A QUALE SCOPO UNA PENA DISTRUTTIVA E IMMUTABILE?

Come è possibile proporre di abrogare la legge Gozzini, una normativa che negli anni ha consentito di migliorare le persone in carcere, di fare davvero promozione umana, una prevenzione non fondata sulla vendetta, su quei sentimenti che non consentono giustizie sociali né pace per alcuno?
Perché è vero: la violenza regna dove l’ingiustizia ingrassa.
Conosco il sentire comune del “chi sbaglia paga” e la difficoltà a coniugare una giusta e doverosa esigenza di giustizia da parte della vittima di un reato, con una possibilità concreta di riscatto e riparazione in chi ha offeso l’altro.
Pagare il proprio debito alla società non può significare la creazione di una nuova dimensione di violenza, in una pena distruttiva e immutabile, che non consente di fare i conti con il peso delle proprie colpe, con le lacerazioni che hanno prodotto la rottura del vivere civile.
Quanto è difficile chiedere perdono in queste condizioni?
E quanto essere perdonati?
Ciascuno vive il suo presente in funzione delle scelte fatte nel passato, non per un sottile gioco delle maschere, ma perché le azioni del cuore, se non condivise, non consentono di essere scelte.
Allora ricostruirsi sottende capacità e forza per riparare al male fatto, richiama l’altro-gli altri ad accorciare le distanze, affinché l’uomo chieda perdono non con le parole, nè con la pietistica abbinata alle più alte autorappresentazioni, bensì nei gesti ripetuti, nei comportamenti quotidiani.
Rimangono le responsabilità e gli abissi dell’anima, nulla è cancellato, niente è dimenticato, ma sentire dentro il bisogno di perdonarsi, di avere pietà di se stessi, indica la via maestra per l’altro bisogno: essere perdonati per ciò che si è nel presente, nella consapevolezza degli errori disegnati a ogni passo in avanti, condividendo quel bene comune che è intorno a noi.
Perdonarsi e chiedere perdono è voce che parla al cuore con note forti, per tentare di tramutare l’ansia e il dolore delle vittime in una riconciliazione che sia cambiamento fruibile per la collettività tutta.
Penso che una vendetta che ripara teatralmente non produca nulla di positivo, e neppure un carcere che mantenga inalterata la follia lucida di chi ha commesso un reato.
Accontentarsi di chiedere maggiore severità nelle pene da espiare, induce la persona detenuta a convincersi di aver pareggiato il conto, di aver pagato quanto dovuto.
Invece, riconoscere il bisogno di perdonarsi e perdonare, sottolinea l’urgenza di un percorso umano ( non solo cristiano ) nella condivisione e reciprocità, nell’accettazione di una possibile trasformazione e di un fattivo cambiamento di mentalità.
Cancellare la Riforma Penitenziaria o legge Gozzini?
A ognuno di noi spetta il compito di diventare un entronauta, un viaggiatore contempl-attivo, persino in carcere, in una pena finalmente accettata e vivibile.

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