però nullo: anche se si può avere lo spazio web gratis, e anche se i programmi per imbastire le pagine sono relativamente semplici, l'impegno di risorse, a lungo andare ha un suo costo. Questo essere profondamente economico, è importante perché da l'opportunità anche a realtà piccole e squattrinate di crearsi una fetta di visibilità.
Gli aspetti problematici: l'utenza potendo relazionarsi al Museo in modo più diretto, diventa molto esigente: chiede risposte in maniera continua. Non rispondere creerebbe un notevole danno di immagine; allo stesso tempo, rispondere crea molti altri problemi: il peggiore, molte volte, è il dover ristrutturare l'intera realtà aziendale sulle esigenze di una società informatizzata e sulla circolazione di informazioni molto rapida. Ciò significa fare si che tutti gli uffici per esempio, diventino bravi ad utilizzare le e-mail, potendo smistarle ai settori competenti velocemente. Gli uffici a loro volta sono carichi di lavoro, quindi questa rapidità si perde; molte volte gli impiegati sono così oberati di lavoro che non sono certo propensi a rispondere.
L'aggiornamento del sito: abbiamo scelto di fare un'operazione di grossa portata in numero di immagini e pagine, il tutto con buoni risultati di visibilità, anche sulla stampa. A questo punto sorge un problema: l'utenza chiede di continuare ad inserire nuovi contenuti editoriali ; ciò non è facile anche perché dopo un po' il materiale prodotto in maniera standard dal Museo non è più sufficiente. Allora quello che si fa è cercare delle collaborazioni con altri enti che producono materiale scientifico. Una delle idee più recenti è quella di fornire un'agenzia di notizie, su ciò che organizzano gli altri musei internazionali in rete. Altra idea è creare dei fori di discussione in cui, in qualche modo, sono gli stessi utenti a proporre temi; dopo un'analisi accurata di quanto proposto, verrà dato l'avvallo solo alle tematiche scientificamente rilevanti. Per esempio il sito del Museo ha ospitato il lavoro di una scuola media di Savona, relativo alle macchine a vapore; ora, una volta verificato che il contenuto scientifico del lavoro fosse valido lo si è ospitato e promosso.
La gestione di questi rapporti con l'utenza comporta dei costi aggiuntivi che nel caso specifico sono incarnati nelle persone che gestiscono il sito e il laboratorio internet. A queste nuove spese si aggiungono quelle di realizzazione grafica: quando si fa un sito di una certa importanza, imponenza, le nuove pagine, e le nuove sezioni devono essere belle: per cui è chiaro che si entra in una spirale virtuosa dal punto di vista grafico, ma onerosa economicamente. Ecco, adesso allargo leggermente il campo, uscendo dal nostro ambito specifico di Museo della Scienza, cercando di capire come sta andando il mondo dei musei su internet: quello che si è colto, data l’esperienza, è che sussiste una gran voglia di museo. Si cerca un nuovo rapporto con l'istituzione museale e internet sembra offrirlo. Il Museo diventa qualcosa con cui colloquiare, un punto di riferimento. Si esce così dallo stereotipo di Museo sede di una cultura alta, separata e lontana.
In questa ottica il Museo diventa un punto di riferimento autorevole per poter distinguere, nel caos della rete, il vero dal falso. L'autorevolezza del Museo acquista importanza alla luce del fatto che molte scuole si stanno avvicinando a internet; essendo da sempre il Museo in ottimi rapporti con le scuole, i contatti aumentano.
Analizziamo ora le tendenze generali dei musei su internet: esistono due generazioni di siti. La prima: si ha qui l'inclinazione a fare dei siti di presentazione; ogni museo ha una bella brochure, una bella guida, che viene messa in rete; già questa è una funzione importante perché aumenta la visibilità. In Italia siamo ancora fermi a questo punto, dove il problema è il cambiamento e l'ampliamento del sito. Le modalità di azione sono due: la prima è mettere on-line il più possibile sotto forma di database interrogabile (forma molto più comprensibile e gradita anche ai più conservatori). In pratica l'idea è di mettere in rete il catalogo su cui vedere tutti i pezzi. I rischi di un'operazione così, sono di creare un sito di interesse molto specialistico; le cose non devono solo essere messe a disposizione, ma vanno anche comunicate, spiegate.
La seconda tendenza è del multi mediale a tutti i costi: essendo le spese relativamente basse, si cerca di mettere in rete filmati o materiale simile. Purtroppo i “navigatori” a volte non hanno le competenze o una buona connessione per potere usufruire di tutto ciò; questa tendenza diventa così elitaria per creazione e per fruizione.
Nell'analisi dei siti un metro di giudizio è il loro essere “caldi o freddi”: si sta creando una tendenza, non per tutti, di fare dei siti freddi cioè basati su cataloghi on-line e database; il Museo e non è l’unico, sta cercando di andare verso una comunicazione multimediale più calda, cioè più emozionale e comunicativa. La sezione didattica pone tra pubblico e museo un animatore, cioè una persona che mette in gioco lo spettatore; si pone tra l'oggetto e l'utenza, spiegando e rispondendo alle domande. La volontà è portare tutto questo su internet. Internet è un ottimo mezzo per raccontare storie; le storie, sono in verità, importantissime, sono la base della nostra cultura, forse più degli oggetti stessi. Un oggetto vale soprattutto per le storie che ci può raccontare.
Nell'esposizione reale non è facile trasmettere storie anche perché fisicamente manca un contesto. Spesso la creazione di quest'ultimo è più facile all'interno di musei virtuali. In definitiva il tentativo è di far passare il museo da tempio a teatro, cioè deve avvenire al suo interno un coinvolgimento anche emotivo. Si vuole creare una comunità che sia virtuale, ma che si possa legare profondamente al Museo reale.
Si è già visto il meccanismo di creazione delle comunità intorno al sito: esiste una sezione denominata MIMOSA, alla quale ci si può abbonare lasciando la propria e-mail, attraverso cui si inviano notizie sul museo.
Nonostante molti contatti siano banali, si cerca di forzare questa tendenza creando ambiti di discussione in modo da far interagire le persone per creare e recuperare il rapporto museo/territorio a medio/lungo termine.
Ultima cosa: il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano sta portando avanti, con il politecnico di Milano, la creazione di una visita tridimensionale di un museo inventato (il museo, che non rispecchia quello reale, espone per esempio molte opere di Leonardo) in cui le persone si possono incontrare in un'interazione che somigli vagamente a quella fisica. L'obiettivo non è sostituire la visita reale, ma invogliarla: ci si trova in un ambiente tridimensionale in cui si vedono le figure degli altri spettatori, con i quali si possono scambiare messaggi. Il risultato? una visita al museo in cui si possono addirittura provare animazioni delle macchine di Leonardo, cosa improponibile nella realtà.

LAURA TUSSI

Bibliografia:
Bandura A., La violenza nella vita quotidiana, in “Psicologia Contemporanea” 1981
Varin D., in “Vita e Pensiero”, 1985
Winn M., La droga televisiva, Armando, Roma 1978

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