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Napolitano e il monumento alle vittime del Gottardo

In occasione della Festa del Lavoro , il 1° maggio, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inaugurerà a Roma un monumento in memoria di tutte le vittime del lavoro, imperniato sull'opera di Vincenzo Vela (1820-1891) dedicata ai lavoratori che caddero nella costruzione della galleria del San Gottardo.
La cerimonia si svolgerà nel piazzale antistante la sede dell'Inail a Roma, dove il monumento è stato collocato.
Dopo il tradizionale incontro con i nuovi Maestri del Lavoro, il Capo dello Stato conferirà ai familiari dei caduti sul lavoro la “Stella al merito del lavoro alla memoria”, quale simbolico omaggio all'estremo sacrificio compiuto da tutte le vittime degli infortuni sul lavoro e come monito, per il presente e per il futuro, della inaccettabilità della tragica catena di morti bianche.
Un particolare significato assume questo gesto del Presidente Napolitano inauguri per l'emigrazione socialista organizzata, che nel tunnel del Gottardo pagò un primo alto prezzo di sudore, di lotta e di sangue.
Le condizioni degli operai nel traforo erano pessime. La temperatura superava i 30 gradi, l’aria era resa irrespirabile dalla scarsa ventilazione e dalle esalazioni delle macchine. I lavoratori deceduti a causa degli infortuni arrivarono alle quattrocento unità. L'igiene era pessima. L'approvvigionamento dell'acqua era scarso. L'accumularsi di sporcizia ed escrementi favorì la diffusione di un verme parassita: la malattia, conosciuta in principio come “anemia del Gottardo”, o “anemia del minatore”, fu attribuita inizialmente all’inalazione dei gas nocivi all’interno della galleria, ma la sua vera natura fu identificata solo nel 1880 in un ospedale a Torino, nei corpi dei minatori rientrati a causa della malattia e in seguito deceduti.
I quasi cinquemila operai di origini italiane trovarono posto nelle poche baracche costruite dalla ditta Favre o in luoghi non idonei come stalle e soffitte, messi a disposizione dai residenti. Gli alloggi erano caratterizzati da sporcizia e promiscuità. Il salario medio di un operaio specializzato era di circa quattro franchi al giorno; quello di un manovale poco più di tre franchi. Per dormire a turni di otto ore in uno stesso letto si pagavano 50 centesimi, mentre una sistemazione in stanzoni con dieci letti ammontava a venti franchi al mese. Un chilo di pane costava 40 centesimi e uno di formaggio poco meno di un franco. Gli operai dovevano inoltre provvedere all'olio per le lampade utilizzate nello scavo. I salari venivano pagati in buona parte tramite buoni d’acquisto utilizzabili presso gli spacci della ditta Favre, che offriva prodotti a prezzi esorbitanti.
La situazione di disagio degli operai determinò le prime proteste. Il 27 luglio del 1875 a Göschenen un gruppo di operai lasciò la galleria senza permesso. L'impresario Favre dopo aver tentato inutilmente di trattare con gli scioperanti, chiese aiuto alla milizia che per reprimere la rivolta sparò sui manifestanti, provocando quattro morti (Costantino Doselli, di Parma, anni venti; Giovanni Merlo, di Torino, anni ventisei; Salvatore Vila e Giovanni Gotta, di Torino, anni venticinque) e diversi feriti.
I giornali raccontarono gli avvenimenti rilevando soprattutto le paure degli abitanti nei confronti degli italiani e prendendo posizione a favore del signor Favre, dipinto come un benefattore, trovatosi ad affrontare l'ingratitudine dei lavoratori avidi di denaro. L'uso della forza da parte delle forze dell'ordine fu ritenuto giustificato. Il governo di Berna aprì un'inchiesta in cui si confermarono i disagi denunciati dagli scioperanti. Queste cose, in altre parti del mondo, succedono ancora. (ADL/Wiki/Inform)

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