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Thailandia: un altro golpe in vista?

Enrico Sabatino

Da circa un mese si susseguono senza sosta a Bangkok le manifestazioni organizzate dal movimento d’opposizione al governo denominato PAD (People’s Alliance for Democracy), che già due anni fa aveva inscenato una serie organizzata di sit-in e manifestazioni contro l’allora governo guidato dal magnate delle telecomunicazioni Thaksin Shinawatra e che erano poi culminate con l’incruento colpo di Stato militare del settembre 2006, costringendo l’ex premier Shinawatra all’esilio londinese.

Ora l’obbiettivo delle proteste è il nuovo governo di coalizione guidato da Samak Sundaravej formatosi dopo le elezioni politiche dello scorso Dicembre vinte dal PPP (People’s Power Party), il partito nato dalle ceneri del TRT (Thai Rak Thai) di Shinawatra, disciolto un anno fa dalla Corte Suprema in seguito ad accuse di frode elettorale.

Ma poche settimane dopo la formazione del nuovo governo Shinawatra è ritornato in patria promettendo di non interessarsi più di politica ma di avere solo intenzione di difendersi in prima persona nei processi che lo vedono imputato di frode fiscale.

Il nuovo governo però ha dato fin da subito la chiara impressione di avere come obiettivo principale della sua azione quello di cambiare assolutamente la nuova Costituzione, voluta dalla giunta militare golpista e approvata con un referendum popolare solo meno di un anno fa.

Ma vuole cambiarne alcuni particolari articoli per poter eliminare la Commissione che si occupa di verificare i patrimoni dei membri del governo, creata dalla giunta con lo scopo di congelare i beni di Thaksin, e per cambiare le norme che regolano lo scioglimento dei partiti per frode elettorale.

In sintesi, il governo vuole cambiare la Costituzione per salvare Thaksin dai processi e il PPP da un nuovo scioglimento, visto che nelle prossime settimane la Corte Suprema dovrà pronunciarsi in merito.

Queste sono fondamentalmente le cause delle proteste del PAD che vede nel nuovo governo un pupazzo nelle mani di Thaksin e che ha promesso di continuare le sue manifestazioni finché non otterrà le dimissioni del governo.

L’incognita però è il comportamento che adotteranno alla fine la polizia e i militari. Finora ci sono stati alcuni momenti di tensione ma né la polizia né l’esercito sono mai intervenuti per disperdere i militanti del PAD, che oltre a sfilare per le vie di Bangkok hanno anche installato un accampamento fisso di fronte al palazzo che ospita gli uffici dell’ONU, nel pieno centro di Bangkok, causando ovvi problemi di viabilità anche per i membri della famiglia reale, che però hanno accettato di buon grado di modificare i propri itinerari.

Sembra comunque che il PAD oltre ai buoni rapporti con il sovrano, goda ancora di appoggi importanti nelle forze di polizia e nell’esercito, anche se il nuovo capo dell’esercito il generale Anupong Paochinda era stato compagno di banco di Shinawatra nella scuola cadetti.

In queste ore è in corso a Bangkok un’imponente manifestazione intorno al palazzo del governo, che è stata battezzata dal PAD “Il D-day della resa di conti”. E si parla di circa 50.000 manifestanti.

Infatti ai militanti del PAD si sono aggiunti anche i sindacati e i contadini giunti da varie parti della Thailandia, perché naturalmente le motivazioni politiche di cui sopra si sono intrecciate ai gravi problemi economici di cui sta soffrendo il Paese – inflazione, grossi rincari dei prezzi dei beni di prima necessità e della benzina – e che al governo non sembrano proprio interessare più di tanto.

Quindi sono ore decisive per la sorte del governo ma anche per l’unità e la compattezza delle forze armate e di polizia.

E le opzioni possibili per uscire da questo impasse sono le dimissioni del premier, la repressione violenta della manifestazione da parte della polizia con conseguenze imprevedibili o l’ennesimo colpo di Stato. Il diciannovesimo dal 1932.

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