ODE SU CEFALONIA

I

Cefalonia è un argomento oggi assai d'attualità
ma purtroppo raccontato senza dir la Verità
Scribacchini e mentitori, falsi storici e venduti,
hanno detto sol menzogne e per giunta son creduti. (1)
– Oggi giunta però è l'ora di por fine a tale imbroglio
ed all'uopo raccontare tutto il vero qui vi voglio.
Dice infatti la vulgata, capitata a noi in sorte,
che resistere la “Acqui” volle a costo della morte,
che soldati ed ufficiali, con comunità d'intenti,
preferirono morire senza tanti complimenti.
A sostegno di tal tesi, vien citato un plebiscito (2),
che l'inizio avrebbe dato ad un tal macabro rito.
Generali e colonnelli, graduati e truppa tutta,
si sarebbero accordati in tal sorta di combutta
tesa a far di Cefalonia un immenso cimitero.
Io domando, a questo punto: “Ma vi par che ciò sia vero ?”.
Questa dunque la storiella (3), ripetuta a destra e a manca,
della quale fino ad oggi, di parlar non ci si stanca,
e su cui, ciò ch'è indecente, s'è creata un'epopea
che si fonda sopra il nulla perchè il vero non si crea.
Ma vediamo di chiarire queste nostre affermazioni
e iniziamo con i nomi di Apollonio e Pampaloni.
Furon, questi, due signori che, per boria o tracotanza,
della Divisione Acqui provocaron la mattanza. (4)
Capitani eran costoro, per di più di complemento,
che incuranti d'ogni norma e qualsiasi regolamento,
affondarono ai tedeschi, con le loro batterie,
due natanti che portavan solamente salmerie (5)
ai compagni di Argostòli che attendevano le stesse,
mai pensando che l'inferno su di lor dal ciel piovesse.
Fu un’azione proditoria che mirò a creare “il fatto” (6)
che impedisse proseguire coi tedeschi ogni contatto
per raggiungere una resa onorevole e sicura,
che alla ‘Acqui’ evitasse ogni sorta di sciagura.
Ancorchè fatta cessare, tale folle iniziativa
compromise detti accordi in maniera decisiva.
Giunse infine dall'Italia il comando perentorio (7)
di resistere ai tedeschi: tutto ciò è ormai notorio
ed è anche risaputo come andò a finire il tutto:
in un modo orrendo e tale che dovunque portò lutto.
Di Caduti e Fucilati, è terribile il conteggio
che ancor oggi ci fa dire:”Non poteva andare peggio”.
Se l'eccidio fu un orrore che ci angoscia tutti quanti
dello stesso nominare qui dobbiamo anche i mandanti.
Essi furon quegli stessi che, con grave sedizione, (8)
aggredirono i tedeschi provocando la reazione
di tal belve inferocite, sì che al fin della tenzone
non rimase quasi traccia della bella divisione.
Di costor le malefatte travisate furon poi,
additandoli, per giunta, come veri e propri eroi.
E' incredibile ma vero e purtroppo dura ancora
un cotal travisamento che la storia “vera” ignora.

Ma speriamo che sia giunto il momento degli onesti
e che in mano dei cialtroni la vergogna solo resti,
d'aver detto per decenni solamente falsità
finalmente smascherate dalla pura Verità
Se a qualcuno, tuttavia, una storia così amara,
non dovesse risultare come a noi del tutto chiara,
o nutrisse ancora dubbi e convinto non si fosse,
interpelli Pampaloni (9) che le ” sparerà ” (10) assai grosse.

Massimo Filippini

Pasqua 2003

II

Quando scrissi la mia ode non sapevo un'altra cosa
di cui adesso sono in grado di parlare più che a iosa:
ignoravo la menzogna del “gran numero dei Morti”
nonostante tanti dubbi nel frattempo fosser sorti.
Oggi infatti sono in grado di affermar, dati alla mano (11),
che fu ordito un grande inganno per il popolo italiano.
Novemila o diecimila sono numeri inventati
e da anni impunemente alla gente propinati
con diabolico disegno, da signori in malafede:
venga fuori chi attualmente a costoro ancora crede.

