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IL TEMA DEL FUTURO POLITICO DELL’UDC

Una proposta attraverso un articolato e ricco ragionamento di un amico e responsabile dell'ufficio Mondo Cattolico UDC della Toscana. Ci è sembrato utile per tutti, anche per chi non condivide idee e progetti del suo partito.

di Andrea Tomasi

Il tema del futuro politico dell' UDC è per il Partito forse più interessante dell'analisi di quanto è avvenuto, perchè ha un valore più generale, che riguarda la modalità di presenza dei cattolici in politica, ed è a mio avviso la questione centrale.
Questione sempre assai dibattuta, posta oggi in modo nuovo e che credo meritevole di riflessione e di discussione, per effetto dell'esito elettorale, che sembra aver risolto la questione in modo definitivo e in senso negativo: ai cattolici degli anni 2000 non serve un partito di riferimento, perchè possono identificarsi con quello dei due schieramenti che sentono maggiormente affine. Il pluralismo di opzioni dei cattolici in politica è un dato pacificamente acquisito con il superamento della scelta unitaria, ma se si restringesse oggi alla scelta tra due sole possibilità, assumerebbe una sostanza forse non desiderabile, con la necessità di dividersi in due fronti contrapposti, anche sotto la pressione di ragioni di “utilità del voto”. Magari con esiti “all' americana”: si può essere cattolici e repubblicani (in difesa della vita ma anche a favore della pena di morte, o dell'intervento militare in Paesi stranieri) oppure cattolici e democratici (attenti alle protezioni sociali per i più deboli ma anche favorevoli alla libertà di aborto). Si può, anche senza volere, prestarsi al gioco con cui da sempre certi poteri cercano di depotenziare la proposta cristiana: classificandola e suddividendola in categorie contrapposte, di progresso e tradizione, di razionalismo e fideismo, di “buoni” e “cattivi”. E se invece si volesse proporre alla società una visione cristiana che promuove la persona umana “tutta intera”, o dare dignità politica alla felice espressione di “costruire la civiltà dell'amore” ?
Credo che non si debba temere di esprimere un progetto politico chiaramente caratterizzato in senso cristiano, purchè si sappia presentarlo in modo convinto e adeguato all'attenzione del Paese.
Questo non è stato compiutamente possibile nell'occasione elettorale. La convinta enunciazione dei valori di riferimento è stata accompagnata da una “costruzione” delle liste e della campagna elettorale che non hanno potuto mostrare per intero le potenzialità dichiarate. Anche l'accordo elettorale con il movimento della “rosa per l'Italia” si è presentato più come una operazione tattica che come un reale investimento sul futuro. Alla luce dei risultati, possiamo dire che gli elettori, d'altra parte, pretendevano in questa occasione un maggior tasso di novità, e una più decisa svolta politica che superasse definitivamente l'esperienza fallimentare del governo Prodi.
Anche i cattolici, come il resto dell'elettorato, hanno preferito una scelta netta di campo rispetto alla nostra posizione, non percepita o non accolta nella sua originalità proiettata al futuro. I cattolici del centrodestra ci avrebbero premiato in misura maggiore se fossimo stati “dentro” la coalizione, e in Toscana, inoltre, i cattolici delusi dal centrosinistra hanno in questa circostanza forse preferito scommettere su una scelta “centrista” del PD che rischiare di aprire contese in una alleanza che costituisce ancora un forte blocco di potere e di controllo del territorio.
Noi non siamo riusciti a superare tutte le difficoltà del momento (di comunicazione, di schieramento, di propaganda avversa), e forse non ci era possibile, data la serrata evoluzione del quadro politico in tempi assai stretti. La posizione assunta (che va pertanto apprezzata) ci ha comunque permesso di intercettare consistenti flussi di elettori delusi del centrosinistra, e di mantenere una rappresentanza parlamentare che, inferiore alle attese, è pur sempre un risultato positivo rispetto all'esito che le elezioni hanno avuto.
Non siamo all'epilogo di una storia politica, ma in un momento decisivo per proiettarci positivamente verso il futuro.
