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“Onorevoli” Argentini o Italiani?

LA FINESTRA DI MARIO BASTI

Come era facile prevedere – e logico – i più importanti giornali argentini hanno pubblicato anch’essi che alcuni residenti in Argentina, membri della comunità italiana, sono nostri rappresentanti nel Parlamento italiano, Camera e Senato. Nostri rappresentanti nel senso che siamo stati noi della comunità italiana dell’America meridionale a eleggerli, e l’abbiamo fatto confidando che si occuperanno prevalentemente dei nostri problemi. Ma il testo delle pubblicazioni su alcuni media è stato esatto fino a un certo punto. Preciso: mercoledì scorso, 30 aprile l’autorevole quotidiano “portegno” “la Nación” ha pubblicato con rilievo, con un bel titolo a tre colonne, un servizio della sua corrispondente in Italia, Elisabetta Piqué, col quale si informavano i lettori che “Asumieron argentinos en el nuevo Senado de Italia”. Perchè esatto fino a un certo punto? É vero che i senatori (e deputati) nominati dalla corrispondente sono cittadini argentini, è vero che sono stati eletti dagli italiani della nostra comunità composta dai cittadini italiani residenti stabilmente in Argentina, è pure vero che a farli entrare nel Senato (e nella Camera) dell’Italia è stato il nostro voto, con cui li abbiamo eletti fra tanti candidati. Ma è anche vero che a Palazzo Madama e a Montecitorio non sono entrati come “senatori e deputati argentini”, ma come cittadini italiani residenti all’estero e precisamente in Argentina. In sintesi l’ingresso al Parlamento italiano l’hanno avuto non come ARGENTINI ma come ITALIANI ALL’ESTERO, perché hanno doppia cittadinanza, una per luogo di nascita, l’altro per il sangue ricevuto dai genitori e dagli avi.

Ho creduto opportuno fare questa precisazione non perché ci tenga a correggere la collega Piquè, bensí perché su questo problema della doppia cittadinanza non tutti sono d’accordo nè in Italia, nè qui nella nostra comunità in Argentina e in quelle residenti in altri Paesi. Il disaccordo per alcuni giunge fino a sostenere che la doppia cittadinanza è inammissibile e pertanto sostengono che la legge, a suo tempo approvata dal Parlamento italiano con larga maggioranza, debba essere annullata o almeno modificata.

Tu caro Lettore sai che io sono assolutamente contrario all’ipotesi, anche alla semplice ipotesi, che tale legge venga annullata, perché, se cosí fosse, milioni di italiani residenti all’estero saremmo privati di un diritto che prevede senza possibilità di equivoci la Costituzione italiana. e mi stupisce – per non usare altro verbo piú calzante – che fra i politici, legislatori e politologi, che vorrebbero privarci di questo diritto, vi siano alcuni i quali sostengono che esso sia dato, anche se non subito, alle migliaia di immigrati in Italia da tanti Paesi. Quindi mio NO CATEGORICO a coloro che vorrebbero derogare la legge.

Sono invece d’accordo con coloro i quali sostengono che essa deve essere modificata, sia perché durante troppo tempo lo Stato italiano non si è preoccupato, come avrebbe dovuto, di creare le condizioni perché nei consolati (almeno in alcuni, se non in tutti) fosse scandalosamente insoddisfacente il servizio delle pratiche di cittadinanza, tanto che molti aspiranti a ottenere la cittadinanza italiana che è un loro diritto, stanno ancora aspettando da anni. Non solo per questo, ma paradossalmente perché in nessun Paese del mondo si dà la cittadinanza (e i diritti connessi) con tanta facilità, come da parte dell’Italia. Lo osservava tempo fa in un suo corsivo della pagina delle Lettere al Corriere (della Sera), il noto politologo Sergio Romano, contrario alla facile concessione della cittadinanza e alla cancellazione dalle liste elettorali degli italiani emigrati. Io invece sono contrario – tu lo sai, caro Lettore perché l’ho già scritto alla FINESTRA – a negare il diritto alla cittadinanza previsto dalla Costituzione e dalla legge, ma purché siano fissate alcune norme, perché la richiesta di cittadinanza dagli emigrati sia accolta: per esempio che il richiedente sappia almeno in quale continente si trova l’Italia, in quale Regione il paese di nascita dei genitori o nonni, qualcosa della storia, della geografia nazionale, di grandi italiani che hanno dato un contributo rilevante alla civiltà ed al progresso tecnico ed economico del mondo. E, inoltre abbia fatto un corso elementare di lingua italiana.

Ma in Italia nessuno si è preoccupato di stabilire questa o analoghe norme, nei palazzi della politica e delle leggi. Hanno risolto rapidamente il problema all’italiana, come si diceva qualche anno fa ironicamente: cioè niente norme, ma pochi, pochini impiegati addetti al servizio cittadinanza nei consolati, ottenendo così il risultato di ridurre la concessione della cittadinanza rinviandola alle… calende greche e… senza spese per lo Stato.

In definitiva un implicito invito a una maggiore pazienza per non pochi che continuano ad aspettare che la loro pratica di cittadinanza giunga in porto. Mi dispiace, ma non tanto per quelli che hanno diritto alla cittadinanza, per le radici e il sangue italiano; ma in realtà col passaporto non pensano di andare in Italia, ma in un altro paese – Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna ecc. visto che il passaporto che rilasciano i nostri consolati apre molte porte! Non é perciò strana una dichiarazione recente del presidente del Comites di Madrid, secondo cui in Spagna sono sempre piú numerosi gli italiani, anche perché il passaporto che gli ha assicurato l’ingresso era stato rilasciato da uffici consolari italiani in Argentina a cittadini “argentini-italiani” residenti al Plata! Quindi sarebbe stato più esatto per il presidente del Comites di Madrid dire che in Spagna sono sempre più numerosi gli “argentini-italiani”! Ma non credo che sia il caso di sottilizzare ancora.

Soprattutto perché mentre mi accingevo a chiudere la FINESTRA ho ricevuto la telefonata di un lettore il quale mi rimprovera di aver scritto nella FINESTRA di mercoledí scorso che il nuovo Primo ministro era “il Cavaliere” Silvio Berlusconi, incorrendo cosí in una doppia inesattezza. Il capo del governo italiano per l’esattezza non é Primo ministro, ma “Presidente del Consiglio”; seconda inesattezza: “Il Cavaliere” Berlusconi non era ancora formalmente mercoledí scorso presidente del Consiglio, ma forse già lo sarà domani. D’accordo il lettore che mi ha telefonato? I gusti sono gusti! Speriamo piuttosto che Berlusconi pensi un po’ piú agli italiani all’estero! Grazie se lo farà!

finestra@tribunaitaliana.com.ar

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