Massimo Filippini

Natale 2006

_______________________

NOTE:

(1) – Gli “scribacchini” sono quei giornalisti che, pur ignorando i fatti si ostinano a scriverne con prosopopea: quei pochi, tra costoro che sanno qualcosa, sono anche dei “mentitori” perche' pur sapendo tacciono o travisano la verita'.
I “falsi storici” sono i 'cattedratici' ovvero i “baroni” universitari che si sentono autorizzati -in esclusiva- a trattare un argomento di cui pochi di loro sono al corrente e, tra questi ultimi, quasi tutti sono reticenti o dicono bugie.
I “venduti” infine allignano in gran numero tra le predette categorie e la loro caratteristica consiste nell'ossequiosa adesione alle tesi “personalissime” del potente di turno identificabile –nel caso di Cefalonia- con il presidente Ciampi il quale, improvvisatosi storico, le ha imposte mostrando di non tenere in alcun conto le risultanze cui sono pervenuti gli storici o meglio quelli, tra gli storici, che non la pensano come lui.
“Ciampi dixit” e' l'ukaze in materia e su di esso si è ritrovata concorde l'Armata Brancaleone degli storici o presunti tali provenienti dalle vetuste fila degli azionisti e dei loro compagni comunisti la cui abilità nel manipolare la storia accusando di ‘revisionismo’ chi ad essi si oppone -‘vogliono riscrivere la storia !’ è il loro isterico urlo- è tristamente nota.

(2) – Il “plebiscito” ovvero il “referendum” indetto dal gen. Gandin tra i soldati, che avrebbe avuto una risposta “concorde, unanime e plebiscitaria” rappresenta uno degli aspetti più inverosimili della tragedia ma, poiché Ciampi -mostrando una scarsa conoscenza dei fatti- ne parlò in quei termini a Cefalonia, il 1 marzo 2001, esso è divenuto il cavallo di battaglia della storiografia “resistenziale”, nonostante il levarsi da tante parti di voci incredule o nettamente discordi come quelle di moltissimi Superstiti riportate anche nel Sito www.cefalonia.it.
Si tratta di ex soldati presenti in quei momenti che hanno dichiarato che ad essi non fu chiesto assolutamente nulla: “revisionisti” anch’essi ?
(3) – La vicenda di Cefalonia fu una tragedia che costò tante Vittime e pertanto è immorale raccontarla al pari di una “storiella” su cui, per giunta, edificare un mito -” l' epopea della Acqui”- che come la “resuscitata” (per merito dello scrivente) Relazione Picozzi (integralmente pubblicata nel mio libro “La tragedia di Cefalonia. Una verità scomoda”) insegna, servì ad occultare soltanto le vere responsabilità dei fatti.

(4) – I due ufficiali, il primo tenente in procinto di passare in servizio effettivo ed il secondo capitano di complemento, entrambi del 33°rgt Artiglieria, ebbero, come e' noto, una parte di primissimo piano nel causare i fatti al punto che si può tranquillamente affermare che se essi, specie il primo, fossero rimasti -come era loro dovere- obbedienti agli ordini dei loro Superiori, la tragedia, di cui furono la principale concausa, non sarebbe avvenuta.

(5) – Il termine “salmerie” risponde ad esigenze di rima e di chiarezza storica escludendo esso che a bordo delle due imbarcazioni vi fossero soldati ed armi in gran quantità per tentare uno sbarco, come i professionisti della menzogna hanno scritto.
Il Reduce Alfredo Reppucci che era accanto ad Apollonio al momento del proditorio cannoneggiamento riferisce di aver visto sui due natanti addirittura due muli e. soprattutto, che i tedeschi, quando si videro presi a cannonate lanciarono in aria dei razzi colorati per farsi riconoscere: un ben strano modo di tentare uno sbarco.

