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L’ISTAT offre una fotografia triste e sbiadita dei redditi delle famiglie Italiane

di Francesco Paparo

Famiglie Italiane: i redditi soffrono.
Troppi sono i nuclei familiari in difficoltà economiche. Pochi fortunati campano dignitosamente e sul filo del rasoio.

Il dato che fornisce l’ISTAT nella sua ultima ricognizione tra le povere tasche degli Italiani è impietoso: il 14,6% delle famiglie arriva “con molta difficoltà alla fine del mese”, il 28,4% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro e il 66,1% dichiara di non riuscire a mettere da parte risparmi.
Anche se secondo l’autorevole agenzia stampa ANSA i dati si riferiscono al 2006, il trend, a quanto risulta dal calo dei consumi registratosi negli ultimi mesi, sembra confermare la flessione del potere d’acquisto dei salari e, soprattutto, della disponibilità di risorse che gli Italiani hanno per far fronte alla vita quotidiana.

E non è tutto. L’operoso Nord, da sempre traino dell’economia del nostro Paese, comincia a soffrire pure lui (10,7% delle famiglie in difficoltà contro il 9,9% del 2005), nonostante una tacita gabbia salariale faccia ancora sì che i redditi siano in media più alti che nelle altre zone del Paese. Dall’analisi dell’ISTAT risulta che molte di queste famiglie sono in difficoltà per via dei mutui, in particolare quelli a tasso variabile, che più di tutti risentono delle oscillazioni del Mercato. Ciò amplifica difficoltà materiali, sensazione di incertezza sul futuro e calo dei consumi, persino dei beni di prima necessità. Il ristagno dell’economia, inoltre, conseguenza diretta e logica di questo calo di consumi e di fiducia, si ripercuote, a sua volta, come un “boomerang” sui salari, che sono discesi sotto la media dell’Europa, chiudendo il triste cerchio. Secondo Biggeri, presidente dell’ISTAT “si avverte un senso di incertezza ma anche di movimento”. Come a dire: una confusa agitazione alla ricerca di una boccata d’aria. Altro dato interessante è l’abbandono delle piccole realtà in favore del trasferimento nelle zone ad elevata densità demografica che influisce negativamente, ancora di più, sulle difficoltà economiche delle nostre famiglie: i bisogni e le spese fisse aumentano mentre la solidarietà diminuisce. L’età media, infine, si sposta sempre di più in avanti ed il flusso migratorio aumenta allineandosi con quello dei paesi a tradizione migratoria consolidata.

Un Paese vecchio, stanco di crearsi opportunità e rassegnato a tirare la cinghia. Questa è l’immagine che l’ISTAT ci offre.

Spunto per riflettere sull’importanza, fondamentale, di rimettere in moto l’economia e sulla necessità di favorire la giustizia sociale con provvedimenti forti e mirati sulle caste che sguazzano nei privilegi e nel denaro. Si attende, infatti, un calmiere per i foraggiamenti all’apparato di Stato, che sottrae in maniera odiosa risorse ed entusiasmo, generando disillusione e rabbia.

Un’ultima considerazione, infine, sulla “stabile precarietà” in cui versano milioni di giovani, sostentati (si fa per dire…) da miseri oboli, che non permettono loro di rendersi indipendenti e di vivere una vita decorosa.

Solo ammortizzatori sociali dispensati come elemosine. Pensiamo all’Università, per esempio: poche tutele (nulle a dire il vero…), tante umiliazioni e scarse soddisfazioni. Tanti volontari della ricerca e del lavoro che prestano gratuitamente le proprie professionalità nelle Università. Piccola nota matematico- autobiografica per chiosare come si conviene sulla faccenda: Se, dopo 11 anni di studi Universitari si ha uno stipendio-borsa di 850 euro al mese e l’affitto da pagare ammonta a 750 euro, come si arriva alla fine mese? Chi ci governa non lo sa o finge di non saperlo? Altro che problemino da quinta elementare. Per chi lo risolvesse, ci vorrebbe il Nobel. (www.agoramagazine.it)

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