L’on. Marco Zacchera dal Burundi

Non vi nascondo che – vista da qui e stando a contatto con questa realtà umana e sociale – l’Italia con i suoi problemi politici sembra molto lontana. Problemi e polemiche che da noi sembranofondamentali da qui appaiono leggeri, quasi sciocchi. Altre qui sono le priorità: non solo il Burundi è un paese povero e senza risorse, ma soprattutto non ha prospettive future stretto tra un troppo forte aumento della popolazione, gli odi tribali (tra tutsi e hutu ogni qualche anno scoppia la guerra civile) e una caduta verticale del reddito pro-capite tenendo conto che con lo stipendio di un maestro non si compra un chilo di fagioli al giorno. Un paese dove la violenza è quotidiana, le classi di prima elementare sono fatte da 140 alunni, la corruzioneè dilagante e non solo a livello di ministri ma del semplice poliziotto che ti incarcera senza colpa, magari solo per rilasciarti il giorno dopo in cambio di un pollo spennacchiato ”omaggio” forzato dei parenti del detenuto.

In questo quadro vi sono alcune realtà che seguo da diversi anni con il “Verbania Center” (vedi sul mio sito www.marcozacchera.it) e non sono mancati i momenti difficili: nel 1994 mi sono trovato in mezzo alle sparatorie, nel 2000 ho collaborato a salvare un missionario delle nostre parti, don Carlo Masseroni (di cui sono proprio ospite in questi giorni) colpito alla testa da una fucilata. Tra l’altro mi rendo conto che la maggior parte dei missionari che ho conosciuto qui e in Kenya sono stati assaliti, pestati, rapinati ed uno – padre Graif, della “Consolata” – perfino ucciso. A Kiremba – a un’ora di strada da Ngozi – dove sono di base internet ancora non c’è, ma da tanti anni opera un ospedale fondato dalla diocesi di Brescia che andrebbe visitato solo per rendersi conto di come siamo fortunati in Italia (pur lamentandoci sempre di tutto) e dove attualmente lavorano alcuni giovani medici volontari di Torino, alcune suore e tre congolesi. Una realtà fatta di dolore, di stracci, di polvere e tante di donne in attesa con i bambini in braccio tra dissenteria, AIDS e ben poche attrezzature. Sono così giorni di riflessione profonda su tante cose, di “ricarica delle batterie” ma anche di tensione per l’insicurezza diffusa nel paese e la conseguente necessità di massima prudenza con dodici ore al giorno di forzato coprifuoco che scatta appena il sole tramonta.

Nelle lunghe serate – in Burundi la luce elettrica è un lusso, in compenso le stelle sono formidabili – racconto le nostre storielle politiche e piano piano si passa poi a parlare di tutto. Tra l’altro l’Italia è ancora più lontana da quando la RAI ha cancellato ogni trasmissione radio per l’Africa compreso “Tutto il calcio minuto per minuto”: per sentire parlare italiano l’unica è ascoltare il GR delle 21 alla Radio Vaticana!

Questo numero de “Il PUNTO” vuole essere quindi soprattutto un saluto, un arrivederci più o meno a tra una quindicina di giorni quando riprenderemo con le cose solite, ma con il pensare a quanti errori facciamo nell’affrontare le priorità della vita a confronto ed a contatto con tanta gente che qui se la combatte giorno per giorno solo per mettere insieme qualcosa da mangiare. Per la cronaca sono 146 gli italiani residenti fissi in Burundi, quasi tutti religiosi, suore e volontari da non confondere con qualche “cooperante” a 5.000 euro di stipendio al mese che – con autista – corre sulle malandate strade del paese a bordo di fiammanti fuoristrada per qualche organizzazione umanitaria internazionale. E’ inutile polemizzare, ma ci sono anni-luce di differenza tra chi è qui mettendo la propria vita gratuitamente al servizio egli altri e chi invece controlla “progetti” che a volte spariscono appena inaugurati, non fosse che per la mancanza di manutenzione e la voracità della corruzione. Altre iniziative invece reggono – come il centro Kamenge alla periferia di Bujumbura – dove i missionari Saveriani lavorano seriamente in un quartiere difficile sia costruendo case per i senza tetto che cercando di far crescere insieme una gioventù che deve trovare prima di tutto un dialogo interetnico ed interreligioso. Ho visitato anche “Casa Alessia”, una valida iniziativa novarese a Masango, nel nord del paese, che sta crescendo per aiutare tanti bambini abbandonati: gocce nel mare, ma significative. Ogni volta – è questo il mio quindicesimo viaggio in Africa, a parte quelli per turismo o in veste ufficiale – incontro poi personaggi unici, magari strani ed originali (uno ha intitolato a Giorgio Almirante una piccola ma preziosa casa di accoglienza per malati di mente, con tanto di targa!) ma anche presenze forti, mature, valide. Questa volta mi hanno particolarmente colpito due giovani preti: uno di Brescia – don Michele Tognazzi – e l’altro delle nostre parti (don Massimo Minazzi, di Casale Corte Cerro), che sono qui a lavorare senza sosta e testimoniano con i fatti la fedeltà del servizio alle loro comunità. Sono questi alcuni degli sconosciuti eroi di questi anni, quelli che non si arrendono nonostante tutte le difficoltà seminando la Parola con la speranza che – prima o poi – possa dare frutto anche tra la terra rossa di queste colline. Avrei tante altre cose da aggiungere ma non voglio disturbare lettori che di solito mi seguono per la politica e potrebbero non gradire, ma – credetemi – o si riflette qualche volta di più su noi stessi cercando di non dimenticare i caratteri fondamentali del vivere la vita pubblica (che se fatta bene credo possa essere un autentico “servizio” alla comunità) o si fa solo scena, ma allora non si combina niente di buono. In questo senso – come direbbe Guareschi – la visita in Burundi è proprio “utile ed istruttiva”!

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