(6) – Il riferimento è al c. d. “fattaccio compiuto” di cui in un primo tempo si vantarono i “ribelli” di Cefalonia i quali nel primo dopoguerra non esitarono a dire di aver aperto il fuoco non per evitare uno sbarco –cui, come s’è detto i tedeschi assolutamente non pensavano- ma proprio per creare una situazione di ‘non ritorno’ per il gen. Gandin impegnato nelle trattative con i tedeschi.
Con il tempo l'espressione venne “ritirata” poichè i predetti –temendo anche per le conseguenze penali delle loro ‘gesta’- ritennero giunto il momento di rientrare nella legalità ed all'uopo raccontarono le balle della “potente flotta da sbarco” respinta dalle batterie degli “intrepidi” ufficiali, in obbedienza (sic!) di ordini del proprio generale che, essendo morto non poteva certo smentirli anche se a ciò provvidero le testimonianze ad essi sfavorevoli dei capitani Italo Postal e Gennaro Tommasi durante il procedimento penale contro di loro che però fu ‘insabbiato’ con una procedura tipicamente italiana….
Altro che mito, qui siamo nella leggenda…

(7) – Il “comando perentorio” è il famoso ordine del governo rifugiato a Brindisi che, con criminale incoscienza ingiunse al gen. Gandin di “resistere con le armi” ai tedeschi, pur sapendo di non poterlo aiutare in alcun modo. Se ne parla poco da parte dei sostenitori della fanfaluca del “referendum” perchè quest'ultimo perderebbe il suo valore di elemento chiave nella “storiella”: d’altronde se l'ha detto Ciampi che a Cefalonia si volevano far ammazzare tutti, cio' basta e avanza…

(8) – Di “sedizione” e “ammutinamento” si è detto ampiamente e rimandiamo a quanto abbiamo scritto, anche nel sito www, nei nostri libri e articoli e nel sito www.cefalonia.it analizzando le violazioni di leggi e regolamenti militari ivi avvenute, che trasformarono in un “Far West” l'isola greca nell'ambito di una vicenda, cui pienamente si adatta la definizione datane da altri di “pagina nera della storia militare italiana”.

9) – L'ex capitano (compl.) di artiglieria Amos Pampaloni fece aprire il fuoco di sua iniziativa, ciò senza e contro gli ordini del Comando di Divisione e, negli anni successivi, incurante del fatto di aver contribuito a provocare la rappresaglia tedesca rivendicò –in contrapposizione al suo compagno di merende Apollonio, il merito di essere stato “il primo” ad aprire il fuoco.
Cio' anziche' una condanna per insubordinazione, reato da cui fu scandalosamente prosciolto, gli valse una Medaglia d'Argento che, in una con la sua militanza nell'allora PCI e in organizzazioni paracomuniste come l'ANPI, lo hanno portato ad essere rappresentato come un'icona vivente della parte peggiore della Sinistra: quella che pretende di esercitare, ancora oggi, la sua egemonia storico-culturale ricorrendo anche e soprattutto al mendacio come sui fatti di Cefalonia.

(10) – Il futuro del verbo 'sparare' riferito al 'desso' e' usato per sintetizzare, al meglio, le sue mansioni di “sparatore” di cannonate, all'epoca, e di “sparatore” ultrasessantennale di balle, successivamente.

– (11)- I risultati delle mie ricerche sui dati numerici dei Caduti di Cefalonia sono contenuti nel mio ultimo libro “I Caduti di Cefalonia: fine di un Mito” nel quale il lettore potrà constatare agevolmente quanto grandi siano le menzogne raccontate anche su tale aspetto della vicenda che vide meno di duemila morti tra caduti in combattimento e fucilati dopo la resa cioè meno di un quinto dei 9-10mila tramandati dalla menzognera ‘vulgata’ di cui i comunisti sono stati fino a ieri insuperabili autori ed interpreti.

Massimo Filippini

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