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Tolleranza e integrazione nell’Italia del 2008

di Cristian Ribichesu

L’Italia, come sostengono Stella e Rizzo, con “La casta” e la stessa “La deriva”, ma anche altri come il giovane Floris, con il ben riuscito “Mal di merito”, va alla deriva e nonostante tutto continuano a esistere le “fazioni politiche”, non estranee ai vecchi giochi di piazza e propaganda.
Proprio in questi giorni la cronaca si occupa del problema dei rom che, se l’iter la convaliderà, con una legge che vede il favore del ministro Maroni, saranno sottoposti ad un “censimento” anche attraverso il rilevamento delle impronte digitali. Ovviamente, e come da copione, il mondo politico si divide, influenza l’opinione pubblica, e si antepongono destra “decisionista” e pro-censimento contro sinistra “tollerante” nei confronti delle minoranze e contraria alla richiesta delle registrazioni delle impronte digitali.
Così, da una parte i movimenti in favore delle genti rom denunciano lo stato d’indigenza, in alcuni casi d’intolleranza e di vera e propria persecuzione razziale, nonché di malessere generale in cui versano queste popolazioni, alcune da tempo residenti in Italia, ma dall’altra persistono situazioni in cui dei rom sono attori di vere e proprie “azioni incivili”, come gettare rifiuti quali letti, reti, lavatrici, auto e roulotte negli spazi immediatamente antistanti ai campi creati da vari comuni italiani, oppure azioni che digradano verso il furto (da poco alcuni rom sono stati arrestati perché stavano rubando 200 chili di rame) o situazioni come quella descritta alcuni giorni fa nel Corriere, che vedeva, come da articolo, la vendita di una bambina rom di 12 anni ad una famiglia rom di Porto Torres (pare per un matrimonio),… per non citarne altre. Indubbiamente le facili generalizzazioni non portano a nulla e tutto il dicibile, o il detto, deve superare la prova dei fatti, però nessuno può dubitare sul fatto che esistano problemi legati ai rom presenti sul suolo nazionale.
Sicuramente se zingari, rom o sinti, subiscono violenze da parte di cittadini italiani, la cosa non può cadere nel dimenticatoio e deve avere una prosecuzione legale, giusta, severa ed esemplare, ma d’altra parte non è corretto che i rom, non certo tutti, innegabilmente padroni di una propria cultura, comunque non rispettino la legge italiana.
Non vi è dubbio, poi, che la società ha dei doveri nei confronti di tutte le persone, rimuovendo gli ostacoli che limitano l’esercizio delle libertà dei cittadini e le disuguaglianze economiche e sociali che impediscono lo sviluppo della persona umana, ma questo spesso non si riesce ad attuare con gli stessi cittadini italiani, che comunque non vengono “giustificati” nell’attuazione dell’illegalità, ed è anche vero che i singoli, compresi gli straneri, hanno dei doveri inderogabili, fondamento di una pacifica e costruttiva convivenza, nei confronti della società, come è sancito negli articoli 2, 3, 4, e 54 della nostra Costituzione .
Tra l’altro certe azioni non sono neanche comprensibili o ammissibili e riferendoci all’esempio dei “rifiuti” (un esempio che ha numerosi riscontri, verificabili, nella realtà), è doveroso ammettere che molti rom hanno il tempo, i mezzi, gli uomini e i soldi per portare i rifiuti alle discariche comunali o per rottamare le auto usate. Il problema è che se un cittadino italiano non portasse i rifiuti di un certo volume (o particolari rifiuti) nelle discariche comunali, verrebbe perseguito dalla legge; se non rottamasse l'auto verrebbe perseguito dalla legge. Ne consegue, quindi, che la legge “non funziona”, ma la colpa potrebbe non essere dei rom, quanto, invece, di una certa classe politica che col proprio operato crea una differenza di fatto, non certo l'uguaglianza.
Purtroppo, davanti a certe situazioni non si può e non si dovrebbe rimanere indifferenti, anche perché, da una parte, se lo Stato non interviene per il rispetto e l’adempimento dei doveri inderogabili, contemporaneamente non può rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona e combattere le disuguaglianze sociali. Se i rom si mettono o si mettessero nella condizione, con condotte illegali, di non adempiere ai propri doveri di solidarietà sociale, anche negando la propria disponibilità nei confronti della stessa collettività, e se lo Stato, o parte della classe politica, o gli stessi cittadini italiani, tollerano o tollerassero questo con impassibilità, resterebbero privi di forza gli stessi principi della Costituzione Italiana.
Ma d’altra parte, come scritto, la colpa della mancata integrazione dei rom, nel momento in cui questi non rispettano le nostre basilari norme del vivere civile, spesso non è da attribuire a loro, ma ad una inesistente o fallita comunicazione, ad un’errata interpretazione della tolleranza e dell’integrazione culturale, forse voluta, ma, ribadendo, spesso non da loro. Fortunatamente non siamo privi di casi positivi, di lavori costruttivi, e un esempio, in tal senso, di comunicazione e regolamentazione locale per la corretta integrazione degli abitanti di una città italiana, è dato dalla Carta dei diritti e dei doveri, del 31 marzo 2003, del comune di Bologna .