La premessa sviluppata fino ad ora consente di guardare con interesse e coinvolgimento alla “sopravvivenza” dell'UDC, che non va considerata solo il frutto di qualche irriducibile “non allineato”, che vuole mantenere in vita una posizione “terza” , ma come la “casa politica” di un partito laico, che si propone di raccogliere un consenso ampio su basi non confessionali, esplicitamente ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, con la convinzione che essa sappia “dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente” (papa Benedetto XVI al Convegno di Verona) e avere “un ruolo-guida e un'efficacia trainante” nella società (papa Giovanni Paolo II al Convegno di Loreto). Il problema non può essere ridotto ad un affare interno al Partito, perchè nella sostanza riguarda le scelte di impegno dei singoli e del variegato mondo dell'associazionismo cattolico, e interroga le nostre comunità, sul valore che l'ispirazione cristiana in politica si esprima con una posizione organizzata in forma partitica ?) e sul modo della sua attuazione possibile. Non è in discussione la libertà di scelte “plurali” maturate nella convinzione dei singoli, nè la laicità degli strumenti politici, ma un serio discernimento del momento storico, con lo sforzo di comprendere e, se è possibile, individuare posizioni condivise sui problemi che abbiamo davanti: le grandi scelte sull'assetto istituzionale, in economia, sullo stato sociale, sulle questioni etiche e antropologiche emergenti. Occorre certamente uno sforzo educativo per portare a livello di consapevolezza diffusa nelle comunità cristiane la ricchezza del Convegno ecclesiale di Verona, delle Settimane Sociali, dei Forum del Progetto Culturale, dei Family Day, e per maturare insieme l' originalità di proposta dei cattolici per una politica orientata al bene comune. Senza chiusure, ma anche senza rinunce, o pensiamo che il ruolo dei cattolici si debba ridurre solo a sostenere, più o meno convintamente, programmi e progetti proposti da altri ?
Desidero offrire, al riguardo, due considerazioni, necessariamente solo abbozzate.
La prima è la sensazione che la grande novità politica di questi giorni sia, piuttosto, un tuffo nel passato, agli inizi del 1900, quando sulla scena politica l'Italia disponeva solo di due opzioni, quella liberale e quella socialista, e ai cattolici era offerta una rappresentanza “gentiloniana”. Il Partito Popolare di Sturzo e Degasperi nacque per superare tale situazione, e forse non a caso l'invito alla partecipazione era rivolto ai “liberi e forti” che non volevano adattarsi ad un quadro che ritenevano insoddisfacente.
La seconda esprime una mia convinzione: i cattolici sono stati una grande risorsa per il nostro Paese per circa trent'anni, dopo la guerra e fino agli anni '70, finchè hanno saputo trovare una sintesi unitaria tra le diverse sensibilità e le legittime pluralità di vedute sulle soluzioni ai problemi sociali ed economici, e hanno riconosciuto nella DC il luogo di questa sintesi. Proprio la capacità di confrontarsi al proprio interno, prima ancora di mediare all'esterno, ha prodotto una cultura politica e un esercizio di attitudini di governo capaci di coalizzare forze diverse in vista di obiettivi comuni.
Per tutte le considerazioni esposte fino a qui ritengo che il processo costituente dell' Unione di Centro debba interrogarsi su questi aspetti, e l' UDC debba trovare il modo più efficace di dare rappresentanza al suo elettorato cattolico.
Due punti desidero sottolineare:
la linea politica del Partito:
non possiamo “guardare a sinistra”, perchè rischieremmo di farci coinvolgere in tatticismi sterili tutti interni al PD, che deve ancora trovare ( e amio giudizio non troverà mai) una scelta definitiva tra la sua aspirazione centrista e la sua tradizione culturale e politica che lo spinge ad accordi con la sinistra estrema (che a mio avviso non potrà evitare, anche per ragioni “numeriche”);
non possiamo limitarci a “guardare a destra”, quasi fossimo il figliol prodigo che ritorna alla casa del Padre, ma credo dobbiamo operare perchè il centrodestra possa trovare nel “centro” il suo baricentro, cioè perchè “le nostre ragioni” politiche diventino il progetto di riferimento del centrodestra, portandolo ad assumere posizioni di equilibrio e di moderatismo.

la costituente dell' Unione di Centro:

va fatta, e va fatta bene, per essere momento di proposta e di progetto.
deve pertanto presentare al Paese elementi di novità, orientati alla collaborazione per la soluzione dei problemi che l'Italia ha di fronte.
deve offrire una nostra proposta per le riforme istituzionali, per il governo dell'economia, per la ridefinizione dello stato sociale, per le questioni bioetiche.
ma credo lo debba fare anche “in modo nuovo”: aperto all'associazionismo, cattolico e laico, preparata da incontri di approfondimento tematici, che realmente raccolgano idee e partecipazione.

Abbiamo davanti i cinque anni che decideranno del nostro futuro politico, e dell'assetto futuro del Paese: dimostriamoci all'altezza, forti della nostra storia, liberi perchè abbiamo conquistato sul campo elettorale il nostro spazio di libertà.

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