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Bossi e la Lega, l’odio per il tricolore e l’amore per la poltrona

di Renato Scattarella

LE CONTRADDIZIONI DI UN PARTITO CHE URLA ALLA SECESSIONE MA CHE GRAZIE A ROMA HA CONQUISTATO IL POTERE

Da anni gli uomini del carroccio annunciano secessione, autonomismo e riforme federali in una partita a poker (fin ora tutta al ribasso) con alleati e avversari. La Lega è forte di un grande consenso elettorale ma la piazza “padana” aspetta con impazienza che le promesse vengano mantenute. Il popolo del Nord, quello che non si fida di Berlusconi, ha riposto grande fiducia nel partito di Bossi, ma siamo davvero sicuri che questo partito possa rispettare le volontà dei suoi elettori?
Fin ora i problemi giudiziari del premier hanno annacquato il pacchetto sicurezza tanto voluto da Maroni e la riforma in senso federale delle istituzioni è in ancora alto mare. Ecco spiegato il bisogno da parte del leader Bossi e dei suoi soci di rassicurare la base con alcuni gesti simbolici un po’ “pecorecci” che offenderanno pure il paese e le sue istituzioni ma che servono a mantenere il consenso interno.

Ultimo in ordine di tempo è stato il famoso dito medio alzato durante l’esecuzione dell’inno nazionale, la colpa di Mameli sarebbe stata quella di avere messo fra le strofe le parole “schiava di Roma” che peraltro si riferiscono alla “Vittoria” e non al paese.

Tutto ciò fa da cornice alla famosa strategia del partito di lotta e di governo che tanta sfortuna ha portato ai partiti comunisti alle scorse elezioni, proprio a causa dell’alternarsi di toni da piazza e posizioni allineate in consiglio dei ministri.

Il partito di Bossi vuole dare un immagine di sé diversa da quella del governo e fa valere la sua importantissima quota di minoranza nel c.d.a dell’esecutivo per barattare i propri provvedimenti con quelli voluti da Berlusconi, come sta accadendo per la riforma della giustizia che rimane la priorità assoluta del premier.

Una pantomima già vista che da il segno di come anche in questa legislatura nulla è cambiato e tanto per gli elettori leghisti quanto per tutti gli altri ci sarà poco da essere contenti.

La Riforma in senso federale dello Stato, che andrà a ritoccare i pilastri della nostra Costituzione è una cosa seria e necessaria, ne va dell’efficienza del nostro apparato statale e quindi della nostra economia, ma se verrà affrontato in questo clima e con questi “padri costituenti” preferisco aspettare il prossimo turno. Una riforma di tale portata storica non può essere materia di scambio fra componenti di una coalizione e non può avere il vessillo di una partito come la Lega in quanto essa rappresenta gli interessi propri e non quelli del paese.

Ecco quindi che la tanto sbandierata rivoluzione leghista si sta rivelando per quello che veramente è e cioè una rivoluzione “all’amatriciana” fatta di annunci contro Roma alla domenica e di pranzi e cene romane durante la settimana. Per questo motivo mi stupisce la fedeltà degli elettori del carroccio che fin ora non hanno avuto nulla dal proprio partito se non slogan ed eccessi verbali.

La strategia leghista non sta portando nulla di buono né al paese né al suo elettorato e quindi non si capisce tutta questa tolleranza di fronte a gesti come quelli di Bossi che lo rendono palesemente fuori luogo e fuori ruolo. Forse dovrebbe ricordarsi più spesso che è ministro della Repubblica su mandato dei cittadini italiani e che ha giurato di fronte alla Costituzione.(www.agora,agazine.it)

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