Altri, invece, come è successo in alcune città italiane, anziché lavorare per il dialogo e l’assolvimento dei doveri per l’integrazione sociale, in una corretta dinamica del dare e avere, non perdono tempo per andare in piazza e protestare contro la proposta di Maroni, per la raccolta delle impronte digitali dei rom. Ovviamente qui il discorso è complesso, e in effetti la schedatura delle impronte digitali riporta un po’ alla mente le barbarie naziste, gli orribili tatuaggi e il trattamento, patito anche dal nostro scrittore Primo Levi, delle persone come “pezzi”, cose da usare e distruggere. Però, non è neanche giusto fare i paragoni con i detenuti dei nazisti e, date alcune situazioni di fatto, ne consegue che deve esistere un modo, certo discutibile, non umiliante e non “invasivo”, anche dal punto di vista psicologico, per censire chi immigrato o “non integrato” viene in Italia, anche per il bene dello stesso censito (cosa vuol dire non diamogli le carte d’identità perché poi le buttano?). Altra cosa, poi, è il reato d’immigrazione, non comprensibile in un’ottica che dovrebbe tendere all’uguaglianza, e per dirla con le parole di Di Pietro, “Un rapinatore non è più rapinatore di un altro se ha un colore diverso della pelle”, ma altresì l’applicazione della legge deve essere corretta e puntuale.
Quello che sorprende è la velocità d'azione di alcuni politici (non certo l’espressione di un parere contrario a una proposta di legge), azioni sempre unilaterali, con eventi che gridano al sociale, ma che poi spesso sono solo politici o politicizzati. Alcuni sempre in prima linea per le manifestazioni di piazza, ma non altrettanto celeri nell’intervenire in tutte quelle situazioni d’illegalità, e conseguentemente di allontanamento dall’uguaglianza sociale, che gravitano attorno agli stessi rom.
Ma, a dire certe cose, si corre il rischio di essere indicati come fascisti, quelli del “me ne frego”, perché in Italia, ormai, o sei di sinistra o sei di destra, e guai alla libera manifestazione del pensiero personale e lontano dalle logiche della massa, guai! Altrimenti, scomodando la più famosa Commedia, puoi passare addirittura dalla parte degli ignavi, anche se poi, avendo scritto o detto che serve un atteggiamento più critico e corretto nei confronti dei rom, potresti comunque essere intervenuto in difesa di alcuni rom o potresti ritenerti abbastanza obiettivo da affermare che la legge dev'essere uguale per tutti, proprio come viene sancito nell'articolo tre della Costituzione italiana, e che, ritornando alla cronaca, non possono esistere norme “ad personam”.
Il problema, oggi come ieri, è che la politica dovrebbe tendere verso il bene delle persone, oltre i retaggi di una vecchia concezione anacronistica di destra e sinistra. La mancanza del merito è dovuta anche a queste divisioni e “fazioni” che, più che interessarsi del bene comune, s'interessano della propria conservazione del potere, o del piccolo interesse personale, allora è normale assistere ai casi di Tiziano Barberi o di Pier Francesco Moretti, esempio di studiosi e ricercatori, con la “s” e la “r” maiuscola, che non hanno trovato spazio in un Paese, il nostro, sempre più asfittico e sempre più stritolato nei meccanismi di un sistema che, meno lentamente, sembra collassare su se stesso.
Però, mentre si continua a giocare al Monopoli e al Risiko, anche con la vita delle persone, la forbice sociale fra chi ha e chi non diventa sempre maggiore; sempre più persone incorrono nella Caritas o nell’aiuto dimesso e prezioso dei sempre più mal visti preti; la classe dirigenziale del nostro Paese è la stessa dagli ultimi venti o trent’anni; molti sessantenni lavorano controvoglia per arrivare al massimo dei contributi previsti per la pensione, e nel frattempo, con le tasse sui loro stipendi, pagano le disoccupazioni dei trentenni, mentre invece i trentenni dovrebbero lavorare e con i propri contributi pagare le pensioni dei sessantenni; infine alcuni, troppi, sembrano non accorgersi del fatto che è in atto un cambiamento climatico che progressivamente porterà alla desertificazione dell'Europa mediterranea e centrale, sempre che non si ponga rimedio all’inquinamento e alla cementificazione forzata, e allora prima gli immigrati verranno da noi e poi noi e loro andremo verso un nord Europa che acquisirà un clima più mite.
Così, alla luce di questo quadro, certe azioni politiche assumono una veste tragica, e sarcasticamente verrebbe da pensare che non è la Torre di Pisa ad essere inclinata, no, è il piano, obliquo, del suolo del nostro Paese, che lentamente s’inabissa dentro il mare…

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