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La politica della repressione penale di tutti i fenomeni non è mai corretta

Intervista all’on. Lanfranco Tanaglia Partito Democratico

Come guarda alle posizioni non proprio convergenti sul reato di immigrazione clandestina tra il Presidente del Consiglio ed il ministro dell’Interno Maroni, l’uno lo vede come una aggravante, l’altro come reato?

Il Presidente Berlusconi ha archiviato il reato di immigrazione clandestina con le note dichiarazioni. Di questo non possiamo che dargliene atto e rallegrarci perché quella è una figura di reato sbagliata ed anche dannosa. Lo abbiamo detto dal primo momento, siamo sicuramente contrari. Nella maggioranza c’è molta confusione, ci auspichiamo che il ravvedimento operoso di Berlusconi venga confermato. Si tratta di un reato che colpisce indiscriminatamente tutti gli immigrati senza distinzione tra coloro che vengono in Italia per regolarizzarsi e trovano un lavoro e coloro che invece preferiscono rimanere nella zona grigia vicina alla criminalità. Questa distinzione è di fondamentale importanza perché la politica dell’immigrazione non si fa solo con la seria politica delle espulsioni e delle regole ma si fa anche con misure che consentano l’integrazione. Tanto è vero che le statistiche di commissione dei reati dicono una cosa abbastanza significativa che confermano la bontà di questa impostazione e cioè che fra gli immigrati regolari, tra quelli che sono venuti in Italia ed hanno trovato un lavoro e posseggono il permesso di soggiorno, il tasso di criminalità è notevolmente inferiore rispetto al tasso di criminalità degli italiani. Questo vuol dire che la politica dell’accoglienza paga non solo per l’accoglienza ma anche per la sicurezza.

Richiamando anche la querelle con gli spagnoli che ci hanno tacciato praticamente di xenofobia, non crede che queste politiche di immigrazione debbano necessariamente essere concertate a livello europeo con un disciplinare uguale per tutte le nazioni dell’Unione?

C’è una politica e ci sono delle normative che sono contenute in direttive europee che vincolano gli Stati in questo senso. La politica della sicurezza e dell’immigrazione è una politica che ha efficacia ed ha un senso se è fatta di concerto con gli Stati membri dell’Unione Europea ma non solo. E’ necessario coinvolgere anche tutti gli altri Stati dai quali partono i tanti disperati che cercano di venire in Italia o in Europa per trovare una vita migliore. Per quanto riguarda l’accusa di xenofobia bisogna anche stare attenti in quanto il clima culturale che si crea con i richiami alla giustizia “fai da te”, la criminalizzazione generalizzata non legata ad effettiva commissione dei reati ma ad interi gruppi etnici o linguistici, rischia di generare un clima di violenza, di rigetto e questo è pericoloso.

Con leggi eccessivamente repressive, non si corre il rischio di ottenere l’effetto opposto per un certo tipo di fenomenologie che invece si vogliono contrastare rendendo più determinata l’azione di chi le infrange?

La politica del pan-penalismo, cioè della repressione penale di tutti i fenomeni non è mai corretta. Occorre una politica che abbini alla repressione, alla certezza della applicazione delle regole anche meccanismi di recupero e di integrazione nei soggetti che si accostano al crimine. Questo è vero per esempio quando si parla di certezza della pena. Certezza della pena significa due cose, la ragionevole aspettativa che una pena venga applicata nel più breve tempo possibile, quindi velocità dei processi e questa è una emergenza assoluta che bisogna garantire e poi necessità che quella pena erogata venga anche eseguita. Una a mio avviso occorrono necessariamente delle riforme legislative sulla prescrizione e sul meccanismo di concessione dei benefici necessari per il recupero del condannato. Questi benefici, però, devono essere agganciati ad un meccanismo di merito, cioè una valutazione da parte del giudice di sorveglianza che chi ne beneficia deve averli effettivamente meritati e non invece automatismi legati al passare del tempo o ad altri eventi.

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