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E’ arrivata l’ora di agire

di Davide Giacalone

Il governo dovrà iniziare a lavorare per non deludere le aspettative degli italiani

Fine del toto ministri, buono solo per ingannare l’attesa durante il lungo tragitto dalle elezioni alla nascita del governo. Non era appassionante, perché la partita vera si giocherà su un piano diverso, sul ruolo effettivo di Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio, nel nostro sistema costituzionale, è debole nel rapporto con il Parlamento, mancando l’istituto della sfiducia costruttiva e dovendosi sopperire con continue richieste di fiducia all’inesistente inemendabilità della legge di bilancio. Era debole nei confronti dei partiti, quando esistevano, perché non ha poteri di revoca nei confronti dei singoli ministri. In compenso è forte nel dare forma al governo, nel chiedere che ciascuno s’adegui agli indirizzi programmatici, nell’essere la guida del Consiglio dei Ministri. Tali poteri sono stati raramente usati, solitamente considerati al pari dei pennacchi da parata, e l’idea stessa di “governo del presidente” si associa più all’immaginario autoritario che non al dettato costituzionale. Invece sarà questa la sfida decisiva.

Berlusconi è stato assai cauto, nel corso della campagna elettorale, ripetendo che i problemi sono seri e non c’è da aspettarsi miracoli. Tremonti è andato oltre, teorizzando l’impotenza governativa innanzi ai venti “mercatisti” che spazzano i mercati. Ma, a dispetto di tanta prudenza verbale, la vittoria del centro destra, complici le amministrative romane, è vissuta (sia dai vincitori che dagli sconfitti) come epocale. Gli elettori sono convinti di avere consegnato il potere nelle mani di Berlusconi, e poco importa che quel genere d’affidamento non ha alcun presupposto costituzionale. Le aspettative, sono grandi, superiori a quelle in passato suscitate dall’aver raccontato sogni agli elettori. Grandi speranze, clima supposto positivo, potere pieno. Non ci sono più scuse od ostacoli, è l’ora del fare.

Già, peccato che la realtà non è propriamente coincidente con quel che ci si vuole aspettare. Quando la ricchezza non cresce è più doloroso affrontare i conflitti sociali, e quando i concorrenti vanno più forte è difficile difendere le rendite senza penalizzare la collettività. Lo scompenso fra aspettative e realtà diventerà pericoloso se dei ministri dovessero prendere a polemizzare fra loro. Ci vorranno mano ferma e briglie corte.(Terza Repubblica)

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